Di Mauro Illiano
Napoli, 25 Maggio 2013, il cielo non ne vuol sapere di donare azzurro al mare, ed una brezza furente avvolge Napoli in una turbina di polvere e sale. Così, stare rinchiusi al caldo nel ventre di una sala d’albergo diventa un piacere per il corpo oltre che per la mente. In cattedra siede un eclettico rappresentante dell’altrettanto eterogeneo mondo del vino. Il Master sulla Campania del Vino, evento organizzato dall’Ais Campania, è al suo quarto appuntamento, ed è la volta del punto di vista dell’economista, che per l’occasione risponde al nome di Piero Mastroberardino.
Il professore si presenta al pubblico con il tipico fare da business man, il tono della voce pungente, ed una cravatta a contrastare una giacca solo apparentemente smart.
La favola del vino, per un giorno, diventa materia da toccare, da pesare, da vendere. Vigneti e casolari, nelle parole dell’economista, smettono i panni di semplice ritratto su tela per indossare la meno nota mise commerciale.
Tante, tantissime le tematiche affrontate, tutte con la precisione chirurgica di chi ha il pregio di poter leggere il dato esterno con gli occhi di chi vive all’interno dello stesso dato. Si parla dei numeri del vino, di dimensioni, capacità reddituali di piccole e grandi aziende. Si parla di marketing, punti percentuali, opinioni e massa critica. Ma si discerne anche di storia, della comunicazione che solo l’uomo può fare e della necessità di viaggiare insieme al proprio vino nel mondo affinché quello stesso vino possa essere realmente apprezzato ed idoneamente collocato.
Piero Mastroberardino conquista lentamente la platea, e lo fa smorzando i toni, rendendo leggibile agli occhi di tutti un messaggio di per sé criptico. Un esempio lo si coglie quando, raccontando la sua esperienza di uomo del vino, e del gran numero di variabili da considerare in tale settore, riprende un avvenimento, spunto di una riflessione, accadutogli in oriente: “Ero in Giappone, ed ero solo un ragazzino, mi capitò di leggere degli idiomi mondiali a più alta probabilità di sopravvivenza. Più che sulle proiezioni, mi soffermai sul metodo valutativo. Appresi che il “discrimen” era il numero di persone che parlavano quella lingua. Ovviamente la maggiore candidata alla sopravvivenza era il cinese, lingua difficilissima ma altrettanto diffusa. Ecco, questo è un esempio che spiega che nel mondo del vino, se si intende essere competitivi, occorre considerare anche questi dati!”.
Poi si torna in profondità tecniche, differendo le vendite spot da quelle a lunga durata, invitando a diffidare dai private labels, che sempre più spesso rovinano l’immagine dei brand loro affiancati in scaffale nella grande distribuzione, o spiegando la difficoltà nel penetrare i mercati in cui permane il monopolio di Stato.
Il maestro parla di economia e di settore, ma a tratti quell’amore per le sue vigne e la sua famiglia sembra trasparire chiaramente dalle maglie dei suoi discorsi tecnici.
Il giro di lancette conduce alla consueta intervista, stavolta condotta da Franco De Luca. Molte le domande, dal rischio dei migliori produttori di rimanere contaminati, nell’opinione collettiva, dai prodotti più mediocri provenienti dalla stessa zona vinicola, alla confusione generata nei consumatori da quei vini venduti a prezzi bassi fino all’inverosimile, passando per l’attualissimo ruolo della grande distribuzione per molte aziende vinicole italiane e la crescente cultura media favorita dal moltiplicarsi dei corsi dedicati al vino e alla gastronomia. Si passa poi alla domanda sui vini Bio, e Piero assume un tono caustico, lì dove afferma che il biodinamico ha rappresentato, nella sua idea, più un veicolo di promozione che una vera filosofia, una strategia di nicchia, che però non è durata molto in Italia, e ciò anche a causa della presenza delle Denominazioni, che di per sé già sono un filtro, una garanzia di qualità. Altro conto è la sostenibilità, che non rappresenta una moda né un’esca.
Dopo una serie di domande dalla cattedra, viene offerto il microfono ai presenti in sala, ed ho l’occasione di porgere personalmente una domanda all’economista:
io: Qual è, secondo lei, la tendenza attuale dei prezzi nel mondo del vino? Mi spiego: l’anno scorso, al London Wine Fair, mi sembrò di capire che il mercato, con ciò intendendo il consumatore medio, è oggi disposto a pagare dai 10 ai 15 euro per un vino. Lei crede che tale tendenza sarà presa in considerazione dai produttori, italiani e non, nella propria politica di produzione e commercializzazione dei vini?
Piero Mastroberardino: E’ vero, c’è una contrazione nel prezzo dei vini a livello globale. Il vero problema sono i tanti passaggi che il vino subisce. E’ anche vero che ridurre il price point è difficile a causa dei molti costi. Ritengo che le aziende abbiano sempre un occhio al mercato, ma che si possa e si debba fare molto anche riducendo la burocrazia nel vino, e di conseguenza riducendo alcuni costi. Se così non fosse, non vedo un gran futuro per i vini italiani.
Una meravigliosa carrellata di immagini raffiguranti una famiglia insigne e delle viti spettacolari mette fine alla parte teorica.
Si procede, in fine, all’assaggio di tre dei Crus della storica azienda, tre i campioni al bicchiere: Il Greco Nova Serra 2012, il Fiano Radici 2012 ed il mirabile Taurasi Naturalis Hisoria 2006, tre meravigliose espressioni di tre territori ed altrettante uve, accomunate da una sola grande filosofia, quella centenaria della famiglia Mastroberardino.
Veramente interessante e coinvolgente. Complimenti
nino manfredi cantava “so’ contento di morire ma me dispiace, me dispiace de morire ma so’ contento”, ecco a me capita questo: soffro tanto spesso per le iniziative ais napoli che perdo, ma sono felice che se ne facciano tante, cosí buone e cosí ben raccontate.
il marketing di un bene ne é parte imprescindibile, anche volendo considerare il vino un’opera d’arte (al proposito abbiamo l’illuminante “l’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilitá tecnica” di walter benjamin) e il dott. mastroberardino di entrambe le cose sa comunicare.
e il sommelier che ruolo ha? come l’architetto, non costruisce materialmente la casa ma senza il suo intervento nei momenti giusti la casa sará assai meno bella e abitabile.
e, al proposito, il buon architetto non realizza grandi cose se non insieme al buon costruttore.
brindiamo quindi alla comunione delle competenze nella casa del vino.
no, non in un calice di cemento.
..Sempre grato vi fui..