Di Roberta Porciello
In una bella serata d’ottobre da Cap’Alice riprendono con un sorso di Sicilia le cene di approfondimento e di gusto: per “Storie di Vino e Vigne” Mario Lombardi e Marina Alaimo ospitano Paolo Caciorgna, marchigiano per nascita, siciliano per amore. Dal 2005, grazie all’amico Marc De Grazia, proprietario dell’azienda etnea Tenuta delle Terre Nere, conosce e si innamora del paesaggio scolpito da questo maestoso vulcano. Approfittando del clima conviviale della serata ci racconta i suoi primi approcci, lo studio, l’amore per quell’uva che i siciliani chiamano niuriddu mascalisi e la ricerca ossessiva del giusto appezzamento per trasformare il suo pensiero, la sua visione nel suo vino. Trova finalmente un posticino sulle pendici del versante nord del gran vulcano, un gioiellino con vigne di oltre 100 anni…e il nome vien da sè: N’anticchia…nu pucurill diremmo noi, a identificare un vino che sappia esaltare quell’intimo legame tra il nerello mascalese e questi terreni, dopo una saggia maturazione in piccole botti e un affinamento in bottiglia come avviene per i grandi vini d’Oltralpe; cercando di far convivere la finezza dell’espressione aromatica, con una buona struttura e un’ottima bevibilità. Sei calici, sei bottiglie [di cui 5 magnum], per un excursus temporale che va dal 2007 al 2013. Come di consueto partiamo dalla più datata… La 2007, è stata un’annata equilibrata con una buona vendemmia di inizio ottobre che ha regalato un vino di grande complessità dal naso espressivo, ricco di spiccate note terziarie che avvolgono nuance di frutta rossa e di sottobosco, e con un tannino che mostra il suo carattere al palato. L’annata 2008 ha esaltato, ai massimi livelli, il frutto che si offre pieno e disponibile con accenni tropicali, grazie a una vendemmia di fine ottobre, con un turbinio di sensazioni, odori e ricordi, figli di un territorio vivo e vitale; il sorso è nobilitato dal perfetto equilibrio tra i tannini setosi e la giusta acidità. La 2009 soffre di un andamento climatico bizzarro, prima con temperature elevate e poi da piogge di lunga durata, si avvicina un po’ alla 2007, restituendo un vino di nerbo e personalità, e un palato reso vibrante da un’energica acidità. La 2010 è una grande annata, che ha “prodotto” un vino piacevole nel tatto e armonico nell’insieme, che avrà ancora da raccontare per molti anni a venire: con gelso e mora che giocano a rincorrersi al naso e una bocca calibrata e puntuale. Vigoroso il sorso della 2011, che mostra forza e vivacità, preciso nel gusto, immediato e riconoscibile; con frutti rossi e ribes nero e mora che si intrecciano a tabacco, liquirizia e nuance balsamiche. La 2013, annus horribilis, ma c’è stata una grande selezione in vigna; ed ecco un sorso molto centrato sul frutto, dai toni dolci, e con una grande corrispondenza tra naso e bocca. Probabilmente proprio a causa di un’annata piovosa ci ritroviamo un calice più scarico con tannini più impalpabili. Abbiamo fatto un percorso “etilico” assai divertente, in un continuo saliscendi, grazie a sei vini che raccontano l’identità di un territorio ma adesso dobbiamo lasciare spazio alla tavola e Mario è sempre pronto e all’altezza, ma questa volta si è superato con la regina della cucina napoletana, sua maestà la Genovese, con una cottura degli ziti assolutamente perfetta, e poi continuare con il baccalà ai pomodorini gialli e rossi del Vesuvio dell’azienda Giolì.
Alla prova della tavola il gioco degli abbinamenti ha visto prevalere su tutti la 2010 seguita, a un’incollatura, dalla 2008. Terminiamo la serata con un tocco di autunno: un tortino di cioccolato fondente con castagne, panna e cacao.
Vi segnaliamo intanto il prossimo appuntamento 30 novembre con Barolo Borgogno, ne vedremo delle belle.
“Ci sono allori qui, cipressi snelli l’edera oscura, l’uva dal dolce frutto e l’acqua fresca, divina ambrosia che il boscoso Etna fa scorrere per me dalla sua neve candida”
Scrivi un commento