Di Ernesto Colicino
Deliziosa serata quella dello scorso lunedi 14 aprile alla Trattoria dell’Oca, tenutasi in occasione della tradizionale cena di fine corso, organizzata dal direttore Tommaso Luongo congiuntamente a Gabriele Pollio, sommelier del corso. Singolare e divertente l’idea di suggerire a tutti i partecipanti, poi, di presentarsi ciascuno con almeno una bottiglia di vino a scelta. La trattoria dell’Oca è una gradevolissima location, le cui piccole salette dalle tinte calde, grazie ai colori pastello delle pareti e dai mobili in legno, sembrano donare un senso di casalingo abbraccio all’ospite. Nell’ultima di queste salette, occupata dall’allegra brigata di trenta e più anime dell’AIS, fa mostra di sè anche una buona selezione di bottiglie non banali, che induce a pensare che la proprietà dedica un’attenzione speciale all’offerta enologica (altro bonus). I futuri sommelier arrivano alla spicciolata, qualcuno anche con ritardi mostruosi… Nel frattempo vengono consegnate e assiepate le bottiglie (una addirittura coperta con carta stagnola….mah!): su un bancone i rossi, in un contenitore colmo di ghiaccio i bianchi e qualche vino dolce. Guido Fusco, Franco De Luca, Ernesto Lamatta, Andrea Cerino, Gabriele e Tommaso, i professionisti del settore cominciano a scambiarsi battute e apprezzamenti per le scelte e ad indagare su chi abbia portato cosa. Anche se maggiore curiosità continua a destare la bottiglia “con la carta stagnola”…. Dopo più di un’ora e mezza di attesa di un paio di “studenti”, ancora non giunti sul posto e con un discreto languore sempre meno educatamente celato dal gruppo, il suddetto Direttore Tommaso decide di aprire le danze. Si comincia con l’apertura di un jeroboam di champagne Thienot, che ben si coniuga ad una fritturina all’italiana assolutamente non untuosa, corredata di cornetto di bresaola ripieno. Buona la prima. Si prosegue con seconda frittura di alici e calamari, sempre cucinati perfettamente. Comincia la “tracchiata” di bottiglie. Ovviamente si parte dai bianchi. Chi scrive ricorda un Sauvignon di Franz Haas, un Gewurtztraminer dell’Abbazia di Novacella, altri splendidi prodotti che vanno dalla Puglia, alla Campania, fino ad un piemontesissimo Blangé Arneis di Ceretto…. il trionfo di un’Italia unita almeno per una sera… Arrivano gli ospiti ritardatari. Continua il valzer dei calici (sempre troppo poco pieni!), aumenta il volume delle voci, si comincia a sentire qualche risata scomposta…. Nel frattempo qualcuno aveva pensato di togliere la carta stagnola dalla bottiglia e di stapparla per far ossigenare il suo contenuto e, vista l’età della “bimba” è stata una mossa saggia: trattavasi di Barbaresco di Gaja 1997 (‘o frato tuoio! – ndr). I maccheroncelli al sugo e un risottino mantecato al profumo di mare ci confermano l’iniziale sensazione che alla Trattoria dell’Oca si mangia proprio bene! Il roast beef con salsa di prugne porta inevitabilmente al clou della serata: i rossi…. Lo scrivente, a questo punto della serata, ha qualche black out di memoria (giustificato) sulla sequenza di bottiglie di calibro che vengono servite. Vale assolutamente la pena di citare almeno un superbo Barolo Spinetta 2007, un Barbaresco dei Produttori, mentre comincia ad essere portato ai nasi degli astanti, a mo’ di Santo Graal, il primo calice di Gaja, almeno per un primo esame olfattivo. Pare che convinca tutti della sua aura regale. Non è dato sapere se alla fine tutti abbiano degustato il Piemontesone in questione, anche se si parla di millilitri, ma a giudicare dalle facce, contente e sufficientemente eloquenti, sì. Ad ogni modo sarebbe occorso maggior tempo per la decantazione. Il vino si è mostrato un pò reticente. Con una pastiera “comm’a faceva mammà”, innaffiata da un Muffato della Sala 2005 e da uno Chateau Rieussec 2003, si chiude in bellezza la serata, lasciando a tutti un finale di bocca dolcissimo, in attesa di rivedersi ad ottobre per una nuova galoppata verso la meta.
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