All’ imbocco di via Salvator Rosa c’ è una palazzo alto, scrostato di antica vernice rossa, circondato da una scala grigia appoggiata alla strada come un braccio, dalle finestre socchiuse sembra osservare una Napoli tormentata dalla pioggia di un anomalo luglio.
Una strada questa, intrisa dalle immagini dei racconti di Giuseppe Marotta e dove forse un giovane Eduardo De Filippo scendeva pensoso con un manoscritto inedito sottobraccio, verso l’ oro di Napoli.
Una pioggia stanca di appartenere alle nuvole cade pesante sulla città, sembra una tenda fatta di ritmi di gocce e scostando questo liquido sipario si riceve il premio per aver attraversato il temporale, entrando in Caseari Cautero.
Questa è una bottega che troverete appena sotto il livello della strada che continua nella sua salita, un po’ nascosta agli occhi, come un frutto di sottobosco in penombra.
Qui lavora Salvatore Cautero, un custode della ricerca del buono, che con la tenacia propria dei sognatori puri ha creato quello che è uno scrigno di perle gastronomiche nostrane e non solo, sguardo rivolto anche a prelibatezze d’Oltralpe, da una fine selezione di champagne a prosciutto mangalica, una sorta di stradario che indica vie secondarie e sconosciute ai lati di un’autostrada affollata da gusti banali e sempre uguali.
Salvatore riesce a conquistare la vostra fedeltà con la sua competenza generosamente spiegata in parole semplici e familiari, fatte di racconti che ci conducono a scoprire un volto umano dei prodotti, con aneddoti e storie che hanno il suono dello scorrere di fiumi e il gusto di un viaggio in auto, su ponti che collegano il nostro mondo con la scoperta di qualcosa di nuovo.
La sua energia comunicativa lo ha spinto a creare momenti di incontro tra ricercate selezioni enogastronomiche ed un pubblico di amatori sempre più vasto, attimi di pura convivialità che vedono completata l’anima delle serate con gli spadellanti interventi di uno chef sensibile come Carlo Olivari, con la sua gastronomia itinerante tra tradizione ed innovazione, variazione elegante dello street-food.
Si parla sempre di salotto buono della città ma credo che si debba uscire da questo concetto, da quelle quattro mura per entrare nelle strade e vivere questo rinnovato movimento del gusto, posizionando lì il nostro divano dove la gente vive e rivive se stessa ogni giorno, tra le vie di una Napoli eternamente calpestata ma mai abbastanza consumata da impedirti di andare via ma anche di tornare.
Una cultura del buono quella che il nostro vuole diffondere, voglia di qualcosa che in fondo è nelle corde di ogniuno e come chiaramente il suo motto dice ”il buono si attrae”, ma vi dirò di più…crea dipendenza.
BUONO lavoro Salvatore
Foto di Luciano Furia
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