La vite, come ogni pianta da frutto, é un essere mirabile. Come in ogni opera della natura, vi si trovano la storia, la geografia e le scienze, profondamente legate alle storie, alle geografie e alle conoscenze degli uomini.
Ecco un grappolo di uva nera, quasi maturo, visibile sotto le foglie di colore verde scuro, come grandi palme di mano stese a proteggerlo dai raggi del sole di agosto. É un incontro inatteso; stavamo facendo una passeggiata in collina, in cerca di null’altro che un poco di frescura nella stagione calda; non vi sono campi coltivati intorno, né vigneto, né orto, chi poteva prevedere di incontrare una vite. Questo grappolo, come gli altri, distanti, pende da un lungo ramo fronzuto, steso al suolo, come altri rami in altre direzioni, altri grappoli pendono al vento e al sole da rami piú fortunati, che si sono arrampicati lungo un albero o su una parete, tutti originati da un ceppo rugoso, corto e robusto, dal colletto calloso, sotto il quale sappiamo che una forte trama di radici si insinua nel terreno tra i sassi e nelle fenditure della roccia.
Sappiamo che le radici sono profonde perché un tempo una mano ha pensato dove c’è vite c’è acqua e ha scavato la terra e ha portato alla luce tanti metri di fibra forte e ramificata da dimostrare che la pianta nascosta sotto il suolo é altrettanto estesa di quella sopra, che l’occhio puó sempre tenere in vista. É cosí che abbiamo appreso come il poco dell’acqua insieme al tanto dei sali della terra possano correre lungo vene tanto lunghe fino a nutrire quell’acino nero e farlo cosí ricco e dolce, ma mai tanto ricco e dolce come da quando il contadino lo ha cominciato a coltivare, facendosi vignaiolo, poiché la pianta da vite si é fatta vigna, la terra si é fatta geografia, il ciclo delle stagioni si é fatto storia. Il contadino ha imparato che accorciando il ramo il frutto si arricchisce, cresce come la pianta, piú forte, pieno e sano; che tagliando alcune foglie il sole raggiunge e matura meglio il frutto; che aiutando la pianta a crescere, a sfidare le stagioni, a combattere i nemici e le malattie, il premio va a entrambi; cosí si é fatta la trasformazione.
Se dalle grandi parole scendiamo nelle piccole, dalla visione lunga e grande andiamo a scrutare nelle movenze del lavoro quotidiano, appare la costruzione della conoscenza, come un teorema spiegato nei suoi passaggi, dal nodo dell’enunciato alla linea della soluzione, sviluppando il filo della logica.
Ecco il grappolo di uva nera, pronto, tra le foglie verde scuro, offrire un acino alle dita esperte, schiacciato, versare il succo sul vetro del cromorefrattometro, la macchinetta che, orientata al sole, scompone il raggio di luce che attraversa il succo in una banda di colori e la proporzione dei colori dichiara se l’acino é maturo. Un altro acino si presta alla prova dei denti e del palato, perché i sensi allenati possono rivelare ancor piú elementi, gli zuccheri, la qualitá degli acidi, alcuni aromi, il tannino nella buccia. E questo é solo l’inizio, di un cammino che porta il vignaiolo al cantiniere, che porta il grappolo con gli altri al tino, ai mosti che scorrono, ribollono, riposano, passano, ormai fattisi vini, per alcuni é ora di andare in bottiglia, per altri c’é una botte preparata che attende, altro riposo, alla bottiglia si va dopo. Una famiglia di teoremi ogni volta svolti in passaggi di varianti diverse, la soluzione che cambia, la logica che si perfeziona, ad ogni raccolta d’uve una novitá e l’esperienza che cresce, fino a capire che si puó camminare anche a ritroso, ricavare i passaggi dalla soluzione desiderata, applicando gli strumenti della tecnica nel rispetto del disegno della natura, ovvero fare il vino che abbiamo in mente, anzitutto portando dentro di noi le condizioni a noi esterne, a partire dal luogo, dalla terra e dalla vite, per poi formalizzare i passaggi, i dettagli, guidando i processi che si svolgono in vigna, in cantina, in bottaia, col minimo degli interventi, con l’economia di movimento dell’ermellino in inverno, o dell’arciere…
“Tra le molte virtú di Chuang-Tzu c’era l’abilitá nel disegno. Il re gli chiese il disegno di un granchio. Chuang-Tzu disse che aveva bisogno di cinque anni di tempo e d’una villa con dodici servitori. Dopo cinque anni il disegno non era ancora cominciato. «ho bisogno di altri cinque anni» disse Chuang-Tzu. Il re glieli accordó. Allo scadere dei dieci anni, Chuang-Tzu prese il pennello e in un istante, con un solo gesto, disegnó un granchio, il piú perfetto granchio che si fosse mai visto” (Italo Calvino, Lezioni americane, Einaudi).
Ringraziamo quindi l’immenso mecenate levando i nostri calici, alla salute della Natura. E attendiamo con fiducia e speranza la prossima vendemmia.
E’ sempre un piacere leggerti, un forte abbraccio !
Sono certo che come il vignaiolo, hai saputo verificare, mettere in pratica, e sviluppare quanto occorrente al tuo progetto.
Con affetto