Di Luca Massimo Bolondi Il buon agire è come un virus, contagia il soggetto colpito e lo induce al buon agire. Quando Padre Ottavio Fasano ti parla, ed è un discorrere semplice e calmo, senti le parole farsi pietre e porsi l’una sull’altra e costruire, senti la zappa spingersi dalla curva della schiena fino alla terra e tracciare un solco, sai che in quel solco viene posta una pianta, che con l’aiuto della natura e dell’uomo darà frutto. La semplice durezza della vita, sull’isola di Fogo, aiuta a chiarire cosa significa operare per il bene in questa terra, ovvero coinvolgere le idee e la fatica quotidiana verso la creazione del lavoro, verso l’investimento nel futuro, verso lo sviluppo del territorio. Cabo Verde è un paese povero e Fogo è una terra difficile, ricca perché vulcanica ma avara perché piove poco; una comunità dedita all’agricoltura, cioè alla sopravvivenza sulla terra ingrata; una povertà di mezzi di produzione da fare tremare le gambe ai migliori propositi. In questo contesto Padre Ottavio ha portato tutte le risorse finanziarie e tecniche e umane che con la forza trascinante del carisma è riuscito a unire, ha creato quasi dal nulla la vigna per sviluppare l’agricoltura, la casa vinicola per sviluppare l’industria, l’albergo per sviluppare il turismo, realizzando una integrazione coerente tra settori dell’economia, nel segno di imprese dalla forte base etica, che debbono sostenersi sulle proprie risorse pur essendo frutto della cooperazione. Così sono nati le attività produttive Vigna Maria Chaves, Adega di Monte Barro, Case del Sole. Vinha Maria Chaves ha trasformato 23 ettari di sassi e sterpi in un paesaggio di terra e filari di viti, esempio che i vicini potranno imitare, una vigna equatoriale sulle pendici di un vulcano attivo alto 2.400 metri. La genesi del nome è emblematica: Dona Maria era benestante e all’inizio del secolo XX costruì una grande casa tra i baobab, casa di ventiquattro stanze, e dove ci sono ventiquattro porte ci sono ventiquattro chiavi: ecco Maria Chaves. Adega di Monte Barro, alle porte della cittadina di São Filipe, capoluogo di Fogo, sorge su una spianata di duemila metri quadrati ed è il punto di riferimento produttivo per il vigneto isolano, una cantina che può lavorare 1.250.000 bottiglie l’anno e garantire il lavoro dei contadini, stabilità e prospettive per i giovani: produrre l’uva da vino con la certezza di poterla vendere. Case del Sole hanno sposato i declivi di un colle fuori São Filipe rendendoli un resort accogliente e attrezzato, in armonia con la natura del luogo, pronto a ricevere i visitatori che vorranno toccare con mano questo piccolo miracolo. Queste imprese sono destinate non solo a produrre valore dal lavoro ma anche profitti da investire nei progetti di utilità sociale: il sostegno all’ospedale San Francesco di Assisi (l’unico dell’isola, una grande creatura di Padre Ottavio da lui avviata e poi donata al governo di Cabo Verde); il completamento della Casa della Madre e del Fanciullo a Santa Cruz, sulla vicina isola di Santiago, dove serve essere presenti a sostegno del futuro delle famiglie spezzate; l’Università enologica e agraria a São Filipe, per formare le risorse che condurranno le vigne e i frutteti caboverdiani di domani. Sguardo lungo, mani operose. Niente male, per un padre cappuccino settantasettenne che afferma di essere qualcosa solo grazie alle persone che riesce a coinvolgere. Ottavio non è voce solista: Anna Bonamico (ASDE Onlus) alle tastiere dell’amministrazione, Aldo Ollino (un gioiello di umiltà e dedizione) agli strumenti di vigna, Claudio Conterno (Conterno-Fantino, in Langa) alle barbatelle, Nicola Trabucco agronomo ed enologo (Caserta) e Paolo Peira enologo specialista in climi estremi (Roma) ai tamburi di acciaio e di legno, Bianca Roagna (AIS Piemonte) ai cristalli, Philip Gardin e Jan Rickewaert (CaboImpex) alle distribuzioni, Luca Massimo Bolondi (sommelier AIS Napoli) alle comunicazioni. L’orchestra parte in tournée per presentare un’opera frutto di anni di composizione. Il progetto nasce nel 2002, il governo offre il sito in comodato per cinquant’anni dal 2006, nel 2009 terminano i lavori di preparazione del terreno, segue la messa a dimora di 106.000 barbatelle e l’avviamento della vigna. Nel frattempo partono i lavori per realizzare la cantina, che viene terminata giusto in tempo per lavorarci la vendemmia 2012. Il 30 aprile 2013 i vini di Vinha Maria Chaves sono stati presentati alla presidenza della Repubblica e al governo del Paese, in un incontro senza cravatte né scorte: un giro in cantina, una sosta in bottaia, tutti sul piazzale al tramonto per il primo stappo ufficiale e la degustazione; una cerimonia semplice, un entusiasmo immenso ( http://videos.sapo.cv/r7wZ8HBY3FETTdCj9NER ). Chi direbbe mai che un arcipelago nel mezzo dell’oceano Atlantico, a metá strada fra il tropico del cancro e l’equatore, dove piove un mese all’anno, abitato dalla popolazione geneticamente più varia del mondo (UN World Genetic Survey 2013), possa dare vita a una famiglia di vini piacevoli e promettenti quanto una giovane creola?
Leggere Luca ha sempre un sapore diverso. I “suoi” vini, intendo dire i suoi racconti, vanno sempre oltre il semplice dire, essi sono “suderecci”, storie impregnate di vissuto.. Non nascondo, talvolta, una cerca invidia per la latitudine della sua penna..
Vera stima, Mauro
Boa tarde EU qui ero saber se e possivel fazer orden de vinho.
Obrigado