di Adele Munaretto
“Lusingata assai è dir poco, di più, per me sarebbe un onore farmi una chiacchierata amichevole per condividere la bella avventura della nostra azienda. Dalle origini di famiglie contadine e di cantinieri flegrei, all’acquisizione della consapevolezza che potevamo mettere su un’azienda con in identità legata alla nostra terra e alla nostra famiglia. Io e mio marito abbiamo tribolato non poco. Abbiamo annullato la nostra vita in questo progetto, nel quale siamo riusciti a coinvolgere i nostri figli in maniera attiva e responsabile. Oggi esistiamo e noi siamo felici e finalmente a riposo. Ai figli l’arduo compito di aver ereditato un’azienda e la capacità di aver messo su un’impresa, riconosciuta e stimata in tutto il mondo. Credo sia doveroso far parlare loro che sono la vera espressione della Sibilla.”
È con le parole di Restituta Somma, moglie di Luigi e madre di Vincenzo, Mattia e Salvatore vi introduciamo nell’essenza della famiglia Di Meo, storici produttori delle Cantine “La Sibilla” di Bacoli (Na), giunti alla quinta generazione di viticoltori.
Michela Di Muzo, donna del vino, Sommelier AIS, architetto, mamma di Giulia Di Meo e moglie di Vincenzo ci accoglie con la sua tranquillità e gentilezza, prepara un caffè e racconta del suo ruolo nella comunicazione aziendale per poi lasciare spazio al racconto del marito sui dettagli della storia di famiglia.
La vicinanza con la città di Napoli ha in passato influenzato il modo di fare vino nei Campi Flegrei.
I bisnonni e nonni Di Meo fino alla scorsa generazione commercializzavano uva e conferivano per la nota azienda Grotta del Sole, il vino era solo ad uso familiare.
Con l’istituzione della DOC Campi Flegrei nel 1994 le cose per Luigi e Restituta cambiarono. Restituta un giorno torna a casa dal suo lavoro di impiegata amministrativa per gli uffici scolastici, porta con sè un articolo dell’Espresso che racconta della rivoluzione dei Barolo Boys, Luigi era di ritorno dai campi, in quegli anni produceva anche olio, l’odore acre si sentiva nell’aria, a Restituta piaceva poco.
Assieme lessero le pagine dell’articolo e da lì si accese la scintilla nella mente e nel cuore dei due, arrivò la necessità di un cambiamento! Dal 1997 si decise di imbottigliare vino, una spinta innovativa forte prendeva piede in azienda, presupponendo una mente aperta ma soprattutto uno spirito di sacrificio e tante rinunce.
Restituta ideò e curò le prime etichette che già parlavano di identità che ancora oggi rendono riconoscibile l’azienda ovunque, si iniziò un primo archivio di annate di vini da tenere da parte.
I due si spostavano in giro tra le prime fiere del territorio Italiano, tra queste Vinitaly, o anche all’estero fino in Germania.
Bambini compresi si partiva all’avventura con una cartina stradale ed i progetti in tasca.
Uno spirito lungimirante e il saper guardare ad altre realtà fuori regione ha condotto in quegli anni Luigi e Restituta a gettare le basi per una conduzione moderna del vino.
Vincenzo, il primogenito ricorda quando piccolino accompagnava papà per consegnare il vino alle famiglie Napoletane, sente ancora l’odore dei trucioli della bottega dell’intagliatore che faceva gli angioletti per il Teatro San Carlo, al vico Santa Maria della Neve, dove buono buono faceva il riposino mentre papà sbrigava il commercio.
Tra Pasquale e Carmine i falegnami e Maruzzella la vecchina dei bassi che vendeva le caramelle e le gomme sfuse nel centro antico di Napoli fino ai lunghi viaggi, sempre appresso ai genitori o a casa con nonna Maria, cresceva la nuova generazione della Sibilla.
“I miei genitori stati coraggiosi perché comunque loro avevano già la loro clientela, avevano comunque i loro introiti fissi, sono stati coraggiosi a decidere di cambiare e poi con dei bambini piccoli, tra l’altro”
Oggi Vincenzo è l’enologo della cantina ma prima la gestione è passata per altri personaggi importanti. Prima di quegli anni tutta la famiglia fino a parenti meno prossimi partecipavano alla vendemmia, i torchi erano manuali ma nel 2000 arriva in azienda l’enologo Maurizio De Simone, si acquistò il primo frigorifero, dal 2005 la conduzione toccò a Roberto Cipresso socio allora di Maurizio, fu eliminato il legno dalla cantina anche se in quegli anni ancora tanto richiesto e si passò ad una espressione più identitaria dei vitigni.
Nel 2011 è il turno di Vincenzo, laureato in enologia a Firenze, la sede più vicina “perché l’obiettivo dei miei genitori era quello di riportarmi a casa” obiettivo raggiunto dopo tempo, perché prima Vicenzo come tutti i ragazzi aveva necessità di evadere; liceo a Napoli, università a Firenze, primo impiego in Sardegna e poi l’Argentina.
Talmente tanta era la voglia di esperienze che per conciliare le sue necessità con quelle della famiglia, Vincenzo inviava dei protocolli per la realizzazione del vino che i genitori eseguivano direttamente in cantina. Ma il tempo della fiducia era giunto, una volta ottenuta la promessa che papà e nonno avrebbero assecondato le nuove tecniche di potatura e le raccolte anticipate della falanghina per agevolare acidità ed eleganza, era maturo il momento di tornare a casa.
Vincenzo conserva ancora il suo “diario degli errori” un quaderno dove annota tutti gli sbagli per non commetterne più ed imparare da sè stesso e dalle sue imprudenze.
Oggi segue la produzione e con lui sono arrivati i maggiori riconoscimenti.
Mattia il fratello appena venticinquenne si occupa della cantina, man mano sta prendendo il posto che una volta era di Vincenzo che di lui dice, “è una macchina da guerra, forse una delle persone più costanti che abbia mai conosciuto, io conto su di lui”.
Mattia prende seriamente il suo compito, segue alla lettera i protocolli di cantina e se è intento a fare un travaso o una filtrazione e suona il citofono, piuttosto ti lascia fuori, ma prima deve terminare il suo compito.
Salvatore, il secondo dei fratelli, invece ha un carattere schivo, diplomato in agraria e Sommelier ha avuto esperienze importanti, cinque anni con Maurizio Cerio al Don Alfonso e un lavoro a Miami sempre con la ristorazione.
Nel 2012 torna a casa ed inizia la ristorazione per l’azienda ma il carattere introverso lo ha portato dalla sala alle cucine e via via sempre più in retrovia. In quegli anni tutti i fine settimana erano dedicati alla ricezione, non vi era spazio per il riposo, ma quella attività servì per avere budget e comprare macchinari essenziali per la cantina.
Oggi Salvatore si occupa dei vigneti, il contatto con la terra ed il silenzio gli sono congeniali, il suo lavoro si integra perfettamente con le esigenze della cantina, sua moglie Alessandra invece si occupa di gestire l’accoglienza dei compratori stranieri, ospitandoli in appartamenti da lei gestiti.
Oggi la famiglia ha in progetto di restaurare quella sala di degustazione e renderla uno spazio accogliente e fruibile in primis per loro stessi e poi per gli ospiti, creando un ambiente che possa farli sentire rilassati ed in famiglia, condividendo gli assaggi dei vini.
Decidere di andare a trovare “La Sibilla” è un’esperienza immersiva nel passato, nelle radici di una famiglia salda con principi e valori che affondano nel territorio. È inoltre fare un tuffo nei straordinari panorami flegrei, tra il lago Fusaro dove si affaccia il vigneto Cruna del Lago, il mare e il castello di Baia con i vigneti del Domus Giulii.
I filari di piedirosso accompagnano la passeggiata tra piante centenarie e alberi da frutto.
I vini sono messi a riposo in vecchi cellai che rivelano un’anima antica di mura in Opus Reticulatum, nel percorrere i vigneti si incontrano antiche Domus Romane che la famiglia tutela dal degrado.
Piccoli tesori che attraversano i secoli accompagnano la storia della famiglia Di Meo.
Tra i filari, nelle belle giornate, puoi incontrare la piccola Giulia che corre e ride, e intravedere il futuro di questa bellissima storia.
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