Di Mauro Illiano
Il calendario segna il dì Sabato 11 Maggio 2013, e nelle classiche sale dell’Hotel Ramada di Napoli va in scena il terzo appuntamento del Master del vino in Campania firmato Associazione Italiana Sommelier.
Il pentagono di cinque incontri, sapientemente imbastito dai più esperti componenti dell’associazione, inizia a prendere forma, ed ai presenti non è data altra scelta che lasciare il naso all’aria, attratti, com’è logico esserlo, se posti dinanzi a veri maestri del vino.
Oggi, dopo aver ascoltato la voce dell’agronomo Pierpaolo Sirch, e quella dell’enologo Luigi Moio, è la volta del comunicatore.
Ad incarnare la sempre più rilevante categoria è Manuela Piancastelli, già giornalista de “Il Mattino” e per la “Rai”, nonché patron dell’Azienda Terre Del Principe di Castel Campagnano (Caserta).
Voce pacata e tono deciso, fine eleganza e ruggente grinta, giungono a formare una dicotomica diade, preziosa unione di stili e concetti, vero oro per i presenti, ed ammirevole risorsa di una delle Dame del vino campano.
Un pantalone color foglia d’autunno a contrastare il blu scuro della sua maglia e quello intenso dei suoi occhi. Una piuma d’argento fra i capelli, e un delicato viso dai tratti francesi.
Si parte subito spediti, e Manuela tiene a scindere le tre figure di giornalista, professionista legato a precise regole, comunicatore, potente strumento di produzione di consensi, ed opinionista, figura sempre più ambigua a causa dell’universo virtuale, in cui ognuno si sente libero di dire qualsiasi cosa.
Si parla di Campania, e lo si fa elogiandone la “raccontabilità”, data la mole dei suoi vitigni autoctoni, e temendone la staticità, vista la pressoché assenza di un progetto unitario del vino nella Regione.
Viene dunque il momento dei ricordi; quello dei tempi in cui il giornalismo enogastronomico neanche esisteva, e quello dei primi approcci, anni in cui chi scriveva di “vino” era un pivello. Poi Manuela racconta la svolta, grazie alla carta stampata certo, ma soprattutto grazie a professionisti come Paolini del Sole 24 Ore e dell’inimitabile Veronelli, esempio di correttezza e professionalità a tutto tondo.
Un filmato di otto minuti, ritraente l’azienda di Manuela, racconta immagini di una campagna vergine eppure sposa dell’agricoltura, alberi vigorosi e trame di viti in più versioni.
Parte, in fine, la consueta intervista condotta dal capacissimo Giovanni Ascione. Molte le domande, incentrate sul ruolo della comunicazione nella sommellerie, sulla possibilità/necessità di comunicare il territorio, nonché sulla previsione di Manuela in merito all’evoluzione del vino in Campania.
Dopo puntuali risposte, c’è il consueto spazio dell’opinione sui vini naturali, in cui Manuela causticamente ammonisce alcune pratiche adottate più per tendenza che per vero credo.
Sulle altre, durante l’intervista, colpisce la risposta di Manuela consistente nella sua convinzione che negli anni a venire la tendenza sarà quella di privilegiare la differenziazione nel vino, un trend che inevitabilmente porterà ad una crescente esaltazione dei vitigni autoctoni.
La sala è gremita di eminenti figure. Sugli altri, però, spicca la presenza di Joel Butler (Master of Wine), che Giovanni Ascione non manca di far intervenire al dibattito. Gli rivolge una sola domanda, ma tremendamente interessante. Ascione chiede a Butler come egli veda la Campania del vino dall’esterno. La risposta fa beare i presenti, ed è il caso di riportarne un estratto: “Premetto che sono qui in Campania per osservare i vitigni, poiché credo che solo guardando le viti si possono capire i vini. Quanto ai vostri vini, beh dovete sapere che avete una grande ricchezza, l’enormità in termini numerici dei vostri vitigni autoctoni vi rende unici. Il mondo si aspetta questo da voi. Amo dei vostri vini la diversità e la riconoscibilità. Credo che l’aglianico abbia un valore inestimabile e ritengo che a breve se la giocherà alla pari con i grandi vini toscani. Quanto alla comunicazione, io dico che solo con l’aiuto delle istituzioni, e con l’unione tra i produttori, il vino può comunicare un territorio”.
Sul finire il vino: tre versioni di Ambruco, Pallagrello Nero in purezza firmato Manuela Piancastelli. Tre annate diversissime al palato: 2010, 2009 e 2008.
Un gran finale.
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