Gli esseri umani sono onnivori: traggono nutrimento dal sapere razionale, dalla logica, dalle metafore, dai sogni. Persino negli alimenti quotidiani, appena si allontana il problema della sopravvivenza, cosí urgente ai poveri e agli antichi, essi cercano i sapori e gli aromi. Gli uomini hanno imparato che una alimentazione incompleta espone a degenerazioni e malattie, rendendo l’organismo vulnerabile e accorciandone l’aspettativa di vita.
In principio ecco il caos. Da ogni parte appare una massa indistinta e fluida, un plasma opaco sempre piú caldo, tutto un fermentare tumultuoso, in cui la materia e i gas si fondono e si separano continuamente. L’oscuritá é solcata da lampi e tensioni elettrochimiche, mentre la massa é percorsa da correnti improvvise e da parti dense in movimento. Indagando la materia piú da vicino, si scoprono gli elementi e si possono osservare, nell’intimo, gli accadimenti. Appare un cosmo in cui brulica la vita, brillano come stelle i cristalli, disciolti negli acidi inorganici; nello spazio tra di essi, come i corpi spenti dei pianeti, i sali minerali compongono fluide strutture. Vagano come asteroidi i corpuscoli addensati di pigmenti e precursori di cristalli, disciolti in un tiepido e dolce brodo.
Nel plasma di questo caos primigenio si svolge una caccia senza tregua: lunghe catene di composti di carbonio fluttuano inermi, inseguite, analizzate, selezionate e poi spezzate e assorbite da cellule minuscole e attivissime. Non tutte le molecole sono commestibili, le piú fortunate sono protette da legami forti, che impediscono l’attacco. Per questo sopravviveranno alla caccia e rimarranno a fluttuare nel liquido finale, a riposo. Per le altre non vi é salvezza. Finché la temperatura è sopportabile e l’atmosfera non è satura di alcol, le cellule avranno forza per condurre la caccia. Si fermeranno solo con l’esaurimento delle prede, o in condizioni ambientali proibitive. E sono le stesse cellule a rendere l’ambiente ostile. Il gas, il calore, l’alcol che saturano l’atmosfera sono infatti il prodotto della loro attivitá.
E mentre nel tino si svolgono gli eventi tumultuosi, si puó osservare, distaccando lo sguardo, per avere una visione dell’insieme, l’ambiente d’intorno. Sul tavolo magari c’é un appunto, con la formula della fermentazione, un ciclo completo di scambi e trasformazioni con una partenza e un arrivo, che si potrebbe immaginare perfetto, tanto di zucchero diventa tanto di alcool, con emissione quantificabile di gas carbonico e di calore, passando per la formazione di molecole intermedie. Da manuale. Solo da manuale. Nella realtá una parte degli scambi é destinata a compiersi in modo incompleto, un’altra parte puó non compiersi affatto, la formula, cosí determinata nella sua astrazione cartacea, nel tino lascia spazio alle probabilitá: una gran parte del caos ribollente diverrá una soluzione alcolica, una parte rimarrá intatta e lascerá un residuo zuccherino, un’altra parte ancora donerá, grazie all’imperfezione del ciclo, un destino evolutivo tutto da sperimentare. Oltre a regalare aromi e sapori. Per questo, accanto al foglio con la formula, c’é una pipetta di vetro, da saggio.
Ma aromi e sapori, come ben sanno gli studenti di tutte le etá che s’applicano alla materia delle bevande alcoliche, non vengono solo dal ribollir dei tini. Ci sono un prima e un dopo, una matrice agricola nella materia prima che andrá nel fermentino e un’opera di elevazione a perfezionare il prodotto fermentato.
Bagnata dalla rugiada mattutina, il suolo odora di argilla e fresco, sale e muschio verde. Questa terra scura che si incolla alla zappa e macchia le dita, sapida e grassa, cosí diversa da quella terra gialla che sa di sasso e di paglia, di polvere e cloro, calcinata dal sole, che scorre dalla mano e lascia un velo come di sabbia fine. Queste sono solo due delle terre possibili, esperienza dice che se ne trovano tante nel mondo, ognuna foriera di un apporto diverso alla pianta ed al frutto.
Per non dire, che in una parola appena, del calore del sole, ogni giorno e in ogni luogo diverso, la giacitura del suolo, l’ordine e lo sviluppo della pianta, la natura di questa ed il suo frutto. La nuvola, la pioggia, il moto dell’aria, gli odori e le sostanze che l’aria porta con se. Magari gli stessi che in questo momento profumano il cortile dove il contadino e il suo enologo siedono insieme a parlare di come potrá venire il prossimo, davanti a un bicchiere di quello dell’anno passato.
Se un fisico, un chimico e un matematico, presi dal gioco ed ebbri alla follia, si cimentassero nel racchiudere in una formula tutti gli elementi e le relazioni tra di essi, nel tempo, per dire ecco come si ottiene questo vino, birra, sidro, liquore od acquavite, il risultato avrebbe la forma di un serpente dalle molte teste, che si snoda lungo la terra e che fisserebbe con occhio cristallino e ipnotico la sua preda. Sei tu forse che desideri sapere se l’equazione ammette soluzioni? Sei forse tu quello che desidera il controllo della genesi, determinata in ogni suo punto? Come asseriva Voltaire, il grande disegno é di dio, ma il diavolo sta nei particolari.
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