Il sommelier che qui scrive, e adora leggere, recentemente é stato in libreria a Napoli. Una libreria storica, grande, organizzata su piú piani, con gli scaffali ordinati in sezioni, le isole con le offerte bene in vista, illuminazione calda e diffusa, non un granello di polvere sui libri, menomale perché la sua allergia lo avrebbe fatto fuggire con gli occhi gonfi e la goccia al naso, ha chiesto alla banconista dove avrebbe potuto trovare una raccolta di racconti di Giorgio Scerbanenco degli anni cinquanta, che aveva prestato ad un amico e non é piú tornata, e non é rimasto sorpreso di ricevere per risposta che il volume é in ristampa ma che sarebbe stato disponibile in un paio di mesi, e che si trattava forse dell’opera migliore dell’autore, segno che la signora qualcosa ne sapeva. La conversazione é proseguita ed alla fine il sommelier-lettore é uscito dalla libreria con un testo di Wolke sulla chimica in cucina e la piacevole sensazione di aver avuto un confronto costruttivo con una persona colta e aperta. Rientrato sull’isola dove vive, dopo qualche giorno ha incontrato l’ottimo articolo di Franco De Luca “il mondo che cambia” e ha deciso di fare staffetta, raccogliendo il testimone e proseguendo la corsa.
Tra le intime gioie professionali del sommelier quando esercitava nel Gruppo di Servizi AIS, un posto speciale se lo é conquistato il pensionato solitario che, dimesso nel vestire, investí una congrua parte dell’assegno sociale nell’acquisto di una bottiglia di vino. Niente di aulico, etichetta senza fama, un sangiovese in purezza di un piccolo sconosciuto produttore umbro, vino onesto e, nella sua relativa semplicitá commerciale, ricco in profumi e al palato. L’acquisto avvenuto nel supermercato di prossimitá dove il sommelier, in divisa di servizio, accoglieva e accompagnava gli abitanti del quartiere alla scoperta delle qualitá celate nelle file di bottiglie, ordinatamente disposte sotto la luce fredda e irrispettosa della corsia.
In previsione di una rapida uscita e per ovvie esigenze di scaffale, nel supermarket il vino sta all’impiedi, raro trovarlo coricato, la bottiglia é impolverata solo in caso di negligenza del personale settorista, il prezzo é il discriminante, la posizione é territorio di conquista. Il sommelier, che ha un poco di esperienza nel settore, sa di casi nei quali lo scaffale ad altezza d’occhio viene negoziato in soldoni. Il vino, come ogni bene di valore il cui acquisto é un atto emozionale, non é finalizzato alla sopravvivenza, per ristabilire l’equilibrio idrico del corpo bastando l’acqua pura. La classe non é acqua, e nel caso del vino é tutta in quella esigua percentuale in contenuto, che fa la differenza. É per valorizzare quella differenza che, nel vino come in tutti gli alimenti, si giustifica l’esistenza e l’ingaggio di un professionista.
La storia della GDO, la grande distribuzione organizzata, scorre in seno alla storia del marketing, nel quale l’attenzione si é spostata dal prodotto al mercato e poi dal mercato al cliente, senza abbandonare la logica di valorizzazione del capitale, forse ben sapendo che tanto a quel punto il gioco é fatto, nel lato ricco del mondo postindustriale le persone sono ormai assuefatte a vivere per lavorare, produrre, consumare e non vi é il rischio di sovvertimenti. In questa evoluzione logica, che s’applica ad un contesto sconsolante, qualche forma di riscatto sembra peró farsi strada, per riaffermare l’umano senso in tre esse, sangue sentimento e spirito, che dá valore alla nostra esistenza. Una di queste, nel suo piccolo, parte dal basso, dal basico, dal mangiare-bere-riposare-magari sognare, e dal farlo bene. Benedetta sia quindi l’occasione di mettere nel supermercato un sommelier, cultore della qualitá. É come offrire a un comunicatore una platea vasta, nuova e relativamente assetata di novitá, e per giunta nell’ora di punta. Poi capita di incontrare anche l’appassionato facoltoso che cerca il pezzo d’eccezione vedendo l’enoteca nel supermarket. A conferma che gli schemi di gioco tradizionali possono saltare. AAA occasione di cambiamento epocale offresi, come sempre riservata a chi la sa vedere e cogliere. La pratica di vita ci dice che il sommelier, ovunque si trovi, sia tra gli scaffali del mercato, sia tra i tavoli della taverna, puó svolgere una funzione economica e sociale rilevante, quella dell’araldo del buono del bello e della conoscenza, ossia dell’unica difesa conosciuta contro il lato oscuro dei tempi, di tutti i tempi.
Il pensionato anche oggi esce dal supermercato col sorriso, pregustando il sermone che terrá ai pesciolini del suo acquario, per narrare del paesaggio intorno alla vigna, del valore dei gesti del contadino, della storia e delle storie che accompagnano ogni calice, dell’acqua che come in un miracolo si é fatta vino.
Se a qualcuno é punta vaghezza di sapere perché il titolo “linea d’ombra”, ecco la risposta:
É privilegio della prima gioventú vivere d’anticipo sul tempo a venire. Ci si chiude alle spalle il cancelletto dell’infanzia, e si entra in un giardino di incanti. Persino la penombra qui brilla di promesse. Ad ogni svolta il sentiero ha le sue seduzioni. E non perché sia questo un paese inesplorato. Lo sappiamo bene che l’umanitá tutta é passata di lí. É piuttosto l’incanto dell’universale esperienza, da cui ci aspettiamo emozioni non ordinarie o personali, qualcosa che sia solo nostro (…) fino a quando innanzi a noi si profila una linea d’ombra, ad avvertirci che bisogna dire addio anche al paese della gioventú. J. Conrad
Forse che stiamo entrando in una fase nuova, ricca di sfide da affrontare con responsabilitá, dell’antico gioco del coppiere?
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