L’arte del cucinar consiste nel dono di usare le mani al fine di moltiplicare il piacere che vive nell’intervallo, fatto di spazio e attesa, tra il boccone e la lingua. E la trazione che spinge il più straordinario degli organi fino a tendersi come una corda di violino o contrarsi come atomo in implosione è tanto più forte quanto miracoloso è il prodigio partorito da quelle mani d’artista. Per un grande Chef ogni piccola variazione ad un copione recitato milioni di volte è in grado di generare una nuova versione di quell’originale mai uguale a sé stesso.
Così, l’atto di cuocere in olio bollente, se realizzato da chi ne ha il senso e la misura, può trasformarsi da trasfigurazione a vera ri-genesi.
Tale è il compito che si offre a chi intende ergersi al rango di Friggitore. Tale lo spettacolo disponibile agli occhi degli intervenuti alla corte del Quartum Store il dì 19 Giugno 2013.
Nome dell’opera: “A tutto fritto”. In una notte calda alle porte dell’estate colori e consistenze di elementi in frittura son mutati in pentole a fare da specchio ad un cielo trapunto di stelle, e da sfondo ad una dimora del gusto oramai giunta alla meritata gloria.
A narrare storie e tradizioni dell’antica arte di friggere, la regalità, la professionalità e l’esperienza di Laura Gambacorta e Giustino Catalano.
A prodursi nell’opere d’arte culinaria due veri baluardi della Napoli vera, interpreti della filosofia del “mordi, fuggi e ricorda per sempre”, rispondenti ai nomi di Attilio Bachetti (pizzeria Da Attilio, Pignasecca, Napoli) e di Salvatore Di Matteo (pizzeria omonima di Via Tribunali, Napoli). Ad accompagnare i maestri del fritto salato, l’altrettanto glorificato Francesco D’Alena (pasticceria Nautilus, Giugliano), alchimista della versione zuccherina del fritto.
Il menu, vero manifesto del girone dei golosi, ha annoverato le più ammalianti, fumanti e bollenti versioni della tradizionale cottura in pentola, dall’arancino alla zeppola, passando per panzarotti e melenzane, per finire con montanara e duplice interpretazione di pizza fritta. Dulcis in fundo le bombe alla crema e le immancabili graffette, tanto per friggerci su.
A dar piacere ai palati reclamanti la più nobile delle bevande, due delle etichette delle Cantine Di Criscio, vale a dire l’Asprinio Spumante Brut, e l’Aglianico Igt Barrique, estrosamente abbinati con quanto di solido e salato offerto al palato. Ad affiancare i dolci, invece, i nobili liquori della Distilleria Amato.
L’arte del cucinar consiste nel dono di usare le mani al fine di moltiplicare il piacere che vive nell’intervallo, fatto di spazio e attesa, tra il boccone e la lingua, e la mia mente è ancora intenta a calcolare il risultato di quella moltiplicazione, che tanto me ne ricorda un’altra, che da questa si differenziò per il fatto di afferire alla quantità, ma ad essa è assimilabile per la dote di avere del miracoloso…
Durante l’evento ho avuto modo di rivolgere qualche domanda ai due Friggitori. Ecco a voi l’intervista
Domande a Salvatore Di Matteo
Qual è il segreto di un buon fritto?
Molto semplice: temperatura alta, molto olio, e un po’ di esperienza
Quanto conta l’olio nella frittura?
Abbastanza. Innanzitutto io consiglio l’olio di semi, siano essi di arachidi o di girasole, sia per il punto di fumo, sia per la maggiore controllabilità. Ne esistono diversi tipi corrispondenti a qualità diverse. La differenza c’è, e si vede all’occhio per colore e brillantezza, ed al naso.
Domande ad Attilio Bachetti
Come si riconosce un buon fritto?
Un buon fritto non deve essere mai unto. La cottura deve essere omogenea e non creare l’effetto “bruciato”. Anche un buon odore è indice di una buona riuscita. In fine, aprendo ciò che si è fritto si ha la certezza che oltre l’esterno anche l’interno della pietanza dia cotta a dovere
Quale errore non commettere mai friggendo?
Guai a lesinare con l’olio.
Scrivi un commento