Di Maria Grazia Narciso

Domenica 6 ottobre, ore 8, forse qualche minuto in più. Si parte, direzione Sud.
Ops, non è vero, Bari è a nord di Napoli.

Autobus quasi pieno, diretti all’ evento Trento DOC, “Bollicine sulla città” questa volta a Bari. Dopo l’esperienza di Napoli sono curiosa di vivere lo stesso format organizzato da un’altra delegazione nel Teatro Margherita che non ero ancora mai riuscita a visitare dopo la ristrutturazione durata anni.

Curiosa anche di tornare da Cantine Rivera, dopo circa 18 anni per vedere l’effetto che fa.
E sì, questa è casa mia. Sono cresciuta giocando sotto i tendoni di uva, saltando per afferrare di nascosto i grappoli ancora acerbi, nelle estati lunghissime e torride, all’ombra del “Castello” che impera lì all’orizzonte sulla collina più alta della Murgia. L’influenza federiciana si ritrova nelle etichette della casa, ma d’altronde non c’è luogo al mondo dove Federico II di Svevia non abbia lasciato tracce e nostalgia di sé.

Sarò lunga.

La prima tappa oggi è in cantina, in agro di Andria, sull’altipiano tra le colline della Murgia e il mare Adriatico (il cielo è terso e il Gargano si vede in tutto il suo splendore) dove ci aspetta Marco De Corato, titolare dell’azienda, espressione assieme al fratello Sebastiano della terza generazione.
L’accento è familiare, la storia anche, ma sorprendente il racconto degli ultimi anni, di come le scelte aziendali abbiano liberato e trasmesso il DNA del territorio con la preziosa acquisizione delle tre DOCG Castel del Monte.

Una storia nata nel 1921 con l’acquisto da parte di nonno Giuseppe della tenuta della famiglia Rivera, diretta discendente del capitano Pietro al servizio dell’Imperatore. Dalla fondazione negli anni 40 ad oggi l’ azienda agricola familiare è diventata un punto di riferimento dell’enologia pugliese soprattutto grazie alla produzione e commercializzazione del vino rosato da bombino nero, un prodotto dichiaratamente diverso rispetto ai rosati salentini. L’ipnotico colore rosa confetto nel bicchiere lo rivela al primo sguardo, “ricorda quasi un viso d’angelo” – come osserva Tommaso Luongo. Il “Pungirosa”, con la sua nota floreale, di rosa, che pervade sia il naso che il palato, “parla il linguaggio, della sottrazione, della delicatezza, del garbo” – dice. La salivazione cresce, lunga e persistente e si innesta sulla sapidità rendendo questo vino il compagno ideale per molti abbinamenti. “Dobbiamo aggiornare il nostro archivio dei vini pugliesi, un altro rosato è possibile” conclude Tommaso. Il rosato di Cantine Rivera – aggiunge Marco De Corato- ha il merito di aver rivelato al mercato la freschezza, inattesa dai vini pugliesi, una caratteristica che porta in dote anche il bombino bianco.

L’architettura dell’offerta è quasi la matrice del macroterritorio. Qui trova posto il bombino, uva autoctona dalla buccia sottile e acino grande, lento a maturare. Nei bicchieri abbiamo le versioni bianco del Marese Castel del Monte DOC 2108 e nero dell’elegante rosè Pungirosa DOCG 2018 (che mi porto a casa ogni volta che torno ad Andria).

A seguire il Nero di Troia, anch’esso figlio di queste terre, dall’acino medio, blu violetto, buccia spessa e pruinosa, finalmente in purezza dopo un vissuto da gregario. Degustiamo in sequenza l’ interpretazione più agile e beverina del “Violante” DOC 2017 e immediatamente dopo il cru “Puer Apuliae” Riserva DOCG 2013 (al 2014 la Guida Vitae ha conferito le 4 viti).

Il Montepulciano ritorna come da antica tradizione nel “Il Falcone”, il vino più importante e significativo per l’economia dell’azienda, in blend con il Nero di Troia, un vino sulla cui compiutezza e compostezza conveniamo tutti. Il dessert in Puglia chiama il Moscato di Trani, qui da Rivera si chiama “Piano di Tufara” DOC Dolce Naturale.

Ma la tentazione è forte: chiediamo del “Cappellaccio”, 100% aglianico, per una doverosa analisi comparata e non ci sorprende constatare che il suo baricentro è verso il Vulture.

Non mancano i vitigni internazionali, Chardonnay e Sauvignon, adottati ante litteram grazie alla lungimiranza di nonno Giuseppe e “I Salentini”. Una gamma ampia e ben strutturata; in fondo la Puglia è plurale!

Ai tre delegati AIS, Tommaso Luongo, Pietro Iadicicco ed Ernesto Lamatta in controcanto con il padrone di casa l’onere di leggere e condividere con la platea le sei storie nel bicchiere. Ognuno con la propria narrazione, nello stile e sensibilità che lo contraddistingue.

Quando mi hanno detto che era previsto un “light lunch” ho immediatamente visualizzato il concetto di “light” sulle tavole dei miei conterranei rievocando le citazioni esilaranti di “Inchiostro di Puglia”. Impossibile.

Ospitalità squisita, servizio impeccabile, sulla tavola i classici dei classici: taralli pugliesi, stracciatella e treccione, calzone di cipolla (anche se la ricetta originale vuole gli “sponsali”), melanzane a funghetto, olive verdi, pecorino pugliese, zuppa di cime di rape e cannellini servita nelle gustosissime scodelle di pane, torta di mele, ovviamente uva e caffè. Assenti giustificati i funghi Cardoncelli.

Un suggerimento? guardate le foto, le parole non servono.

Ci congediamo dai nostri ospiti con un po’ di ritardo sulla tabella di marcia ma con i commenti ancora vivi sull’accoglienza, su ciò che abbiamo visto e ascoltato, sul potenziale ancora inespresso di questa cantina da sempre vocata al futuro.

Prossima tappa: Bari, Teatro Margherita per il Trento DOC, dritti dritti alla Masterclass condotta per noi da Simone Lo Guercio, Miglior Sommelier d’Italia 2018.

Proiettati dall’altra parte d’Italia, tra le bollicine e soprattutto di montagna. Tutto diverso, suolo, altitudine, clima, esposizione, storia, tradizioni, uomini ma nulla ci destabilizza, il linguaggio AIS nonché la scheda di degustazione sono un solido passamano al quale appoggiarsi per non perdere l’orientamento.

Anche qui tre relatori, tutti miglior sommelier d’Italia, Roberto Anesi, Maurizio Dante Filippi, Simone Loguercio, a loop ogni 45 minuti in una esaudiente panoramica dell’offerta dei 36 produttori del Trento Doc presenti in sala.

Giriamo tra i banchi, molti i prodotti esauriti per l’afflusso imprevisto.

Siamo stanchi ma appagati, compare una focaccia a consolarci e mentre ci avviamo verso casa gli uomini del gruppo sono ormai assorbiti dalle vicende calcistiche domenicali. Mentre loro seguono la palla noi con gli occhi socchiusi chissà cosa.

Giornata lunga ma bella e densa: Puglia e Trentino in un colpo solo non sono cosa da poco, ma noi un’altra sfida così la accogliamo volentieri.

Grazie Ais Campania ;-)

Foto di Gabriella Imparato

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