Di Roberta Porciello
“Il Vino è l’acqua di Ischia” lo scriveva Norman Douglas nel 1931, e lo hanno capito i fratelli Muratori quando nel 2000 hanno puntato su Ischia e sulle sue cantine scavate nel tufo per creare la Tenuta Giardini Arimei. Alla fine di via Montecorvo, nel comune di Forio e di fronte all’isola di Ventotene questa cantina del 1700 ha una posizione e un panorama mozzafiato tra il verde del tufo e il blu del mare. Riportata agli antichi splendori dalla famiglia Muratori che ha creduto sulle potenzialità dell’isola e sulle sue originali varietà autoctone con il recupero di Biancolella, Forastera e Uva Rilla. Quest’anno tre cantine dell’Arcipelago Muratori hanno aperto le porte per far vendemmia, hanno iniziato in Franciacorta, proseguito a Suvereto e finito a Ischia con Giardini Arimei e certo non potevamo mancare. Siamo sul versante di Forio, salendo verso il monte Epomeo troviamo la via Pietra Brox con il civico 51 Bis; tra casette in tufo, una cantina scavata in un unico masso di pietra nel 1700, palmenti in bella mostra e vigne che si diramano a terrazzamenti verso il mare con le parracine (muri a secco in tufo verde) a far da cornice. Con due guide d’eccezione Michela Muratori e Serena Gusmeri, direttore tecnico dei due poli campani dell’”Arcipelago”, ci incamminiamo nei viottoli che disegnano un paesaggio unico di vite e rocce nel versante sud-ovest del monte Epomeo, tra tralci rigogliosi di Uva Rilla con i grappoli compatti, succosi e molto zuccherini e il Fiano che concorrerà, con sua piccola percentuale di circa il 10%, nel Pietra Brox Ischia Bianco Superiore DOC, per un sorso fresco che non tradisce le sue origini e la sua terra: un vino che fa della semplicità il suo punto di forza, perfetto come aperitivo o su piatti a base di pesce non troppo elaborati. Ed e’ proprio con il Fiano che ci accingiamo a vendemmiar con guanti e cesoie. Una dopo l’altra le cassette si riempiono e il piccolo trattore ci raggiunge, tra terrazzamenti e piccole stradine tra le viti, la raccolta diventa una piccola impresa di cui siamo orgogliosi. Si torna su dove ancora si usano i tradizionali palmenti, rimodernati e rigenerati, per un vino dal sapore antico. Come antica e piena di fascino è la cantina con la bottaia avvolta dalla “pietra verde”, e mentre siamo lì arrivano le nostre cassette e la nostra fatica, e parte spedita la vinificazione con l’utilizzo di una pressa soffice pneumatica. Dopo tanto “sudore”, ci godiamoci il piacere della tavola, tra bruschette con pomodorini isolani e la famosa insalata cafona ischitana a base di patate, cipolle, pomodorini, sedano e melanzane sott’olio: una delizia accompagnata dalla piacevole sapidità del PietraBrox. A seguire apprezziamo la pasta e fagioli e finiamo con il fiore all’occhiello dell’azienda, l’idea sul quale ha puntato Giardini Arime: l’omonimo passito secco. Un vino unico con le sue cinque tipologie di uve autoctone: Forastera, Biancolella, Uva Rilla, San Lunardo e Coglionara, raccolte in tre stagioni con sette vendemmie consecutive per un vino passito dove la struttura e la morbidezza si abbracciano in una piacevole armonia. Attenzione può creare dipendenza, ormai io non ho speranze ☺.
Grazie 1000 a Michela per averci accolto e fatto sbirciare un po’ la vita del vignaiolo.
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