Articolo di Mariafrancesca Natale
Sono passati pochissimi giorni dalla più importante giornata dell’anno per il caffè, ovvero l’International Coffee day, proclamato dall’I.C.O. (International Coffee Organization) per diffondere cultura, conoscenze ed una maggiore consapevolezza sul mondo del caffè.
Un evento che porta con sé l’opportunità di unire addetti al settore ad appassionati o semplici consumatori. Un’esposizione di informazioni, richieste ed esigenze di questo straordinario quanto sconosciuto settore.
A ognuno il suo caffè ovviamente, così se dall’altro lato del pianeta i market leaders ne hanno approfittato per parlare di sostenibilità, eco compatibilità dei progetti a venire e di ottimizzazione in ambito di distribuzione del ricavato da ogni singola goccia di caffè estratto, la nostra Napoli ha inteso onorare questa giornata per dare inizio alla sua rivoluzione caffeinicola.
Il locus bellidi questo vero e proprio golpe è stato il Gran Caffè Gambrinus, autentica roccia su cui la cultura partenopea del caffè ha edificato nei secoli la propria identità.
Michele Sergio e Massimiliano Rosati hanno inteso aprire letteralmente le porte della città alla cultura globale del caffè, facendo tesoro dell’enorme tradizione partenopea per avviare un nuovo corso, fatto di studio e progettazione di una nuova immagine della Napoli in tazzina.
L’evento, infatti, ha rappresentato l’opportunità per mettere in mostra molteplici origini e miscele provenienti da diversi angoli del mondo, estratti con altrettanto differenti tecniche, alcune già note quali l’Espresso, la Moka o la Cuccuma, altre del tutto nuove in città, come ad esempio il V60 o la French Press, ed altre intramontabili quali il Caffè Turco servito in Ibrik.
Cosi, straordinari macchinari d’epoca hanno contribuito a diffondere la luce del Gambrinus, e meravigliosi Dallah hanno affiancato sinuose brocche figlie della cultura hipster, insieme a cuccume, macchine da moka, bricchi ed il meraviglioso quanto inconfondibile profumo del caffè appena tostato, autentico regalo ai sensi offerto dal Roaster di casa Moreno.
Tanti i protagonisti di questa giornata, che a diverso titolo hanno inteso contribuire alla diffusione della cultura del caffè a Napoli. Dopo gli onori di casa, rafforzati dal discorso accorato del Direttore Gennaro Ponziani, è stata la volta di Nando Cirella, presidente dell’Associazione Espresso Napoletano, che ha colto l’occasione per sottolineare l’importanza della creazione di una identità culturale partenopea ben definita, ovvero l’obiettivo di creare un vero e proprio disciplinare del Caffè Napoletano, che possa da un lato difendere tale unicità da attacchi esterni, e dall’altro consentire una formazione specifica degli addetti al settore, a maggiore salvaguardia di un tratto distintivo della cultura partenopea in tazza.
E’ intervenuto poi Mauro Illiano, analista sensoriale Ais Napoli nonché assaggiatore professionale SCA, che ha inteso ribadire la necessità, in un momento delicato come quello presente, di spingere l’acceleratore sulla formazione e sulla maggiore tecnicità di tutti gli operatori che interagiscono con il caffè, onde trasformare l’enorme potenziale culturale, tradizionale e storico della città di Napoli in una risorsa che possa rappresentare quell’elemento “in più” che da sempre connota la nostra città nel mondo, senza tuttavia perdere il contatto con una coffe community sempre più veloce e sempre più esigente.
A seguire è arrivato il turno di Paola Campana, assaggiatrice professionale SCA, nonchè titolare del Campana Caffè di Pompei, fiore all’occhiello dell’omonima torrefazione di famiglia. Ebbene Paola, esponente della cultura Coffe Specialtyin Campania, ha inteso testimoniare come sia possibile coniugare tradizione ed innovazione, mediante lo studio delle preferenze della clientela e la messa a punto di caffè in tazza che siano il risultato della mixturetra l’immensa qualità dei caffè di nobile provenienza (siano essi mono origini o miscele selezionatissime) e la preferenza della clientela, mediante una sapiente opera di costruzione del gusto finale, attraverso le più importanti scelte da effettuarsi nel processo di trasformazione del caffè, vale a dire la tostatura e l’estrazione, senza tuttavia trascurare la scelta principe, consistente nella selezione della materia prima, da effettuarsi nel rispetto del concetto di sostenibilità, in perfetta sintonia con le linee guida tracciate dall’oramai arrembante 4th wave del caffè.
A sostegno della cultura partenopea è intervenuto anche l’Assessore del Comune di Napoli Alessandra Clemente, che con enorme gioia e contagiosa positività ha saputo mettere in risalto la capacità della città partenopea a trasformare in bello tutto quanto esista, ponendo l’accento sulla totale sintonia tra l’Amministrazione Comunale ed ogni attività volta a rafforzare l’immenso valore della cultura partenopea, specie se tali attività riguardano progetti portati avanti dalle nuove leve.
Un ultimo pensiero merita di essere speso in favore di Giovanni Fummo, eterno barista del Gambrinus, mister 15 milioni di caffè estratti, oggi in pensione, ma che non è potuto mancare alla festa del caffè, presentandosi con tutta la sua storia, i suoi aneddoti e la sua maestria ai banchi d’assaggio, testimonianza vivente di una storia gloriosa, ed esempio di professionalità di altri tempi.
La giornata si è conclusa con un auspicio del patron Michele Sergio, ovvero l’invito ad un Napoli Coffe Festival, vale a dire un evento celebrativo della Napoli del caffè, sogno proibito ma non troppo in considerazione dell’enorme voglia di realizzarlo.
Al termine della giornata abbiamo avuto l’opportunità di rivolgere qualche domanda a Mauro Illiano, di casa AIS Napoli, sul prossimo futuro del caffè a Napoli
Quale è la realtà attuale del caffè a Napoli?
La Napoli del caffè, oggi, è come una fotografia in bianco e nero, una meravigliosa testimonianza di qualcosa di bellissimo quanto potenzialmente più grande. La notizia bella è che il panorama è uno dei più straordinari del mondo, la notizia meno piacevole è che bisognerà aggiungere delle tonalità. In poche parole Napoli ama il caffè e ne custodisce il rito come in pochi altri posti al mondo, ma ha bisogno di aggiornare la sua conoscenza tecnica per poter parlare la stessa lingua parlata nelle altre capitali del caffè.
Quale consiglio dare alla Napoli della tazzina?
E’ arrivato il tempo di ascoltare. Da anni gli addetti decantano la storia del caffè napoletano, ne tramandano le usanze. Ma il mondo cambia, e con esso i mestieri e le conoscenze. Oggi il cliente è molto più esigente. Viviamo nell’era del biologico, delle mode alimentari, della globalizzazione del gusto. In questo mondo non è possibile tollerare carenze di informazione. Alcuni ritengono sia soltanto una questione di apparenza, altri invece credono nella necessità dei contenuti descrittivi di ogni prodotto. Il caffè vive, qui a Napoli, una condizione oramai insostenibile, in quanto tutti lo bevono, molti ne parlano, nessuno o quasi si informa. Ma altrove non è così. Sta a chi ha la possibilità di creare una coscienza del consumatore di avviare un processo di formazione degli addetti in primis, onde questi ultimi possano trasferire le proprie conoscenze sul consumatore finale.
Come vede il caffè a Napoli tra, diciamo, due o tre anni?
Uguale e diverso da ora… Voglio dire che sarebbe da ingenui credere che di punto in bianco tutta la coffe community possa sposare il concetto di crescita tecnica e qualitativa. Ma al contempo è davvero impossibile credere che qualcosa non si muova in senso positivo. L’aggiornamento è già in atto, in seno ai traders, nelle torrefazioni, ed ovviamente nei bar. In città e fuori iniziano a comparire mono origini, miscele di qualità, macchine da espresso di nuova generazione, estrazioni alternative. Questo vorrà dire qualcosa…
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