52681155_2194189084180252_4851701293577666560_nDi Maria Grazia Narciso

Roma, 22 febbraio 2019.

Pochi minuti dopo le 20.00, tutti ai propri posti, accolti amabilmente dai colleghi dell’Ais di Roma negli ambienti caldi ed eleganti del A.Roma Lifestyle.

Ci attende un viaggio a Chablis, ospiti de La Chablisienne, dal 1923 la più grande cooperativa di Borgogna, una tra le più grandi in Francia.

Vado spesso a Chablis e…”, così esordisce Luca Radicchi, e in un attimo siamo con lui tra i filari affacciati sulla Serein, a scambiare due chiacchiere con i vignerons locali.

E’ una delle doti di Luca, portarti per mano in percorsi arditi rendendo semplice e sorprendente ogni singolo passaggio.

Come è noto il trademark dello Chablis è lo Chardonnay, che, tuttavia, in questa regione interpreta ruoli differenti a seconda della struttura del terreno e delle peculiarità di ogni singolo cru.

Siamo in Borgogna, in un contesto in realtà molto più simile a quello della Champagne. Qui il freddo è il protagonista e le ghiacciate primaverili sono la gran paura, come nel 2016 e 2017. Le slide con le foto dei fuochi in vigna, dei filari ghiacciati, delle gemme paradossalmente protette dal ghiaccio rendono immediatamente e non senza emozione il senso di quel dialogo serrato tra uomo e natura.

Percorriamo le 4 A.O.C. (Petit Chablis, Chablis, Premier Cru, Grand Cru) attraverso una selezione di sei vini, quattro dei quali figli di una “très belle annèe”, il 2014.

Petit Chablis Pas Si Petit 2017
Chablis Les Venerables 2015
Chablis 1er Cru Cote de Lechet 2014
Chablis 1er Cru Vaulorent 2014
Chablis Grand Cru Chateau Grenouille 2014
Chablis Grand Cru Les Clos 2014

Si parte dal Petit Chablis, ma badate “pas si petit“. Siamo sui plateau, dove il vento soffia incontrastato, la maturazione è affare complicato e la nota vegetale prevalente, tanto da evocare quella del Sauvignon. Qui il suolo titoniano, di matrice calcarea, lascia libero corso alla mineralità, che questa sera si paleserà ogni volta sotto spoglie diverse.

Il colore non abbandona mai i suoi riflessi verdolini, espressione della predilezione chablisienne per l’acciaio. Vero è tuttavia che negli ultimi anni parte delle cuvée sono sempre più spesso destinate alla maturazione in legno.

Nelle colline dello Chablis, invece, la combinazione tra calcare e argilla del suolo kimmeridgiano determina un profilo olfattivo diverso a seconda del luogo.

La nota vegetale si dilegua per perdersi del tutto nei Premier Cru e Grand Cru, a favore dei frutti bianchi, spesso agrumi, del floreale molto definito e delle speziature sempre delicate. L’utilizzo del legno infatti, laddove contemplato, difficilmente supera il 30% della cuvée.

In bocca l’acidità è sempre presente ma decisamente più esplicita là dove i suoli sono calcarei. All’argilla dei terreni marnosi invece si deve la potenza e l’opulenza che stasera ci ha restituito lo Chablis Grand Cru Chateau Grenouille 2014, l’unico Chateau dei sette Grand Cru, da vigne di oltre 50 anni di proprietà della cooperativa.

Dopo sole due ore insomma Chablis è diventato un luogo familiare, dove già decidiamo di voler andare, per girare assieme al sole, di vigna in vigna in cerca di riscontro alle curiosità più disparate. La prima fra tutte….. chi ha vinto stasera?

La sorpresa, ça va sans dire, è sempre dove non l’aspetti. Il Premier Cru Cote de Lechet 2014, mette tutti d’accordo con la sue note intense di fiori gialli, di frutta bianca non ancora matura, con la menta che ogni tanto fa capolino, l’acidità presente ma perfettamente integrata e la persistenza che appaga l’attesa.

Ah, la riva è quella sinistra, per chi sta già partendo. ;-)