Di Giuseppe Rea
La nascita del Consorzio Sannio D.O.P. segna sicuramente un momento importante per la valorizzazione, la tutela e la promozione di un comparto vitivinicolo e di un territorio dove la vite è il segno inequivocabile dell’identità culturale e sociale dell’intera comunità sannita.
Lunedì 17 Marzo nella luminosa aula magna all’interno di “ Eccellenze Campane” si è svolta una significativa degustazione, dove oltre a mettere in evidenza l’importanza dei vitigni simbolo del Sannio, si è data luce al vitigno Falanghina, evidenziando soprattutto le sue potenzialità evolutive.
A tale scopo, sono state degustati cinque vini da uve Falanghina, provenienti da areali e produttori diversi all’interno del distretto vitivinicolo denominato Sannio.
La prima Falanghina degustata, dell’Azienda “Corte Normanna” millesimo 2012, si presentava timida nel colore, al naso regalava sentori giovanili e ricordi di fermentazione, fresca ed intensa; la forte componente acida gestiva tutto lo sviluppo gustativo e si configurava anche come elemento di forza ed unione, tra sapidità ed alcolicità.
La seconda Falanghina,“Fois”, millesimo 2011 dell’Azienda Cautiero, si poneva in netta evidenza attraverso una cromaticità più dorata, preannunciando morbidezza e garbo che accompagnavano e sostenevano il corpo snello del vino.
Il terzo assaggio, Falanghina del Taburno “ Terra dei Briganti” 2007, si annunciava con tonalità più ricche e luminose, oro chiaro, mineralità e note salmastre all’olfatto, il frutto vivo e mai stanco, faceva da sponda alla sapidità ed il corpo verticale, spinto e sorretto dalla componente acida regalava profondità e persistenza.
Quarto vino, “ Vàndari” Sannio Dop Falanghina, millesimo 2003, Antica Masseria Venditti; in veste oro luminoso, segno del suo stato evolutivo, integra e unita, predominava l’alcol mentre la spalla acida conduceva la persistenza gustativa avvolgendo il palato con un manto lungo ed a tratti nervoso.
Da un ambizioso progetto culturale dell’azienda Fontanavecchia, nasce il quinto vino, Falanghina del Taburno 2001; l’iniziale chiusura olfattiva, accompagnata da nobili note ossidative che richiamavano l’ambra, sfidavano il tempo, vivacità nel colore e note di frutta secca si dispiegavano successivamente regalando una beva importante, pervasiva, equilibrata e mai decadente, avvolgente, con profilo alcolico ben fuso nella trama gustativa.
E’ certo che tutto il vino nasce dal frutto e quindi dalla terra, ma è ogni giorno più evidente che solo il “genio” umano può trasformare l’uva in un grande vino, che tale può essere riconosciuto anche se non manifesta fedelmente le caratteristiche tipiche degli acini da cui nasce.
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