La Campania finalmente inizia a far parlare di sé rivelandosi sempre più attenta nello studio dei vitigni che la caratterizzano, anche grazie alle realtà vitivinicole del territorio e al lavoro coscienzioso che coinvolge le generazioni più giovani e genera entusiasmo e curiosità.
Ci ritroviamo in una tiepida giornata di Aprile presso l’azienda Sorrentino a Boscotrecase, alle pendici del Vesuvio, dove ad accoglierci c’è Benny Sorrentino, giovane enologa e produttrice dell’azienda, che ci guida in una rilassante e istruttiva passeggiata lungo i vigneti, raccontandoci la storia e le tecniche utilizzate per far esprimere al meglio i vitigni presenti.
L’azienda possiede 35ha vitati, caratterizzati da un microclima unico e da un terreno arricchito dalla presenza di lapilli e pietra pomice che dona ariosità al suolo e dove la Falanghina Pompeiana e il Piedirosso, entrambe a piede franco, si sono adattate a questo territorio. Varietà che rappresentano una risorsa peculiare per il territorio, non solo per l’identità dei vini prodotti, ma soprattutto per la storicità dei luoghi su cui si trovano. Arriviamo alla piccola terrazza, attraversando i filari, immersi in un contesto di incredibile bellezza, godendo del panorama con il Vesuvio a monte e il golfo di Napoli a valle.
Arricchiti di questa spettacolare naturalità paesaggistica, ci accomodiamo nell’ampia sala di degustazione, che si affolla velocemente, curiosi di capire e assaporare l’evoluzione del “bistrattato” Piedirosso.
Il parterre dei relatori è ampio e variegato, dopo una breve introduzione da parte di Luciano Pignataro, giornalista di Il Mattino, la parola viene data a Antonella Monaco ampelografa presso il MUSA (Centro Museale delle Scienze Agrarie Portici) che ci racconta storia e curiosità sul Piedirosso, di come già nel 1847 c’era interesse per questo vitigno e di come oggi stia finalmente vivendo un momento di rivincita, grazie alla crescente attenzione verso i vini rossi sottili da abbinare alla cucina leggera e fresca.
La parola passa poi a Carmine Valentino, enologo aziendale, che spiega e illustra il perché dei sistemi di allevamento utilizzati e di come la scelta del cordone speronato serva per aumentare la fruttificazione e favorire la maturazione ottimale dell’uva.
Anche Benny Sorrentino, proprietaria ed enologa dell’azienda, ci illustra anche attraverso splendide immagini i diversi aspetti del vitigno e ci da degli utili accenni su quelle che sono le annate proposte in degustazione, sia dal punto di vista climatico, sia dal punto di vista della gestione e delle variazioni svolte in fase di vinificazione. Subito dopo è il turno di Nicoletta Gargiulo, presidente AIS Campania, che prende la parola e conduce la verticale delle sei annate proposte, sottolineando in modo puntuale ed efficace le differenze riscontrabili nei vini.
Si parte dalla 2015, la più giovane, che riporta in etichetta il nome di 7 Moggi, dove il piedirosso è vinificato in purezza e senza uso di legni.
Il vino rivela un profilo olfattivo ricco e intrigante, dove i profumi intensi di fiori e frutti prevalgono, lasciando però anche spazio a sbuffi minerali, che ritroviamo al gusto attraverso una piacevole e saporita sensazione salina. Segue il Frupa 2013 sempre prodotto con piedirosso in purezza, ma che fa un leggero passaggio in legno; anch’esso mantiene una linearità floreale e fruttata, a cui si aggiunge una apprezzabile speziatura di noce moscata e al gusto regala una succosa bevibilità. Nel Frupa 2011, ritroviamo invece una maggiore apertura espressiva, si spazia dal gelso al lampone, con un ottimo connubio tra floreale e vegetale, una piacevolissima nota balsamica a cui fa seguito una delicata speziatura ed una sapidità gusto olfattiva perfettamente integrata.
Le annate 2007 e 2000 sono una vera scommessa, ma aallo stesso tempo sorprendono ed emozionano la platea. Entrambi sono in realtà due Lacryma Christi, ma ottenuti sempre da uva piedirosso in purezza. Risulta interessante notare lo stile diverso, meno preciso, ma che ugualmente racconta il territorio. La 2007 si esprime attraverso note floreali di viole appassite e fruttate più evolute, a cui si aggiungono espressioni terrose, di carruba e di sottobosco, con accenni di grafite. Il Lacryma Christi 2000 pur essendo caratterizzato da una similare terrosità, esprime tutta la sua forza e il suo timbro vulcanico, ancora vibrante e sorprendente anche al palato.
La giornata trascorre rapidamente e si conclude con un gustoso rinfresco, un’esperienza unica ed emozionante, una sfida del tempo, che stimola i partecipanti a non fermarsi davanti alle apparenze, e ad imparare ad aspettare e a credere di più nella ricchezza e vigoria del patrimonio vitivinicolo campano.
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