1 FotoDi Marco Fasciglione

Vero e proprio status symbol della Basilicata del vino, l’Aglianico del Vulture è una delle migliori uve del nostro Paese ed origine di un vino che può essere senz’altro inserito tra i grandi rossi italiani al pari del Barolo in Piemonte, del Brunello di Montalcino in Toscana, dell’Amarone della Valpolicella nel Veneto e del suo stretto parente campano, il Taurasi. Si tratta di un vino dotato di personalità come pochi e che è riuscito ad ottenere risultati qualitativi eccellenti grazie al lavoro dei produttori locali, dove le aziende storiche hanno svolto un fondamentale ruolo di avanguardia e di orientamento per la crescita di nuove imprese che hanno apportato a loro volta un fondamentale contributo in termini di entusiasmo, passione ed innovazione. L’uomo, quindi, con le sue conoscenze e le sue tradizioni (la pratica dell’allevamento ad alberello, ancora utilizzata in alcune aree del Vulture, ne costituisce un esempio), ma non solo. L’altro elemento che concorre in modo fondamentale nella creazione di un vino monumentale sotto tutti i punti di vista, è l’ambiente pedoclimatico: poche sono le zone, in Italia come all’estero, così vocate come l’area del Vulture. I terreni vulcanici hanno evitato il diffondersi della fillossera favorendo lo sviluppo di vigne molto antiche, franche di piede, in alcuni casi, come detto, ancora coltivate ad alberello. L’altitudine, che oscilla tra i 450 ed i 600 metri sul livello del mare, è ideale per l’allevamento della vite: le forti escursioni termiche tra il giorno e la notte, il minore irradiamento solare determinato dall’inclinazione dei vigneti, l’ottima ventilazione proveniente dal mare ed il drenaggio perfetto dei terreni a base tufacea e ricchi di minerali, arricchiscono il corredo aromatico e soprattutto conferiscono eleganza e finezza ai profumi. L’insieme di questi fattori consente ai coltivatori locali il lusso di poter assecondare la maturazione tardiva dell’uva e quindi di poter procedere con la vendemmia nel momento in cui l’uva ha raggiunto un perfetto equilibrio tra maturazione tecnologica, quella fenolica e quella aromatica. Il vino che ne deriva si caratterizza per una componente acido-tannica che ne esalta la droiture e ne favorisce la vita lunghissima tanto in bottiglia quanto nel bicchiere dove il vino con il trascorrere del tempo non si spegne bensì si esalta, continua ad evolversi in un incessante andirivieni gusto-olfattivo.
i vini in degustazioneÈ a questo grande vino e al suo terroir che è stata dedicata il 23 marzo 2016 una doppia verticale condotta da Marina Alaimo presso il ristorante Cap’Alice in via Bausan. Le sessioni di degustazione hanno riguardato alcuni dei prodotti di punta di due aziende del Vulture: Eubea e Vigne Mastrodomenico. Si tratta di aziende relativamente giovani, entrambe fondate verso la fine degli anni ‘90 e a conduzione familiare, ma che hanno già dimostrato di saper interpretare al meglio la millenaria tradizione enologica del Vulture.
Eubea, che ha presentato il Ròinos nei millesimi 2008, 2009 e 2012, ha sede in località Ripacandida ed è oggi guidata da Eugenia Sasso (presente alla degustazione), nipote e figlia d’arte, affiancata dal papà Francesco una delle maggiori personalità del mondo del vino della Basilicata. Il Ròinos proviene da vigne antiche anche di 70 anni coltivate a Barile principalmente ad alberello o a filare basso (questo per limitare gli effetti del caldo e del sole durante le assolate giornate dei mesi estivi) e affinato attraverso un sapiente utilizzo di botti di rovere francese.
Le Cantine Mastrodomenico, che hanno presentato il Likos nei millesimi 2007, 2009 e 2011, sono situate a Barile piccolo paese incastonato tra le pendici orientali del monte Vulture in quel suggestivo scenario naturale del massiccio collinare Sheshë: una serie di grotte scavate nel tufo ed adibite, soprattutto nel passato a cantine per la custodia del vino. L’azienda, condotta dall’agronomo Donato e dai figli Giuseppe e Emanuela (anche lei presente alla serata di degustazione) si caratterizza per il meticoloso lavoro in vigna e per la forte spinta innovativa: dal 2011 l’azienda ha aderito a Farm To Fork (F2F) una ricerca pilota finanziata dall’Unione Europea, e che coinvolge aziende ed università sparse su tutto il territorio europeo, destinata a promuovere la tracciabilità dei prodotti alimentari e la lotta alla contraffazione. Una volta a regime, il sistema di tracciabilità consentirà di ricostruire la storia di ogni singola bottiglia dalla vendemmia fino all’affinamento e all’imbottigliamento finale.
Entrambe le aziende operano da alcuni anni in regime di viticultura biologica certificato. La scelta verso la viticoltura sostenibile è testimonianza dei valori che permeano la filosofia aziendale di entrambe: un approccio alle risorse della terra basato sul rispetto, la preservazione e lo sguardo rivolto alle generazioni future.
In via generale, le due verticali hanno confermato la vocazione dell’Aglianico del Vulture come grande vino da invecchiamento caratterizzato da una mineralità che sembra trarre la propria linfa vitale dalla lava, dal tufo e dalle brezze che dal mare si inerpicano fino al Vulture. La degustazione ha consentito, inoltre, di analizzare più in dettaglio il millesimo 2009: proposto in entrambe le verticali, tale millesimo si è confermato come un’annata di grande spessore grazie al carattere amichevole e caldo dell’andamento climatico stagionale. Infine, quanto alle annate più giovani, se da un lato il loro essere ancora in fieri è di palmare evidenza, dall’altro lato i due vini hanno evidenziato un carattere caleidoscopico, ed una estrema vitalità fatta di irrequietezze, di movimento, di dinamicità, con delle potenzialità evolutive da vertigini.

La degustazione

Ròinos 2008 Eubea
Manto rubino cupo. Timbro olfattivo evoluto e discretamente modulato con un corredo aromatico che apre su note di amarena, poi pepe nero e quindi note di gesso che si intrecciano nella chiusura con note di pelle conciata e sentori eterei di ceralacca. Al palato il vino mostra potenza ed eleganza in un discreto equilibrio generale in cui l’acidità risulta ben calibrata e mai aggressiva. Lungo il finale declinato su note minerali salmastre e che ricordano la pietra lavica e la grafite. Affinato in botti di rovere.

Ròinos 2009 Eubea
Rosso rubino intenso. L’intrigante incipit olfattivo sprigiona note di frutta rossa, poi i profumi virano drasticamente verso sentori di liquirizia in radice per cedere il passo a note floreali; quindi con l’ossigenazione il naso viene condotto verso stuzzicanti sentori di pepe nero intrecciati a nuances minerali ed erbe aromatiche. Seguono di nuovo le spezie, ma questa volta dolci, per chiudere infine con accenni di fichi secchi. La bocca è interamente giocata sugli inseguimenti gustativi tra i tannini irruenti, ma non aggressivi, e tutto sommato ben delineati, la piacevole sapidità ed una affascinante freschezza che sottolineano le intatte potenzialità evolutive del vino. Finale lungo e coerente declinato su note di grafite e china. Affinato in botti di rovere.

Ròinos 2012 Eubea
Manto rubino, ricco di luce e di riflessi. Il naso, avvolgente, apre su note di amarena intessute a note eteree, per poi orientarsi verso sentori di pepe nero e chiodi di garofano e infine su note di caffè e cacao. Bocca di struttura tutt’altro che timida: il sorso porta in dote la freschezza del sapore, tannini setosi e ben fusi nella struttura del vino ed una stuzzicante sapidità che sostengono un corpo a dir poco imponente e fanno da preludio ad un finale lungo e di rara potenza declinato su note di caffè, timo e gesso. Insomma, un millesimo che esprime al meglio le potenzialità del territorio: godibile già oggi ma con ancora lunghi anni di evoluzione davanti a sé. Affinato in botte di rovere.

Likos 2007 Mastrodomenico
Rubino cupo, quasi impenetrabile. L’assetto olfattivo è lento ma ricco e generoso; esordisce su note di cuoio e di amarene che ‘dominano’ un quadro che si arricchisce poco a poco di spezie dolci, poi gesso e grafite, quindi sentori iodati e salmastri per orientarsi in chiusura su note di ceralacca. Bocca elegante e carica di vitalità in cui i tannini, evidenti ma ben fusi nella struttura, e l’impetuosa salinità, che rilancia la persistenza iodata ed eterea, operano in un contesto di generale equilibrio gusto-olfattivo. Un vino, insomma, con prospettive di evoluzione ancora rilevanti. Barrique francesi poi affinamento in bottiglia.

Likos 2009 Mastrodomenico
Il vino esprime perfettamente le potenzialità dell’andamento climatico stagionale, caldo e precoce, e che regala un millesimo che donerà ancora a lungo tante soddisfazioni agli appassionati. Manto rubino compatto, la carica antocianica è talmente forte da lasciare del colore lungo le pareti del calice. Silhouette olfattiva ricca ed elegante nella sua prorompente mineralità: apre su note di gesso e nuances di grafite, poi amarena in confettura e sorba matura, quindi humus e sentori silvestri anticipano note di chiodi di garofano e una lussuosa declinazione aromatica di radice di liquirizia. Come se non bastasse, dopo circa venti minuti dall’inizio della degustazione emergono suggestive note di pesche sciroppate e di agrumi e fichi secchi. Il sorso è intenso ed energico e rivela un’impalcatura acido-tannica di solare efficienza; il finale potente, complesso e lungo è interamente dedicato alla frutta in confettura e alle note minerali. Lo si può apprezzare già da ora, oppure da conservare in cantina per qualche lustro. Barrique francesi poi affinamento in bottiglia.

Likos 2011 Mastrodomenico
Il tono cromatico, cupo e tetragono è sostanzialmente in linea con il millesimo precedente. Il ventaglio aromatico è imponente, colossale e caleidoscopico. Il naso, in effetti, indugia in un continuo susseguirsi e rincorrersi di ritorni olfattivi con un incipit declinato su note di spezie dolci ma che si rimodula subito su prorompenti note iodate, ferrose e medicinali. Poi le note di fichi secchi, le bacche di liquirizia, i sentori di cacao e la polvere di caffè prendono il sopravvento ma solo per condurre il naso ad un progressivo declino su note di more di gelso, quindi di rosa e di erbe alpine. Il sorso evidenzia grande qualità: il vino entra autorevolmente nel palato per allargare velocemente lo spettro aromatico e scatenarsi in una vertigine di ritorni minerali e di liquirizia, in un quadro caratterizzato dal martellante ritmo impresso dall’acidità e da un persistente finale gessoso. Un vino monumentale ma palesemente ancora in divenire e che merita di essere atteso ancora a lungo per poterne apprezzare al massimo tutte le proprie potenzialità. Barrique francesi poi affinamento in bottiglia.