Armando Castagno

Di Annito Abate

Il programma del Master conclude la poliedrica visione della Campania del Vino, intra moenia ed extra moenia, raccontata, con piglio olistico, da 5 grandi attori, ognuno con la sua parte, ognuno con il suo carattere, una “rappresentazione” in 4 Atti + 1 per emozionare il pubblico degli appassionati:

  • Primo Atto , Pierpaolo Sirch, in … “L’Agronomo”
  • Secondo Atto, Luigi Moio, in … “L’Enologo”
  • Terzo Atto, Manuela Piancastelli, in … “Il Comunicatore” (le voci di “dentro”)
  • Quarto Atto, Piero Mastroberardino, in … “L’Economista”
  • Atto Conclusivo, Armando Castagno, in … “Il Comunicatore” (le voci di “fuori”)

 

Atto Conclusivo: Armando Castagno, in … “Il Comunicatore” (le voci di “fuori”)

 

Si parte 0-0Si può immaginare la piacevole sorpresa, mista ad emozione, quando sugli schermi giganti della Sala è apparsa la frase che ho utilizzato finora per presentare e descrivere  questo evento: “le voci di fuori” di Armando Castagno in “contrapposizione”, culturale, alle “voci di dentro”, di edoardiana memoria, “recitate” da Manuela Piancastelli in un precedente incontro.

Si entra subito nel vivo di quello che si preannuncia essere una partita avvincente ed impegnativa tra  “Campania” e “Resto del Mondo”.

Pubblico numeroso, palla al centro, primo fischio dell’arbitro: “0 – 0” si inizia!

a Santa SofiaIl vino della Campania è una locomotiva della Regione, è l’ammiraglia che può “trascinare” l’intero settore, il suo essere “eccellenza” è un fatto oggettivo ed un fattore legato al territorio che è paragonabile alle altre “isole felici d’Europa”: «In molti Paesi se le sognano e qui esistono, non resta, allora, che “costruire”» dice Armando Castagno in apertura.

Nella galleria settentrionale della Chiesa di S. Sofia ad Istanbul è stata ritrovata una decorazione musiva parietale che ritrae l’Imperatore Alessandro con in mano due oggetti: nella sinistra ha il mondo mentre nella destra un umile pezzo di stoffa: «Per me il sovrano regge la Campania che io vedo proprio come un “semplice” sacchetto di seta con all’interno della terra» replica Castagno regalando, al pubblico attento, un’altra “voce di fuori”.

“Rete”: 1 – 0, “Qualità del vino assoluta e comparata”, Campania in vantaggio.

La Regione è, quasi nella sua totale estensione, Terra di potenziale produzione di vini di straordinaria espressività ed originalità, due termini che “confinano” con la “verità”.

Raddoppio immediato: 2 – 0, “Diversificazione della produzione, molto caratterizzata”.

La Campania è un mosaico di splendidi paesaggi ed il vino deriva da questa diversificazione di ambienti e territori, anche molto diversi tra loro e con evidenti differenze espressive in cui ogni Produttore riesce a trovare la sua “strada” al netto delle scelte stilistiche; il Greco a Tufo, ad esempio, è l’emblema di un areale che si identifica in maniera ipogea, il Fiano, con i suoi caratteri, riesce a sbalordire anche i Vigneron Francesi.

Quando la soddisfazione, e la sicurezza di avere già in tasca il match, serpeggia tra il pubblico arriva la doccia fredda e gli “avversari” accorciano le distanze.

2 – 1, “Scarsa disponibilità di grandi e grandissimi passiti o vini fortificati”.

Bianco-secco Rosso-secco può diventare uno schema limitante ed il vantaggio di avere territori “freddi” con uve dall’interessante bagaglio aromatico sembra non essere sfruttato. I grandi rosati del Mondo vengono “progettati” dalla vigna e questa, ad esempio, è un’altra tipologia in crescita che diventa, anche per il sommelier, un passepartout straordinario per abbinamenti eccezionali con la Cucina Campana.

Non si riesce, poi, ad uscire da un “rosso schematico” (pesante, tannico, strutturato) quando si potrebbero pensare dei vini “nuovi”, di classe, inni alla leggerezza con sorprendente bevibilità.

«Mi preoccupano i nuovi disciplinari del “Casavecchia”, un vitigno che ha una naturale vocazione per la dialettica; ho riempito il bagagliaio dell’auto con un “base” solo acciaio prima dei “nuovi arrivi”» dice Armando Castagno che poi, immediatamente, replica «Una voce potentissima degli ultimi anni è uscita dal “Piedirosso” che è stato declinato in espressioni struggenti di leggiadria. Si possono fare vini unici e far pagare per questo».

Uno “stadio” ammutolito per il gol eccezionale subito ma la Squadra di Casa ha uno slancio di orgoglio ed insacca la sua terza rete.

3 – 1, “Eccezionale lavoro sul germoplasma indigeno: regione basata sui vitigni locali”.

Ed i volti degli avversari si tingono di gialli e tinte bruciate come gli indigeni delle tribù Maori; tra i locali esistono grandi osservatori, comunicatori, degli umanisti anche tra i Produttori che hanno la lungimiranza di mettere a disposizione preziose informazioni. Il Vigneron della Campania sa che è un custode, a tempo, della terra, non si sente “il padrone” come, ad esempio accade in Toscana, in Campania si fa ricerca continua, qui alberga conoscenza e curiosità.

Non c’è che dire proprio un bel punto a favore di una Terra che appare sempre in recupero ma, non si è neppure finito di gioire che un fendente avversario mette a segno un altro duro colpo per la squadra di casa.

3 – 2, “Sventramento di porzioni di territorio di altissimo pregio ambientale e agricolo”.

Non c’è nulla da dire, questo è veramente un punto difficile da digerire; un tesoro, quello della vocazione agricola distrutto, restano brandelli di vigne cittadine che serbano prodotti di un livello fuori dall’ordinario: «ho mangiato la migliore rucola di sempre proveniente dai campi di Cantine Astroni».

La partita rischia di diventare “nervosa”, la Campania sembra “distratta”, arranca, gli avversari attaccano sui lati che sembrano più deboli ed, infatti, arriva la rete del pareggio, questo è un gol ancora più duro da inghiottire, cala il gelo tra il pubblico!

3 – 3, “Deterioramento del territorio urbano, anche in aree ricomprese in Denominazioni d’Origine”.

The Garbage Patch State”, ovvero, per dirla alla Partenopea Maniera, “La Nazione della Munnezza”: nove chilometri di lunghezza per un’altezza pari al Monte Everest ha ottenuto un simbolico The Garbage Patch Statericonoscimento istituzionale attraverso “Wasteland”, l’opera di Maria Cristina Finucci, un nuovo Stato con tanto di Costituzione e Bandiera ideata dall’artista per sensibilizzare la comunità con vortici rossi, come quelli che sul Pacifico hanno convogliato i rifiuti portati dai fiumi o scaricati dalle navi.

Un lato estremamente negativo, forse il più triste e famoso, un senso di angoscia ed impotenza che non si può sedare e neppure attutire sotto il motto “mal comune mezzo gaudio”.

Un gol subito molto meritato che dovrebbe servire da sprono per uscire da questa fase di pericoloso stallo.

La squadra si riorganizza, il Mister mette ordine tra le fila ed effettua qualche sostituzione; le azioni si susseguono, la Campania ha una storia da difendere, attacca e riesce a mettere a segno il punto del nuovo vantaggio.

4 – 3, “Straordinaria e spontanea espressività dei vini “base”, o “annata”.

Verità, sinergia, espressione diretta del territorio, zone in crescita (I Campi Flegrei, ad esempio) che puntano sul genius loci con espressioni enoiche che si attestano, sempre più, tra il “molto buono” ed il “fenomenale”.

Bene, la tattica sembra funzionare ed infatti non tarda ad arrivare un’altra rete! Che si preannunci una goleada? Calma sembra dire l’allenatore dall’alto della sua esperienza.

5 – 3, “Vocazione per una futura, capillare “zonazione” di gran parte del territorio”.

Le espressioni molto diverse in uno stesso territorio diventano una stratificazione straordinaria di terroir; i nuovi disciplinari sono più attenti alle menzioni territoriali (si veda il “Rossese di Dolceacqua”). In Campania, ad esempio, si trovano denominazioni che includono vitigni che si esprimono in maniera molto differente e su territori molto diversificati, anche a poca distanza; si pensi ai tre vitigni, Piedirosso (leggero), Aglianico (pesante) e Primitivo (accumulatore di sole). In questa Regione si tramanda, da sempre, la cultura contadina che “tutela la verità” e quindi la produzione all’interno delle Denominazioni d’Origine.

La squadra gira bene e lo stadio esplode in un altro boato di gioia.

6 – 3, “Nuova, brillante generazione di giornalisti, comunicatori, enologi, agronomi, produttori …”.

In Campania c’è una splendida attitudine a tramandare; questa “secca triangolazione” scopre il centrocampo, la difesa avanzata non fa in tempo a ripiegare e gli avversari accorciano le distanze.

6 – 4, “Estrema scarsità di archivi storici di vecchie annate”.

Una nota dolente, il solito punto debole! In Campania, tranne rare eccezioni (Mastroberadino, per citarne una, che è arrivato a fare una degustazione fino all’annata 1928) è difficilissimo, se non impossibile fare delle verticali storiche. Lo storico di Cantina è una vera e propria macchina del tempo, raccontare di bottiglie del passato è un prestigio ed una grande qualificazione per il territorio.

L’andamento, ondivago, della partita e delle squadre riemerge evidente quando le distanze si accorciano nuovamente con un nuovo gol subito.

6 – 5, “Polarizzazione del sistema informativo; esistenza di un “sistema informativo”.

Quasi allo scadere del 90° minuto la gara si incattivisce, la tensione in campo sale e si trasmette anche all’arbitro che comincia ad “ammonire” a dritta e a manca per far prevalere la “correttezza”

«Non c’è critica, sembra di assistere solo ad un sistema di public relations» afferma Armando Castagno «Il giornalista deve comunicare qualcosa, si deve capire che il terminale è il consumatore finale e non l’Azienda Vitivinicola; non agendo correttamente si inficia l’autorevolezza, la promiscuità è perniciosa!». Beh, penso, mi sembra vero e corretto, infatti, nello sport, nel cinema, nel teatro, in molte arti figurative, anche in letteratura non si teme di fare critica, anche di mettere in atto “grandi stroncature”. Nel mondo del vino questa sana e trasparente “severità”, spesso, non si percepisce, anzi sembra non esistere proprio.

In Campania questo “dato” è molto presente. Un gol che chiama un altro gol, quello del pareggio … ancora terrore allo stadio! La squadra “avversaria”, ora, sta giocando meglio!

6 – 6, “Problematico funzionamento dei Consorzi di Tutela pur presenti in ogni singola area”.

In Francia è lo Stato, attraverso l’INAO (Institut NAtional de l’Origine et de la qualité), che è proprietario, una Cantina è stata “declassata” perché il Vigneron è andato a prendere la terra a monte, in un’altra zonazione, praticamente la stessa area; ora il suo vino viene venduto ad un prezzo molto inferiore per questo motivo. Lo Stato è presente, attento, vigile a garantire la qualità, a tutelare il mercato nella sua vera essenza.

In Italia cosa rappresentano i Consorzi? Che emanazione sono? Lo Stato quanto agisce sul loro funzionamento? Le risposte si possono immaginare e trovare nelle pieghe di leggi e statuti ed anche, a volta, trasfuse nei disciplinari.

L’orgoglio della Campania viene fuori che, sul recupero, riesce a sbloccare il risultato in suo favore e vincere la partita, seppur di una sola lunghezza.

7 – 6, “Sensibilità concreta al dato territoriale di quasi tutte le maggiori aziende della regione”.

Molti dei Produttori, i più grandi, sono spesso i migliori e propongono vini di qualità; ci si rivolge, sempre più sovente, agli appassionati competenti: «la comunicazione la fa la critica» conclude Castagno.

Triplice fischio e tutti negli spogliatoi, è stata, nel complesso, una goleada equilibrata ed armonica che ha portato ad una vittoria “risicata”; l’arbitro ha voluto “premiare” la squadra di casa altrimenti sarebbe stato un “grande pareggio” anche se, va detto, in campo non ci sono state altre grandi occasioni per gli “avversari” di turno.

Risultato, allora, stabile ed equilibrato, caratteristiche che dovrebbero avere i grandi vini, quelli che riescono a “rallentare il tempo”.

Fuori dal match, prima della “doccia” e del “brindisi-degustazione”, Armando Castagno risponde a qualche domanda di Giovanni Ascione.

«Mi interessano le differenze espressive dei vari vitigni, non esiste un’idea assoluta di vino perfetto, non può essere indipendente dal suo territorio, esiste la vocazione». Questa la sintesi delle risposte a varie domande, anche da parte del pubblico. Poi Castagno con l’onestà intellettuale che lo contraddistingue non elude altri quesiti.

«Mettiamo un filtro quando si vuole considerare l’aglianico come il portabandiera della Campania, l’eccezionalità assoluta della Regione, a livello mondiale, sono i grandi bianchi di sensazionale originalità: il Fiano di Maura Sarno  (Tenuta Sarno 1860) è riuscito a mantenere livelli eccezionali anche in un’annata più povera rimanendo scintillante; i vini di Raffaele Troisi (Vadiaperti) si mettono in moto senza fretta, il Fiano di Antoine Gaita (Villa Diamante) è straordinario nel suo essere espressionista. Temo molto, però la deriva di alcuni Fiano spersonalizzati, in bianco e nero, senza colori».

Il grande comunicatore del vino continua il suo racconto: «il greco è suadente, rispetto al fiano ha bisogno di applicarsi di più ma arriva agli stessi risultati; un premio al lavoro, come “Ivan Lendl” nel tennis che aveva bisogno di allenarsi per ore. Ferrante di Somma (Cantine Di Marzo), Angelo Muto (Cantine dell’Angelo) hanno la capacità esoterica di comunicare nel bicchiere il territorio, una sintonia fine dove emergono i bassi. La falanghina, ancora, ha le caratteristiche degli antichi vitigni espiantati, non è una grande cultivar ma riesce ad entrare in sinergia con il proprio territorio».

Prima di “bere” come non formulare l’ormai consueta domanda sui vini naturali, come non ascoltare, in proposito, anche le “voci di fuori”?

«Scriverei una “prefazione” e delimiterei l’ambito di indagine chiedendomi cosa sono i vini naturali» risponde Castagno alla domanda di Giovanni Ascione su un indice di una probabile pubblicazione sull’argomento «il mondo dei cosiddetti vini naturali dovrebbe depurarsi da coloro che vi “bivaccano” con ignoranza; quello dell’utilizzo della “solforosa” è un falso problema, la sua demonizzazione è strumentale e non è una tematica “centrale” per l’argomento».

«Equilibrio, verità ed armonia, un vino da invecchiamento lo può fare solo il Buon Dio» ed ispirati dalla rivelazione ma anche dai colori, dai profumi e, per qualche presente impaziente, dai sapori dei vini che abbiamo davanti, la “sala” ascolta, silente, l’elenco dei tre “mettari di dioniso” che hanno emozionato in passato il brillante Relatore: 1) Fiorano Semillon 1971 di Boncompagni Ludovisi – 2) Boca 1950 di Antonio Cerri (oggi Le piane) – 3)  Sancerre Clos la Neore 1959 di Edmond Vatan

Si passa, quindi, ai quattro portati in degustazione: 1) Falanghina “Campi Flegrei” 2010 Contrada Salandra – 2) Greco di Tufo Franciscus 2011 Cantine Di Marzo – 3) Fiano di Avellino 2011 Tenuta Sarno 1860 – 4) Taurasi 2010 Pietracupa.

Quattro vini coerenti tra loro, la freschezza acida li accomuna così come la voglia di continuarli a bere.

Al termine, sui due volti pompeiani dipinti sui teli di proiezione della Sala, cala il sipario su questo quinto ed ultimo atto e sembrano scorrere i titoli di coda di questo bellissimo seminario; i ringraziamenti sono doverosi e possono, semplicemente, essere racchiusi nell’acronimo AIS seguito dal tema portante di tutti e cinque gli eventi: CAMPANIA!