Dopo le vigne di Posillipo dell’azienda agricola di Salvatore Varriale scopriamo un altro “insospettabile” vigneto metropolitano nel cuore di Napoli (T.L.)
Insospettabili luoghi che nascondono storie incredibili. Potrebbe essere questa la descrizione delle Vigne Metropolitane di Napoli.
Piccoli o grandi appezzamenti di terra, nascosti come rughe sul volto della città, serbano in sé tesori naturalistici di assoluto rilievo, eppure sconosciuti ai più.
Impensabile eppur vero è il progetto che ha visto protagonista l’Azienda per le Risorse Idriche di Napoli, che, mossa dalla brillante mente del Dott. Maurizio Barracco, Presidente del Consiglio d’Amministrazione e Legale Rappresentante A.R.I.N. che proprio oggi termina il suo mandato, e favorita dall’impegno profuso dall’Ing. Davide Romanelli, responsabile dei progetti speciali e di sviluppo e del trattamento acque primarie e secondarie, ha dato luogo ad un vero e proprio miracolo di ingegneria sostenibile.
Corre l’anno 2010 quando, onde porre in essere misure necessarie al contenimento dei terreni sovrastanti il serbatoi idrico dello “Scudillo”, un’area sita sulla scoscesa Via del Serbatoio, Quartiere Stella, gli uomini dell’A.R.I.N. pensano ad una vera e propria idea rivoluzionaria: trasformare un normale lavoro in un sodalizio con l’ambiente. Nasce, così, la convenzione tra la stessa Azienda e la Facoltà di Agraria di Portici dell’Università degli Studi di Napoli Federico II.
Passa un solo anno, ed il 4 Novembre 2011 è già tempo di inaugurare l’Orto Urbano dello Scudillo.
Di tante strade praticabili l’uomo, talvolta, imbocca la più ardua, ma nel sentire la fatica egli stesso pone le basi di una grande impresa. E tale è definibile quella compiuta dagli uomini che hanno reso possibile la nascita di un vigneto nel cuore di Napoli.
Silenziosamente è scorsa l’opera del Prof. Luigi Moio, vero vate dell’enologia campana, al quale non per caso è stato affidato il delicato compito di studiare, individuare ed ordinare l’orientamento delle vigne. Due i campioni prescelti, un Piedirosso ed uno Sciascinoso.
Tale luogo dell’anima è sito su terreni che sembrano tuffarsi in mare. Un piccolo viottolo fatto di terra arsa conduce ad un cancello retto da pali lignei, il tempo dell’apertura di un lucchetto, poi l’abisso. Serene e poste ad ampia distanza l’una dall’altra, neonate vigne sembrano indicare la via del golfo, e baluardi in legno, e tesi fili di ferro tengono insieme una struttura dalla perfezione sovraumana. Passeggiare nel vigneto è come srotolare una pellicola di un film, dove tanti frammenti di Napoli scorrono intervallati da cornici, che interrompono la via tra l’occhio ed il paesaggio per il solo tempo di un passo, poi è di nuovo trionfo per gli occhi. Sullo sfondo la più illustre cartolina di Napoli, case e casette a fare da punte di pastello al panorama idilliaco, un mare blu immenso, l’imponente sagoma del Vesuvio, oltre di essi il nulla, prima di essi un vigneto in erba.
Tutt’intorno campeggiano orticelli dalle forme geometriche, e, ancora più nascosti, si possono scorgere i primi abitanti di quelle incantate terre, alberi da frutto originari. La foglia del fico offre riparo ad una lucertola, susine e prugne iniettano nell’aria il profumo dell’estate, ed albicocchi tardivi sembrano esitare nel definire il proprio destino. Le piante di agrumi, disposte come in un giardino di Versailles, sembrano rammentare agli avventori le origini Mediterranee di questa terra, ed in scena va, di tanto in tanto, il rituale delle bisce in amore, attratte forse dal romanticismo del luogo.
Realizzare tutto questo non è stato facile, e forse non sarebbe stato nemmeno possibile senza l’abnegazione di tutti coloro che hanno creduto fermamente al progetto sin dal principio, tutti coloro che hanno inteso dare una chance al matrimonio tra ingegneria e natura, coloro che da uno stato di necessità sono riusciti a tirare fuori un esempio di produttività e di amore verso la terra, la stessa che poteva mettere a repentaglio gli impianti acquedottistici dello Scudillo, quella che oggi è diventata uno straordinario itinerario di due ettari tra vigne ed orti metropolitani.
Non è ancora tempo di vendemmiare, le vigne sono ancora giovani, ma il tempo farà il suo corso e la vendemmia si farà tra tre o al massimo quattro anni. C’è già il nome, però, di quella bottiglia che conterrà l’espressione di questa magnifica zolla di Napoli. Pare che il Prof. Moio si sia già espresso in favore di “Scudillo Rosso”, e quale migliore denominazione?
Quale sarà il risultato di questa mirabile opera ce lo dirà il tempo. Ciò che è certo è che ad oggi i frutti di questi orti allo Scudillo giungono sulle tavole della mensa aziendale ad allietare il pasto dei dipendenti, e che questi campi sono già un luogo di gita per scolari. E lo scenario va allargandosi, grazie alle più recenti inaugurazioni dei vigneti e degli orti delle zone del Vomero e di Chiaiano, che insieme allo Scudillo formano un complesso agricolo di circa 5 ettari, e fanno dell’A.R.I.N. senz’altro una protagonista di primissimo piano della rappresentanza delle Vigne Metropolitane di Napoli.
La speranza di noi tutti è che questi sentieri vitati possano un giorno diventare un luogo d’incontro per appassionati del vino e della terra, e che gli orti urbani dell’A.R.I.N. possano confluire in un circuito turistico, che renderebbe onore all’intera città di Napoli, e lustro alla seconda area metropolitana vitata dell’intera Europa.
VIGNE A.R.I.N. – Località Scudillo
Indirizzo: Via del Serbatoio allo Scudillo 11 F
Proprietà: A.R.I.N.
Ettari: 2 circa
Uve da vino: Piedirosso, Sciascinoso
Anno inizio vendemmie stimato: 2015 – 2016
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