Di Claudio Tenuta
La mia parabola è strana, mi avvicino al mondo del vino perchè da autodidatta mi sento estroso creatore di piatti prelibati ma come per un opera incompiuta di un artista i miei manicaretti restano privi di qualcosa di necessario e allora mi diplomo sommelier nel 2003, da quel momento inizia la mia storia.
E’ la storia semplice di un qualsiasi non professionista del mondo del vino che coltiva quotidianamente una grande passione e che nell’enogastronomia estrinseca la fantasia e la dinamicità che non può esprimere nel proprio ambito lavorativo (sono un maledetto bancario e l’estro spesso lo devo chiudere in un cassetto).
Mi sono preso sempre sul serio in tutte le cose che ho fatto e quindi anche diventare un sommelier benchè non professionista è stata una cosa voluta con consapevolezza…mi ricordo ancora nei primi anni quando durante molte cene mi assentavo per qualche minuto da tavola per fare la scheda ais del vino o dei vini che stavo bevendo, che fanatico!!!
Poi l’esperienza nel gruppo servizi, 5 anni di battaglie, di amici, di committendi da inseguire per i pagamenti, di ore piccole in matrimoni ancora più piccoli, di grandi bottiglie aperte e degustate che non avrei potuto mai bere e ancora 2 anni in un ristorante a Pozzuoli, il vero confronto con la professione di sommelier in un ristorante che cercava di distinguersi dalla massa ma che non ambiva a stelle o premi blasonati.
Oggi qualcuno mi definisce un battitore libero fuori dalla mischia, non lo sò ma tutto questo preambolo per parlare di quello che mi è stato riconosciuto come il mio prodotto: “la serata anarchica”.
Esistono tanti eventi legati al vino a cui, sommelier e non, possono partecipare in: enoteche, ristoranti, alberghi, manifestazioni di pregio e spessore, tutti eventi che migliorano il proprio bagaglio di conoscenze, ma io volevo qualcosa di originale dove ogni partecipante fosse protagonista nel suo piccolo. E’ nata così l’idea.
La “serata anarchica” è un incontro tra amici nella quale ognuno porta almeno una bottiglia di vino da condividere e un manufatto culinario da provare, nella mail che faccio girare per creare il gruppo della serata ci tengo a precisare che non è importante il fattore costo ma la voglia di provare per la prima volta insieme ad altri appassionati o la voglia far conoscere ad altri una bottiglia di vino ritenuta valida e lo stesso dicasi per il cibo, c’è chi ha il tempo e la voglia di cucinare a casa e portare nel luogo dell’incontro (casa mia) o chi và a ricercare in piccole botteghe o produttori dei prodotti da condividere.
All’inizio pensavo a serate a tema, tipo portare delle bottiglie: per vitigno, per regione, per produttore, per denominazione o cose simili, fare verticali, orizzontali, trasversali…ma perchè copiare dei format altrui, l’anarchia deve stare in questo, partire da vini che vengono messi al centro tavola con motivazioni completamente diverse l’una dall’altra (magari anche vini di vecchie annate ritrovati a casa o comprati via internet) e che vengono confrontate con animo aperto, primo di pregiudizi e tecnicismi ma valorizzando il proprio gusto personale.
Il gioco è un gioco di gruppo perchè tutto si decide insieme, non ci sono leader, non ci sono protagonisti, la convivialità è l’elemento centrale, l’ordine di stappo lo si decide allegramente dopo che tutte le bottiglie sono schierate, come anche l’ordine di servizio dei piatti, poi nel corso della serata tutto cambia, si riprovano i vini bevuti all’inizio (quando avanzano!!!) o si ricercano nuovi e più arditi abbinamenti, poi entra in gioco la parte goliardica, lo sfottò per la bottiglia che è piaciuta di meno, come se chi l’ha portata fosse il produttore o il direttore vendite o anche si filosofeggia su quale deve essere il vino da ricercare, scontrandoci simpaticamente, naturalmente il gruppo è mediamente omogeneo e quindi ognuno mette del suo, chi rimane sul tecnico, chi punta sulla battuta, chi sulla dialettica, ognuno cataloga l’esperienza e aggiunge qualcosina nella propria valigia.
Alla fine della serata non manca mai un buon dolce e un ottimo passito o qualche distillato e per darci un tono un sigaro cubano che passa spudoratamente di mano in mano come fosse l’apoteosi dell’amicizia e tutti poi si và a letto un pò più brilli e consapevoli di capire poco di vino, mentre io finisco di lavare i piatti in cucina e mettere a posto la sala delle feste pensando a come sarà il prossimo incontro e chi dovrò far stare in panchina per non trasformare la “serata anarchica” in un’anarchica serata!
E allora, mi chiede mia moglie (astemia), come è andata questa serata anarchica di cui favoleggi da giorni?
Le rispondo cercando un tono serio e convincente: bene, benissimo, perchè, vivaddio, è stata una serata “veramente” anarchica. E mi spiego: le (tante) bottiglie stappate non avevano alcun fil rouge che le collegasse, e sono state aperte cercando appena appena di dare un senso logico alla loro sequenza.
Per non parlare dell’abbinamento con le cibarie, tutte ottime, che è stato assolutamente “random”, creando, è vero, qualche stridore di palati ma, in compenso, generando grasse risate.
I vini, dunque: più di dieci, in rappresentanza di un bel pò di regioni, e già questo aspetto ha reso la serata pluritematica e, quindi, foriera di riflessioni e confronti.
Vini giovani, giovanissimi (un grande Roero Arneis) oppure anziani ma arzilli (bello il Patriglione ’99). Indimenticabile la presenza di un paio di gentiluomini giunti dal passato: il Vinofiore ’68 di Paternoster e, appena più in forma, il Barolo Cordero ’86.
Una novità per i palati pur molto esperti dei presenti: l’Etna Rosso ’06 Terre di Trente, vulcanico ed intrigante.
Ometto di citare alcune bottiglie, forse quelle che mi hanno emozionato di meno, ma non posso che chiudere con un abbraccio circolare a tutti i compagni della serata ed un grazie, grazie di vero cuore a Claudio, sperando in qualche altra “convocazione”!
Non mancheranno altre convocazioni per un vulcanico ed esperto partecipante come te…inoltre sulla falsariga del tuo piacevole commento cercherò di fotografare quella serata insieme per prolungare, fino al prossimo incontro, le piacevole sensazioni condivise!
Bene,Bravi,Bis
Tommaso
[…] Qui la Premessa… La porta si apre ed ecco il primo ospite-anarchico, è una new entry: il passional luca, un amico conosciuto in tante degustazioni. Alla spicciolata si compone il gruppo massonico della serata, ognuno entra con entrambe le mani occupate: una bottiglia più un manicaretto.Lo snack è ormai ricco non solo di bicchieri ma anche delle compagne bottiglie e già Fosca, Lucio e Salvatore sono alle prese con la scaletta.Mentre aspettiamo Titti e Virna qualcuno scalpita: “allora si inizia?” Per dare un minimo di scientificità all’anarchia del bere e del mangiare ci sediamo al tavolo, il citofono suona: “sono arrivate!”Saluti di rito e si apre con Astro di Cantina degli Astroni una Falanghina metodo Charmat abbinata alla pizza rustica egregiamente eseguita dalla moglie di Luca. Abbinamento perfetto: la dolcezza della pasta frolla e della ricotta in contrapposizione alla pulizia delle bollicine e alla sapidità dei Campi Flegrei insieme a serbevolezza e fragranza, un’ottima scoperta per tanti, invece di un anonimo Valdobbiadene o un costoso Cartizze.Si passa al Rubinrosa vino fiore da uve Aglianico di Paternoster del ‘68, l’anno di nascita di Lucio, si tratta di un rosato con naso ossidato ma non sgradevole e bocca magra ma non privo di acidità e sapidità, un bicchiere didattico! E’ l’ora delle risate nel confronto tra lo stato evolutivo del vino e quello di Lucio e Salvatore che non risparmia fendenti!E’ la volta del Roero Arneis 09 di Bruno Giacosa su gratin di finocchi preparato da Gaia, quest’ultima è stata in grado di stemperare il sapore forte dei finocchi e l’Arneis è sconvolgentemente sapido, tagliente nella freschezza, con profumi netti di fiori e di frutta fresca. Il vino ha colpito positivamente tutti, tanto da spingere qualcuno all’abbinamento con la parmigiana di melenzane ma mi sembra onestamente troppo, l’accoppiata perfetta è col roast-beef agli agrumi e carote preparato da Teresa, una finezza! Bussa la porta è l’ultimo componente, Marilena, molto anarchica e in evoluzione enoica.Si stappa Agnanum Per e Palumm 08, colore impenetrabiile, rubino-violaceo, fragrante di frutta, morbida tannicità, con alcol misurato, un bel vino che non disdegnerebbe in nessuna cena tra amici, molti sostengono che l’azienda sta facendo passi da gigante, a me viene in mente la Falanghina e concordo.Entra in gioco la Sicilia o meglio l’Etna con Terre di Trente Nerello Mascalese 06, colore granato, naso aristocratico e lavico , evoluzione olfattiva data più dal vitigno che dal suo affinamento, al gusto è minerale, di grande beva e buona persistenza, un’altra piacevole scoperta anche se difficile da reperire. E’ l’ora del Carpino Garda Merlot 05 dell’A.A. Ricchi, tutti pensiamo all’internazionale di taglio moderno e non veniamo smentiti: colore concentrato, profumi di vaniglia e tabacco, bocca rotonda ma non stucchevole, forse con poca anima ma anche di semplice abbinamento a tavola, non disdegna infatti un’arista di maiale con patate al rosmarino. Quando entra in scena il Sagrantino di Montefalco 06 di Lungarotti, Rino trema per i ricordi dei bicchieri bevuti al Sagrantino Day, vini maledettamente ruvidi e difficili da deglutire, invece ci troviamo di fronte ad un prodotto di generosa alcolicità, ricco di sensazioni fruttate miscelate a sentori terziari di evoluzioni e con tannino perfettamente levigato, la parmiggiana di melenzane molto untuosa non cercava compagno migliore, Fosca taglia corto: “il vino è ben fatto ma non dà emozioni!”Sono le 23,00 e si toglie il cappotto un Barolo ‘86 di Cordero di Montezemolo servito in decanter per la rottura del tappo e per la presenza di particelle in sospensione, il colore è mattone, il naso è non immediatamente piacevole e concentrato su sensazioni di sottobosco che virano con l’ossigenazione verso note più gradevoli di cioccolato, in bocca si esprime meglio ma di scarsa PAI, da riprovare forse con qualche anno in meno. E’ l’ora della filosofia: si discute sulla vita media di un buon Barolo ma non se ne esce.Si ritorna al Sud col Patriglione ‘96 di Taurino, Negroamaro surmaturo affinato in legno grande, un vino complesso, persistente, emozionante e per niente pesante, anzi godibile fino all’ultimo sorso se non fosse per il prezzo, subito verificato sulla guida AIS, che lo rendono troppo esoso.Si giunge al Sessantanni ‘06 Primitivo di Manduria di Feudi S. Marzano e si mette al centro tavola una Toma Piemontese affinata in foglie di tabacco con miele di millefiori biologico provenienza Asiago entrambi portati da Titti che parla poco ma sceglie sempre prodotti di grande carattere nell’enoteca Di Leva.Il vino è un vinone: rubino-violaceo, profumi inebrianti di frutta in confettura e fiori essiccati e con l’affinamento in legno il tutto si fonde e diventa masticabile, tannini rotondi e altissima persistenza, un prodotto da godere nelle fredde serate invernali magari davanti a un polposo arrosto o a un agnello in riduzione dello stesso Negroamaro.Per finire il dolce di Fosca: torta al cioccolato inframezzato di amarene e panna che fà da traino al bianco da uve surmature di Giardini Arimei un blend di varieta autoctone Ischitane delicatamente dolce con spiccate note erbacee, mi ricorda il Nasco di Sardegna, si abbina una favola alla Toma Piemontese ma anche col Partagas Short Corona non è stato niente male!Ormai si è superata la mezzanotte e tutti ci salutiamo aspettando un prossimo incontro. 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Caro Claudio come spesso succede condivido in pieno le tue parole…. e ad essere sincero con anche un po’ di vanto mi sento parte di questa bella esperienza!!! Nata cosi’ un po’ per scherzo un po’ per gioco ed ora e’ un appuntamento per me sempre gradevole irrinunciabile… grande convivialita’… ottimo cibo… ma sopratutto grandi risate e sempre qualche spunto nuovo di riflessione per un neonato del settore vino come me.
Siamo una squadra fortissimi fatta di gente anarchici….
buon vino a tutti!!!!
un abbraccio
Rino