Di Giuseppe Rea
La riconosciuta qualità dei vini lucani si accompagna da molti anni alla volontà e alla diversità di sapori e di zone di produzione, prodotti di eccellenza che rispecchiano il territorio in un inscindibile connubio.
Una diversità legata soprattutto all’Aglianico, quello del Vulture, che frazionata nei calici verrà sicuramente raccolta e valorizzata.
Un antico vulcano spento, il monte Vulture e la presenza di numerose sorgenti d’acqua, conferiscono a questa parte della Basilicata settentrionale, un paesaggio dalle caratteristiche uniche e dalle risorse agro-ambientali di grande pregio.
La conformazione vulcanica del terreno, ricca di potassio, procura condizioni ottimali per la coltivazione della vite; qui, si coltiva il vitigno autoctono della Basilicata e si produce una delle eccellenze enologiche italiane: l’Aglianico del Vulture, (DOCG dal 2010).
Siamo in una bella e luminosa sala del rinomato ristorante “Gianni al Vesuvio” in compagnia di Franco De Luca, delegato A.I.S. Comuni Vesuviani e di Nicoletta Gargiulo, presidente A.I.S. Campania per incontrare la bellissima produttrice Elena Fucci, che, con i suoi occhi a mandorla, frangetta alla francese e lingua sciolta si racconta…
Si, si racconta, perchè i suoi vini sono il racconto della sua vita, della sua giovinezza e del suo amore per la famiglia e per la sua terra, ma soprattutto, sono il riverbero delle sue scelte determinate da una volontà che l’amore pulsante per la propria terra rende in grado di travalicare ogni ostacolo.
Una storia breve e semplice che nasce nell’anno 2000, quando i vecchi vigneti di famiglia di Barile a 700 mt. s.l.m. sono sul punto di essere messi in vendita, sotto lo sguardo consapevole dei diretti proprietari, ma non sicuramente di Elena e del suo anziano nonno, il “vigneron” di famiglia.
La famiglia Fucci, tanto per intenderci, coltiva uva e produce vino, dal dopoguerra, vendendo vino a molte ditte del Settentrione; in questo quadro di perpetua attesa, il cuore di Elena diventa il trampolino di lancio per far decollare la propria terra ed il proprio vino in una dimensione legittima e sicuramente più giusta.
È un momento determinante, Elena si oppone, decide di non vendere i terreni di famiglia e si propone come interprete di un sogno che le appartiene “naturalmente”; terminato il Liceo Scientifico, si iscrive alla Facoltà di Enologia a Pisa, dove si laurea portando alla luce le potenzialità del suo specifico “terroir”.
Il terreno vulcanico, strutturato in sequenza delle varie eruzioni e costituito da strati di lapilli, lave sedimentate e ceneri, differenziano questa parte di territorio, in una maniera unica; inoltre, la bassa resa per ettaro ed il sesto d’impianto serrato (eredità del nonno), determinano e innescano una significativa competizione radicale; in ragione di queste condizioni il terreno, restituisce in termini di qualità, la corrispettiva sofferenza della vigna e dei sacrifici dell’uomo.
I vini di Elena Fucci, non sono esperimenti, ma esperienze sul campo, pertanto non sono ripetibili anno per anno, sono franchi, e belli proprio come lei!
Tasting:
TITOLO 2012
Luminosa veste rubino, con forte concentrazione alcolica e glicerica. Dona sensazioni floreali e di vigorosi frutti rossi con leggeri ma puntuali profumi di pepe nero che coronano un finale balsamico. Giovane e “mai domo” si nasconde malizioso, riservando per sè, un futuro legato all’eleganza!
TITOLO 2011
Muscoloso (16 % Alc.). Si muove con consistenza, evidenziando una notevole estrazione di materia colorante. Naso esuberante, con fiori e frutta rossa in piena maturità che giustificano il prorompente slancio olfattivo. Ritorni di cioccolato fondente, caffè e china avvolgono con generosità il palato, regalando a ogni sorso gratificazione, piacere ed energia!
TITOLO 2010
Si presenta più scarno dal punto di vista cromatico, con tonalità che virano al granato e lievi profumi di sottobosco e muschio; in bocca è agile e fresco, un passepartout negli abbinamenti, nato prematuramente!
TITOLO 2009
Trama larga e dal timbro aranciato, in roteazione svolge con sicurezza il suo vortice. La massa è importante anche se appare un po’ timida al momento, con nuance di frutta rossa appassita e di confettura di more su un sottofondo di tabacco. In bocca le papille gustative sono sollecitate da una giusta sapidità che domina il finale.
Osservazioni a margine dell’evento “ Incontri ortogonali” del 02 03 2015, a cura di Franco De Luca, Delegazione Comuni Vesuviani.
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