Di Gerardo Vernazzaro*
Ieri un’altra conferma dell’ attenzione che sta suscitando ultimamente questo piccolo grande vino, ma soprattutto delle potenzialita’ fino a pochi anni fa sottovalutate che invece stanno adesso man mano affiorando nelle consapevolezze dei degustatori, ed in particolar modo in quelle dei produttori “attenti” che sono sempre piu’ fiduciosi per il futuro di quello che fino a poco tempo fa, veniva definito sbrigativamente “figlio di un Bacco minore“. Le ultime degustazioni in ordine di tempo a cui ho partecipato: quella di Campania Stories al Grand Hotel Parker’s di Napoli con giornalisti nazionali ed esteri e quella di ieri sera tenutasi all’ enoteca La Botte di Caserta, con oltre 70 partecipanti venuti per degustare e sentir parlare di Piedirosso (e pensare che nello stesso momento giocava il Napoli …) sono appunto le testimonianze dirette e tangibili delle possibilita’ di questo vitigno. Ma veniamo a ieri sera: la degustazione e’ stata condotta magistralmente dal patron di casa Marco Ricciardi, con il geologo e sommelier Antonio Galileo e dal bravo e “sensibile” collega, Maurizio De Simone. Ben 18 piedirosso provenienti dai Campi Flegrei,Vesuvio e Sannio con annate recenti e a seguire due batterie con Piedirosso Campi flegrei 2009-2007-2005 e -udite, udite- 2003, vere sorprese? No conferme! Almeno per me, con vini integri nel frutto, senza segni di cedimento alcuno, note salmastre e minerali sempre in evidenza (forse qualcuno meritava di essere aperto qualche ora prima, ma con un po’ di attesa nel bicchiere, tutto al posto giusto…). Le considerazioni da fare su questi vini con qualche anno in piu’ sono le seguenti:
1) Vini di certo non nati per essere bevuti oggi, o comunque non progettati per tenere in tempo;
2) La consapevolezza viticola scarsa soprattutto se si arriva ad oltre 10 anni fa;
3) Poca fiducia o meglio “fede” nel vitigno e nei territori di appartenza.
Oggi le cose sono cambiate e ci sono alcuni produttori che stanno facendo la differenza e stanno aprendo le porte a un nuovo e luminoso futuro per questo vitigno -vino e soprattutto per il territorio dal quale proviene. Durante la degustazione e’ stato delineato un profilo che va da quello Flegreo piu’ snello e scattante, a quello del Sannio piu’ deciso e corposo e che non da spazio alle trasparenze e quello del Vesuvio che si colloca nel mezzo di questi antipodi sensoriali. Un dato preoccupante e’emerso dalle slide presentate da Maurizio: negli ultimi 50 anni da 4000 ettari siamo arrivati fino agli attuali 700 ettari di piedirosso coltivato, questo dovuto soprattutto alla difficolta’ di coltivazione del vitigno, alla scarsissima resa e nonché alle difficolta’ di vinificazione per la sua tendenza alla riduzione. Forse questa riscoperta, questa attualita’ del vino Piedirosso, intesa in termini di possibilita’ di abbinamento gastronomico, per la tendenza del mercato a prediligere vini piu’ sottili ed eleganti e comunque fortemente legati al territorio, potrebbe essere la leva giusta per continuare ad investire in ricerca viticola e incoraggiare i produttori a ripiantarlo dando pero’ Valore Aggiunto a questi piccoli cru, gocce nel mare del vino globale . Anche se le istituzioni, i consorzi, e chi di dovere, non dovessero assolvere a questa esigenza, sarà sufficiente che ogni produttore ” serio” continui a dare impulso positivo a questo vitigno, ognuno a suo modo modo suo ed in base alle sue possibilita’ economiche, colturali e culturali, per poter affermare con convinzione che nel prossimo decennio ne vedremo delle belle.
Il futuro e’ rosa , no e’ rosso , anzi no e’ PIEDIROSSO !
*Enologo di Cantine Astroni
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