Di Mimmo Gagliardi*
Quando mi hanno proposto questo giro nella Tuscia sapevo di partire alla scoperta di un magnifico territorio che, come tutte le terre di confine, ricche di contraddizioni, nette distinzioni, commistioni e contaminazioni, è in netta dissociazione rispetto agli stereotipi associati ad ogni regione nell’immaginario popolare. Infatti chi pensa alla campagna Laziale la associa alla pianura pontina, mentre la campagna Umbra viene spesso ricondotta ai paesaggi degli altipiani preappenninici. La cosa mi ha affascinato molto perché adoro per carattere andare contro gli stereotipi, quindi colgo al volo l’occasione e dopo tre ore di autostrada mi trovo a esplorare i pochi chilometri quadrati compresi nel quadrilatero tra Bagnoregio, Orvieto, il lago di Bolsena e Montefiascone. Varco innumerevoli volte il confine tra le due regioni e la continua mutazione nel territorio è sorprendente: campagne pianeggianti si alternano a boschi, colline verdeggianti, altipiani con piccoli borghi arrampicati in cima, fino a culminare nella particolarità della valle dei Calanchi a Civita di Bagnoregio e del paesaggio lacustre di Bolsena, che richiama alla mente il lago di Garda o quello di Como. Ma andiamo per ordine. Magnifico il colpo d’occhio del borgo medievale di Civita di Bagnoregio, arroccato su un altipiano roccioso che emerge dalla valle argillosa dei Calanchi, singolari fenomeni geologici. La valle ricorda un paesaggio lunare ed è ciò che resta del fondale di un antico mare dell’era pleistocenica. La singolare composizione e conformazione della vallata origina una intensa foschia che circonda il borgo conferendogli la suggestiva denominazione di “città tra le nuvole”. Nel borgo, edificato sui resti di antichi insediamenti etruschi, il tempo si è fermato al 1200. Oggi è parzialmente disabitato a causa del timore della franosità dei costoni rocciosi su cui sorge, ma è di una bellezza struggente e naturale, tanto che girovagando tra le sue viuzze non mi sarei meravigliato di ritrovarmi in una situazione simile a quella del film “Non ci resta che piangere” del compianto Massimo Troisi, di cui in questi giorni ricorre l’anniversario della scomparsa. Peccato che durante la nostra visita non ci fosse la foschia a circondare la città ma l’emozione del colpo d’occhio è notevole. Il lago di Bolsena. Dopo Civita di Bagnoregio tocca al lago di Bolsena. Quando arriviamo ci sono persone che fanno il bagno lungo le su rive, mentre al largo transitano motoscafi e barche a vela diretti in gita all’isola Bisentina o all’isola Martana che si trovano al centro del lago. Lungo la strada incantevoli vigneti si arrampicano sulla collina affacciati sul bel panorama. Facciamo rotta su Montefiascone, dove ho deciso di andare a vedere la terra natale dell’ Est! Est!! Est!!! Di Montefiascone DOC, fatto da Malvasia bianca e Trebbiano. La via Francigena a Montefiascone. Vigneti e strada romana. Visito le cantine sociali di Montefiascone, dove conservano campioni molto antichi del vino e l’antica cantina Leonardi, tra i produttori storici della zona. Alcuni mi consigliano di andare a vedere i vigneti che crescono poco lontano, lungo l’antica via Francigena e che sono significativi perchè si narra che crescano laddove li hanno piantati i romani, accanto all’originale lastricato romano. Ovviamente non potevamo non andarci ed è stato effettivamente suggestivo vedere questo scorcio di panorama, immaginando fosse esattamente così anche duemila ani fa, con le vigne piantate accanto alla strada romana, ancora oggi intatta e carrabile. Ultima tappa del nostro giro la città di Orvieto, uno dei borghi medievali più belli in assoluto che abbia mai visto, tutto circondato da bellissimi vigneti da cui si produce l’Orvieto DOC, che è fatto da vari vitigni quali Canaiolo, Ciliegiolo, Sangiovese, Montepulciano, Cabernet Franc e altri. Orvieto.Non mi soffermerò sulle bellezze ammirate, ce ne sono tante, ma se passate li intorno il posto vale assolutamente la pena di una visita. In città abbiamo pranzato a “Le Grotte del Funaro“, un singolare ristorante ricavato da antichi anfratti scavati nella roccia del costone su cui sorge il borgo assagiando tante cose buone accompagnate da una bottiglia di Orvieto DOC Rosso. Nel tardo pomeriggio, complice l’intenso temporale, decidiamo che il nostro tempo nella Tuscia è scaduto e affrontiamo le tre ore di viaggio per ritornare giù. Di questa esperienza ci rimarranno impressi nella mente i paesaggi ricchi di contrasti di colori, traboccanti di profumi e di sapori, dialetti nè laziali, nè umbri, e di un vino mitico, fresco e gradevole, tanto che anche noi durante la giornata, al pari del vescovo Defuk nel lontanissimo 1111, abbiamo più volte esclamato: Est! Est!! Est!!!.
(*)aspirante sommelier con la Delegazione AIS di Napoli
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