E dicon che la Terra sia dominata dall’uomo, dimenticando dei domini e del suo dominatore il mare. Eppure tutti o quasi non possiamo che ammirare questa distesa di acqua salsa che bagna e riempie la massima parte della terra. No, non siamo qui a parlare del comando del mondo, ma piuttosto del gioco del ben mangiare. Così, per diletto o per scienza, ci interroghiamo sull’oceanico leader, scrutando la fauna fino a giungere alla regina delle conchifere. Ebbene se al gastronomo è offerto un ruolo, e io ben lo spero, questo è senza dubbio il compito di accordar cultura al cibo, ponendosi domande le cui risposte esistono solo nell’atto di tramutar teorie in gusto. A tale scopo esploratori del buono, appassionati dei sensi, scrittori, giornalisti e uomini curiosi si son riuniti Mercoledì 6 Marzo 2013 in una roccaforte del buon vivere, qual è il Quartum Store, sito in una segnata via cittadina del comune di Quarto di Napoli.
Oggetto dello studio il Mitilo, meglio conosciuto come Cozza, nero rifugio di carnosi molluschi salini, frutto della mano divina quanto delle spumose acque terrestri, mediterraneo vanto ed ingrediente segreto di miriadi di chefs al mondo. Ma quanti possono davvero dire di conoscere questa meraviglia della natura? Pochi deve aver pensato Laura Gambacorta, elogiabile scopritrice di tesori culinari nonché organizzatrice della degustazione in terra flegrea denominata “Il Mercoledì del… mitile ignoto”. Accanto ad ella la voce grave di Giustino Catalano, vero Cicerone di serata, a far da narratore dei pregi della bellissima gemma nera. Segreti e storie, aneddoti e leggi son giunte alle orecchie dei presenti grazie alla presenza di Fabio Postiglione, presidente dell’IRSVEM di Baia (Bacoli), nonché di Franco Scamardella, biologo dell’omonima struttura. Ma come pocanzi enunciato, nessuna teoria è meritevole di tutela se non seguita dall’adeguata dose di pratica. E allora si pensò anche a questo. Scuro in viso, occhi accesi di furbizia, una chioma litigiosa a far da ombra alle lucenti idee. Tale la foto di Michele Grande, già Chef del ristorante La Bifora di Bacoli, nonché alchimista (insieme all’amata mamma) per una sera al servizio dei tanti amanti del mare giunti a Quarto. Mitili ma non solo nelle sue creazioni: cocenti molluschi stretti in nodi di verdura, inaudite interpretazioni di pane adagiate su preparazioni dal sapore orientale, e paste divise tra molluschi e legumi, per poi arrivare a un carosello di frutti di mare servito su croccanti sponde di fresella… il tutto nobilitato dalla regina di serata, la dama col mantello nero, in grado di donare unicità in ogni versione. Finanche il dolce ebbe a donare lustro al mare, se è vero che la sua ideatrice, Chef patissier Carmen Vecchione, decise di chiamare “Fondo marino al cioccolato” l’ultima leccornia di serata, autentica orazione a tema cioccolatoso. Imprescindibili, in tutto e per tutto, i vini e i distillati delle Cantine Di Criscio, ovvero l’Asprinio Spumante Brut, la Falanghina Campi Flegrei doc e la Grappa da monovitigno di Falanghina, tre interpretazioni della terra e dell’uva, perfetti compagni del meraviglioso viaggio per mare alla scoperta del… mitilo ignoto. Sul finire, se narrare significa anche consentire l’emersione di chi vale, m’è d’obbligo menzionare la caparbia e la finezza di una delle ali di serata, la signorina Federica Simonetti, che nel servir signore e signori trovò l’istante per ipotecare la sua erudizione. Ammirevole senz’altro. Durante la serata ho avuto la possibilità di intervistare il simpaticissimo, oltre che virtuoso, Chef Michele Grande.
Ecco a voi il resoconto:
– Che cosa significa mangiare bene?
A mio avviso il mangiar bene non può prescindere da una selezione seria ed oculata della materia prima. Inoltre, ritengo che l’essere umano tende a collegare la sensazione di benessere ad una pluralità di fattori, tra cui figurano anche l’ambiente in cui ci si trova e le capacità umane di chi interagisce con noi, di assoluto rilievo risulta essere l’approccio al cliente. In buona sostanza, oltre ad una buona cucina, se si desidera il benessere della clientela, occorre accontentarla anche sotto il profilo umano.
– Come si distingue alla vista e/o al tatto una cozza buona da una cattiva?
Innanzitutto per essere sicuri della qualità della cozza bisogna aprirla. Ovviamente anche l’aspetto olfattivo ha un peso importante; lì dove si sentono strani odori è altamente probabile che la qualità sia alterata. Quanto all’aspetto estetico, invece, ti posso assicurare che esso non conta molto. Spesso le cozze più buone risultano essere quelle meno belle in apparenza. Poco male però, poiché in definitiva bisogna mangiarle non osservarle…
– A quale piatto della tradizione flegrea ti senti più legato? Personalmente, pur non contrariando le moderne abitudini in cucina, che tendono sempre più spesso a nobilitare i piatti mediante l’introduzione di ingredienti più rari, mi sento molto legato al Ragout di Cozze. Si tratta di un piatto che mi ricorda l’infanzia, quando non c’era la disponibilità dei pomodorini di Pachino tutto l’anno, e si tendeva ad usare le conserve di pomodoro per cucinare un gran bel piatto di pasta con le cozze.
Solo a pensarci mi viene l’acquolina…
Condivido pienamente quanto affermato dallo chef Michele Grande a riferimento del mangiare bene.Ed anzi tutto si esalta se la compagnia è quella giusta.