di Maria Grazia Narciso
C’era una volta un Re, di sangue spagnolo ma di cuore napoletano, talmente conquistato dal genius loci e dalla sagacia della popolazione locale da meritarsi l’appellativo di “re lazzarone”: Ferdinando IV di Borbone, Re di Napoli.
A nord dei giardini della Reggia, tra monte San Silvestro ed il Belvedere di San Leucio il re fece disegnare una vigna a semicerchio con dieci raggi,”tanto somigliante ad un ventaglio che ne ha preso e ritenuto il nome” diceva Cavalier Sancio nel 1826.
Circa 10.000 piante e per ognuno dei 10 raggi un vitigno diverso, primi fra tutti il “Piedimonte rosso” e il “Piedimonte giallo”, quello che oggi conosciamo come Pallagrello. Un vitigno storico quindi, fortemente identificativo di un areale ben distinto, che i tre produttori dell’autoctono esemplare, oggi convenuti in quel dell’Agristor “Le due Torri” a Presenzano, vogliono unitamente testimoniare e promuovere.
Massimo Alois, titolare della omonima cantina, Luigi Barletta e l’enologa Emilia Tartaglione in rappresentanza di Vestini Campagnano e Giandomenico D’Ambrosio per Terre dell’Angelo hanno in comune lo stesso intento, quello cioè di rivendicare una territorialità e autenticità sconosciuta ai più, ma che non ha nulla da invidiare alla storia del Barolo tessuta dai piemontesi o del Chianti dai toscani.
“Loro – sottolinea Massimo Alois- hanno fatto sistema e così ci prova anche l’ Alto Casertano, facendo conoscere all’Italia e al mondo due vitigni emblema del territorio proprio perché presenti esclusivamente in questa area, il Pallagrello appunto e il Casavecchia“.
Come? Cominciando a comunicare l’approccio scientifico con cui è stata condotta la mappatura del territorio da due anni a questa parte dal gruppo di lavoro dell’Università di Piacenza guidato dal prof. Maurizio Boselli, che con un gruppo di pedologi ha visitato tutte le 22 cantine dell’ Alta Campania per effettuare carotaggi e redigere una catalogazione delle vigne. Cosa ne è venuto fuori? Un territorio variegato, come spiega l’enologo Giovanni Piccirillo, riconducibile a tre espressioni del territorio, tre macro aree con suoli totalmente diversi tra loro. Pontelatone, sede di Alois, con un suolo vulcanico che regala struttura, complessità, larghezza ai vini, Caiazzo terra di Vestini Campagnano dove l’ arenaria di Caiazzo caratterizza i terreni sabbiosi, ricchi di minerali e Piedimonte Matese, dove opera Terre dell’Angelo, con suoli argilloso-calcarei nei quali il calcare impedisce l’assorbimento del potassio da parte della pianta favorendo una maggiore acidità e quindi vini più freschi. La degustazione, progettata in maniera impeccabile da Giuseppe Ventriglia, maître-sommelier de “Le Due Torri”, prevede una prima degustazione tecnica con tre Pallagrello bianchi, per poi procedere all’ esperienza di un’altra batteria di vini, questa volta inabbinamento con la cucina dello chef executive del Gruppo La Due Torre Giuseppe Auricchio.
Dopo le bollicine di benvenuto a base di Asprinio Spumante di Vestini Campagnano, che hanno accompagnato l’Entrée di “Scagliozzo di polenta con salsiccia di suino e friarielli, Polpetta di vitello marchigiano e ragù, Cavolfiore BBQ con cialda di quinoa e zenzero, Verza ripiena di stracciata di bufala, limone, acciuga e tarallo “sugna e pepe” , primo nel calice per la degustazione tecnica è il Pallagrello Bianco “Caiatì” di Alois.
Fino a tre anni fa era prodotto con uve provenienti da due vigneti. Una delle due vigne, quella con terreno calcareo è stata scelta poi per produrre il Cru “Morrone”. Al Caiatì è stata riservata la parte del suolo vulcanica ricca di ignimbrite campana, cioè cenere prodotta da una delle
maggiori eruzioni esplosive avvenute nell’area, che dona al vino una importante impronta fruttata ma anche ricchezza e masticabilità.
Terre dell’Angelo, azienda giovane nata nel 2006 con l’idea di rilanciare i vitigni autoctoni, presenta la sua idea di Pallagrello bianco “La Volta”, condivisa con l’enologo Fortunato Sebastiano. Allevato sulle colline caiatine a 260 mt, dove i terreni sono calcareo-argillosi,affina 8 mesi in anfore in terracotta di 7,5 ettolitri e poi 2 in bottiglia. Per Pallagrello nero 9 mesi in anfora e 10 in bottiglia.
Con gli stessi obiettivi era nata nel 1990 Vestini Campagnano, autentico precursore della vinificazione in purezza di Pallagrello e Casavecchia grazie al lavoro fatto dalle famiglie Mancini e Barletta a partire dagli anni 2000. Il risultato dopo vent’anni? Caratterizzazione delle uve e riconoscibilità dei vini. Il Pallagrello Bianco “Le Ortole” nasce da una vigna storica piantata negli anni 80, il Cru dal quale tutto il progetto è nato. Un ettaro di vigneto, 4000 piante, un kg per pianta, biologico, a vendemmia tardiva e mosto direttamente in barrique. A seguire il menù di Chef Auricchio è un gustoso manifesto del territorio: “Zuppa di fagioli ciriati con farro, Castagne di Roccamonfina, sale di Sedano di Gesualdo, Mela annurca Igp e limone”, abbinato al Pallagrello nero “Il Tempo” 2017 di Terre dell’Angelo, “Genovese dell’alleanza, con ziti di Gragnano Igp, Antico pomodoro di Napoli, sedano di Gesualdo, cipolla di Alife, cipolla di Airola e cipolla di Vatolla” con il Pallagrello bianco “Morrone” 2018 di Alois, “Stracotto di vitello marchigiano delle nostre fattorie cotto nel Casavecchia su crema di patate e chips di polenta” in pairing con il Casavecchia Riserva di Vestini Campagnano 2018 e dulcis in fundo “Mela annurca Igp cotta sotto cenere con zabaione homemade, meringa e crumble di cioccolato fondente. A raccontare al pubblico gli abbinamenti proposti i due degustatori AIS Maria Rosaria Grimaldi e Carlo Sarrantonio.
Una serata speciale questa, con produttori e operatori seduti allo stesso tavolo non per promuovere il proprio prodotto ma a servizio del proprio territorio. Salvio Passariello, patron del Gruppo Le Due Torri riassume il punto di vista dell’imprenditore: “l’evento Terre dei Borbone esalta il nostro legame con il territorio sia per la presenza di tanti presidi Slow Food che per gli eccellenti vini proposti nel corso della serata. Il
connubio enogastronomico può risultare un grande attrattore, anche di tipo turistico, per il territorio dell’alto casertano così come lo è in altre regioni d’Italia. La nostra struttura baricentrica tra Campania, Lazio e Molise ben si adatta a sposare le cucine territoriali di queste
tre regioni”.
Una struttura accogliente, una cantina di oltre 1.800 etichette, personale qualificato, ottima cucina e prodotti del territorio. Quale modo migliore per attrarre turisti da ogni dove?
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