La strana coppia dell’aperitivo gourmet partenopeo, Salvatore e Carlo, si ricompone nel periodo di vendemmia del rosso aglianico, in una serata che nulla ha più dell’estate, la bottega del Buono di Cautero crea l’incontro con Marcella Russo, della omonima cantina,e con le sue creazioni, Macrì Irpinia Campi Taurasini e Spalatrone Taurasi, quest’ultimo di tre diverse annate.
Grappoli figli della stessa terra, ma con caratteri ben distinti nelle espressioni in bottiglia, con sensazioni e tempi di ascolto gustativo tali, che all’assaggio è sembrato sfogliare un libro a colori fatto di vento e sole, nuvole e rugiada.
Tra le proposte di salumi della Masseria Valenzio Calisti e del delicato formaggio cilentano, i racconti di Marcella e del suo enologo, hanno scaldato la fresca serata con la storia del loro lavoro, racconto di gesti che accompagnano una pianta d’uva, dall’aspetto ligneo ed invernale alla trasparenza delle foglie verdi sotto il sole di vendemmia.
E’ lavoro, questo, di uomini e donne che ci credono, un credo che si traduce in rossi che non hanno ceduto alla tentazione di un lungo riposo in legno, un bicchiere che nelle annate 2008 del Macrì e 2007 dello Spalatrone ha saputo portare sentori di frutta e di leggere spezie, e un assaggio accompagnato da freschezza e da un tannino presente ma per nulla protagonista, lasciando spazio alle sensazioni di frutta matura confermate anche nei minuti dopo l’assaggio.
Sei, appena sei sono gli ettari vitati per l’ aglianico dall’azienda, numero fatto da una mano aperta, passata sulla coscienza di un lavoro senza compromessi, e dall’indice dell’altra mano come ad indicare che uno solo è solo lo scopo, quello del Buono, strada che li ha portati da Salvatore.
Ancora una volta il nostro padrone di casa ha saputo raccogliere vecchi e, cosa più importate, nuovi amici nel suo locale, che come un crocevia fa intersecare strade ed opinioni, un salotto senza divano in cui ciò che conta è far accomodare il proprio gusto.
E mentre la serata era a metà discorso, nell’ora in cui le botteghe riposano, una persona di passaggio entra e fa gli auguri, per l’inizio dice, credendo sia una inaugurazione, il clima qui, infatti, è sempre quello festoso di un inizio attività, un’ inizio quotidiano in questo caso che si richiude su di sé senza fine, come una spirale.
E mentre lo scuro nettare scorre, una padella salta in movimenti morbidi e sicuri, dove si concretizza l’incontro di consistenze materiali di elementi diversi, figli del lavoro della terra e del sole tanto quanto della profondità misteriosa del mare, la preparazione simile all’attesa dell’incontro tra innamorati che prima fisici si sciolgono poi al contatto, per non lasciarsi, divenire un tutt’uno. Morbido come la notte l’assaggio offerto dallo chef, screziato di stelle che profumano d’arancio.
Salvatore e Carlo, non smettete mai di gourmet-viziarci.
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