I friarielli di tutte le province della Campania, in particolare della zona nord-est di Napoli, del basso casertano, dell’agro nocerino sarnese e, in maniera marginale, della Piana del Sele e delle aree interne della Campania sono noti nella cucina napoletana soprattutto per la possibilità di essere abbinati ad altri ingredienti. La salsiccia, ad esempio, ha nobilitato nel tempo questo piatto, ma nella tradizione i friarielli erano consumati con scagliuozzi di polenta bianca, perché purtroppo la pasta per i contadini – in epoche lontane – era un vero lusso e se c’era si trovava solo sotto forma di “ramasuglia”, qualcosa di simile alla pasta mista di oggi, ma composta da tutte le parti rotte della pasta. I friarielli erano molto noti ai contadini ed erano importanti perché potevano essere utilizzati per ridare vitalità al terreno; non avendo fertilizzanti, infatti, i contadini facevano il “pascone”, che era costituito da broccoli di rape ed erbe selvatiche. Esistono tre tipi di friarielli, i quarantini, i sessantini e i novantini. I cafoni facevano la semina mista a settembre così con i primi freddi avevano già qualcosa di caldo con cui affrontare l’inverno e a marzo il tutto veniva zappato per concimare la terra. Una volta i friarielli non erano molto noti nel resto della nostra regione perché, producendo un grande quantitativo di gas, si infiammavano facilmente e ciò ne determinava un veloce ingiallimento. Per questo, di solito, i cafoni li trasportavano sempre bagnati all’interno di sacchi di iuta umidi. Oggi, invece, si riescono a trovare un po’ ovunque e, grazie ai più recenti metodi di confezionamento, la durata della loro vita si è notevolmente allungata. Nei periodi di grande abbondanza venivano anche conservati sott’olio per essere poi consumati in estate nelle cosiddette “Marenne” degli operai che venivano impiegati nella lavorazione dei terreni. La ricetta della zuppa di friarielli con tozzetti di scagliuozzi di granone bianco è veramente semplice. È sufficiente pulire i friarielli dalla parte delle coste e farli soffriggere per circa due minuti in olio, aglio e un pizzico di peperoncino e poi aggiungere due bicchieri di acqua piovana (spiegherò a breve perché i cafoni utilizzavano proprio l’acqua piovana). Intanto confezionate gli scagliuozzi, che vanno prodotti con 500 grammi di acqua e 200 di farina. Fate bollire il tutto e immergete a pioggia la farina girando sempre per una quindicina di minuti. Ricordate di salare e pepare l’acqua prima di immergere la farina. Dopo aver ottenuto un bel composto omogeneo e di una bella consistenza mettetelo in teglia e fatelo raffreddare, tagliatelo a forma di triangolo e friggetelo. Durante l’inverno è possibile anche arrostirlo sulla brace. A questo punto i friarielli belli umidi vanno messi in una fondina accompagnati dalla polenta e da una bella grattugiata di formaggio. È un piatto povero, ma di grande ricchezza.
*Chef Era Ora,
Via Trieste, 147 Palma Campania (NA)
Grande Piero! :)
E il perchè dell’acqua piovana che avrebbe dovuto spiegare a breve? :-)
Scusate se ancora non faccio un post sul le acque di recupero ma sono in Bulgaria sono di rientro giovedì e dirò del perché dell utilizzo dell’acqua di piscina