Di Mauro Erro
L’altra settimana ho partecipato ad una bella degustazione di sangiovese da Montalcino nell’ambito del laboratorio di degustazione che con Fabio Cimmino e Tommaso Luongo abbiamo ideato in collaborazione con la delegazione di Napoli dell’AIS.
Interessante perché i vini erano innanzitutto buoni e rappresentavano interpretazioni diverse, ma altrettanto soddisfacenti e gustose del sangiovese grosso Ilcinese (senza addentrarci nei meandri di parole come tradizionale e moderno i cui significati sono spesso opachi e travisati).
Alcuni vini già bevibili, altri da attendere e dimenticare un po’ in cantina.
In ordine di preferenza eccovi un paio di note.
Brunello di Montalcino 2006, Pian dell’Orino: un vino espansivo, cordiale ed elegante, con un bel nocciolo fruttato ed un contorno di sfumature odorose a regalare complessità. Palato di bella densità di materia, felpato, tannino sottile che non frena il finale gustoso. In beva.
Brunello di Montalcino 2006, Le Potazzine: un vino più introverso rispetto al precedente, si da con maggiore parsimonia e preferisce alla ricchezza aromatica, al momento, un sussurro balsamico che da ritmo ai profumi che esalano con il tempo. Bocca ampia e tesa, ma ancora trattenuta sul finale da un tannino di bella trama, ma presente. Da dimenticare in cantina per un po’.
Brunello di Montalcino Bramante 2006, Podere San Lorenzo: un vino allo stesso tempo più aperto rispetto al precedente e a quello che seguirà, ma sottile e più timido rispetto al vino di Pian Dell’Orino. Ha trama odorosa garbata, fruttata, floreale e balsamica e un palato da pesi medi, espansivo e rarefatto nel finale. Già bevibile.
Brunello di Montalcino Vigna Soccorso 2007, Tiezzi: Sgomita e prima di aprirsi e liberarsi da qualche impuntatura ci mette un po’, per poi regalare una bella materia fruttata. Anche al palato è nervoso, salato e con un finale su un intrigante tannino rugoso. Da dimenticare in cantina.
Brunello di Montalcino 2006, Le Ragnaie: è quello che, al momento, mi ha soddisfatto meno, nonostante la buona materia, per quel tocco di esotico di troppo, che ritrovi al palato in quel finale leggermente dolcino che lo rende un po’ stucchevole. Da attendere in cantina che assorba il legno oggi un po’ in eccesso. Articolo pubblicato anche su Il Viandante Bevitore.
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