Ricordo che un po’ di tempo fa, sul mio blog, affrontai uno dei temi a me più cari per ciò che attiene il vino in un articolo che intitolai “La sindrome di Salgari”.
Il tema di tale disquisizione era il male che assale una parte dei bevitori di vino, ovvero la pretesa di giudicare senza prima aver veramente saggiato, ed il titolo della narrazione non era casuale. Com’è ben noto, infatti, Emilio Salgari passò alla storia per la sua capacità di raccontare di viaggi e posti in cui lui non era mai stato, e che spesso erano solo il frutto della sua immaginazione.
Ebbene, lo spettacolo a cui ho avuto l’onore di partecipare ieri sera è la testimonianza che nel mondo del vino questo fingersi novelli Erodoto non vale a gran che, poiché le narrazioni sono nulla se disancorate dal dato antropologico, prima ancora che tecnico, in grado di vivificare elementi altrimenti privi di senso.
In uno dei teatri del vino dei Campi Flegrei, l’Abraxas, creazione giunta al suo decimo anno di vita firmata Nando Salemme, ieri, due pionieri dei paralleli mondi dell’enologia e della sommellerie, rispondenti ai nomi di Luigi Moio ed Angelo Di Costanzo, hanno dato vita ad un’indimenticabile pagina di storia del vino in Campania.
Questi due uomini hanno saputo offrire ai vini di un’azienda interessantissima per sperimentazione ed innovazione – l’azienda agricola Quintodecimo sita a Mirabella Eclano (Av) – quello spessore che solo l’uomo può dare alle cose. Così, inaugurando la rassegna intitolata “I Maestri del Vino”, che impreziosirà il già ricchissimo percorso eno-culturale intrapreso da Nando Salemme anni addietro, i due Mentori hanno assunto entrambi il rango di Maghi, riuscendo ad oltrepassare la dimensione della narrazione, per approdare a quella della condivisione, sempre più rara di questi tempi.
Con la sua consueta puntualità Angelo Di Costanzo ha analizzato in lungo e in largo le vigne, le pigne e le creature dell’azienda Quintodecimo, mentre il Professor Luigi Moio, vero Frank O. Gehry dell’enologia contemporanea, ha contribuito con la sua esperienza estrapolata da “dentro la bottiglia”, nella quale il suo sapere si è insinuato silenziosamente, a svelare i retroscena dei suoi piccoli capolavori.
Così, nell’atto di acquisire la conoscenza di ciò che viveva nel calice posto di fronte a sé, gli astanti hanno potuto partecipare ad uno dei più bei momenti della cultura enologica flegrea, essendo inconsapevolmente saliti a bordo di un vagone che, seppur immobile, li ha condotti sulle agognate vie del sapere.
Luigi Moio sostiene che:
“Il vino è un prodotto innaturale”
“Il vino è assimilabile ad un’opera d’arte”
“Il grande vino deve invecchiare rimanendo giovane”
“La barrique è una grande invenzione dell’uomo per fare un certo tipo di vino.. uno strumento tecnologico importantissimo”
“Il mio Taurasi costa perché equivale ad un filetto. Se andate in una macelleria e chiedete cento chili di filetto sarete costretti a pagare per cento mucche intere!”
Appunti di Degustazione
Azienda Quintodecimo
Vino: Falanghina – Via del campo
Annata: 2009
Abbinamento Gastronomico: Bruschetta con pomodori del pendolo ed alici – mozzarella – polenta aromatizzata
Un aggettivo al vino: Unico
Azienda Quinto Decimo
Vino: Fiano – Exultet
Annata: 2009
Abbinamento Gastronomico: Gateau di patate – Tortano – Pan Broccoli
Un aggettivo al vino: Elegante
Azienda Quintodecimo
Vino: Greco di Tufo – Giallo D’Arles
Annata: 2009
Abbinamento Gastronomico: Gnocchetto di patate con scarola, pomodorini ed alici
Un aggettivo al vino: Perfetto
Azienda Quinto Decimo
Vino: Aglianico – Terre D’Eclano
Annata: 2007
Abbinamento Gastronomico: Paccheri al ragout di cinghiale
Un aggettivo al vino: Impressionante
Azienda Quintodecimo
Vino: Taurasi riserva QuintoDecimo
Annata: 2007
Abbinamento Gastronomico: Locena di maiale cotta a bassa temperatura
Un aggettivo per il vino: Impenetrabile
Mai giudicare senza aver prima assaggiato!
D’accordissimo con lei. E, se me lo consente, quanto più alto è il peso specifico della responsabilità e della rappresentatività di chi giudica, tanto più “sicuro” deve essere il giudizio. Dunque, finanche assaggiare, talvolta, non basta. Dopo tutto, ritengo che il profssionismo in ambito enologico si deva proprio a questo. Ben vengano, dunque, i bevitori più rilassati, e ben vangano anche i sommelier, gli enologi e i veterani del gusto; purchè ognuno riesca sempre a riconoscere le coordinate ed i confini del proprio giudizio.
Bravo Mauro, concordo con te. Il taurasi l’avrei aggettivato “sferico”.
NOn ho proferito parola per tutta la serata trovandomi in cOmpagnia di Maurizio de Simone e Gerardo Vernazzaro e quando il prof si e’ seduto con noi tra me e Gerry per degustare l’aglianico e il taurasi, sono riuscito a dirgli solo che l’aglianico terra d’eclano era il suo vino. Lui ha sorriso con una bella luce negli occhi.
Grazie Mimmo. Direi che eri in ottima compagnia. E’ stato un vero momento di crescita, difficilmente sarà eguagliabile a breve. Quanto ai vini del Professore, io, invece, credo che il lavoro più straordinario (per innovazione sensoriale) sia stato fatto sui bianchi.. Ma, ovviamente, questo è solo un parere. In ogni modo sono d’accordo con l’mmedesimarsi (umanamente) del Professore con l’aglianico..
Alla prossima!