Di Enrico Nugnes
Appuntamento alle 6 precise, Lino scende alle 6:30, veloce rimprovero, non c’e’ tempo, punto il navigatore: Greve in chianti, via Nozzole, si parte.Siamo di ottimo umore nonostante la (mia) levataccia l’autostrada scorre tranquilla, cappuccino e sigaretta, caffè e sigaretta, sigaretta, Lino fuma io guido.Usciamo dall’autostrada e dopo qualche curva quello che immaginavamo è sotto i nostri occhi: colline, vigne, boschi, ancora colline ulivi e vigne. Non c’e’ un ettaro che non sia coltivato a vigna o a ulivo, notiamo qualche forzatura: qualche vigna (a nostro modestissimo parere) dove sarebbe meglio non fosse allevata.
La strada sale, superiamo pensionati ciclisti, gli autovelox ci minacciano, le curve ci cullano e Lino mi dorme pacioso.
“Avete raggiunto la vostra destinazione” gracchia il dannato navigatore, siamo in mezzo alle vigne, bello! Ma Villa Nozzole non si vede manco in lontananza. Continuiamo a salire, vigne, ulivi, e i boschi che ci raccontano di chi ci ha preceduto e che sapeva che l’uva non cresce bene dappertutto.
La strada si stringe e perde l’asfalto, ora è bianca e la polvere ci segue.
Finalmente un’indicazione, ci siamo…. a destra poi a sinistra e poi: la mitica Villa Nozzole di Tenuta Folonari dove (grazie agli acquisti della Cantina dell’Abbazia) siamo invitati ad una degustazione di Armagnac Marquis de Montesquiou.
Siamo accolti dal maggiordomo (!) in livrea bianca che ci mostra la stanza dove potremo pernottare e poi ci accompagna in un salottino, dove si potrebbe tranquillamente organizzare una coppa Davis. Insieme ad altri ristoratori scambiamo i convenevoli. L’atmosfera, nonostante Villa del ‘400, maggiordomo e camerieri in livrea, è rilassata: siamo tutti un po’ amici…
Poi ci invitano fuori per l’aperitivo, usciamo, il giardino è a strapiombo sulle vigne, siamo circondati da colline e vigne: “io da qui non me ne vado più”, mentre formulo questa idiozia di pensiero qualcuno mi porge il primo calice della giornata è il Cabreo La Pietra 2007 uno Chardonnay in purezza con una bella nota minerale e una bocca che non puoi confondere con altri vitigni è chiaro che strizza l’occhio agli Chablis.
Mentre il cameriere affetta a mano Jambon Serrano e il Parmigiano ci invita a nozze continuiamo a bere e a bearci di quello che vediamo, sarà il Cabreo La Pietra ma a noi pare di stare in alto, molto in alto, quasi lassù.
Poi il pranzo, a tavola ci raggiunge Marco Sabellico, al fianco di Lino siede Messieur Bruno Gazaniol (President Directeur Général di Marquis de Montesquiou) che dopo guiderà la degustazione di Armagnac e … non credo alle mie orecchie Lino chiacchiera amabilmente in inglese con Messieur Bruno con un leggero disappunto del Dott. Folonari che non riesce ad inserirsi nella serrata discussione…
Nei due calici vengono versati Chianti Classico 2007 e Cabreo il Borgo 2006 mentre alla ribollita succede un arrosto di Chianina (praticamente un costato intero), cantucci e poi il primo Armagnac, il VSOP e poi subito un “ohhhhh” in mezzo a quel fior fiore di esperti degustatori, ristoratori e giornalisti Messieur Bruno intinge il cantuccio nell’Armagnac: SACRILEGIO!
Poi ci si sposta (toscaneggio) nella sala degustazione, tutti gli Armagnac sono già versati e la sala (quadratura da campo di calcetto) è piacevolmente satura dei profumi che salgono dai calici, da non credere…..
Eh si è dura, ricapitoliamo: aperitivo un tre calici di Chardonnay, a tavola tre/quattro calici di Sangiovese e davanti alle nostre postazioni 6 calici di Armagnac… è dura ma noi siamo durissimi e andiamo avanti.
Le President Directeur Général tradotto da un graziosa ragazza con inflessioni tosco/francesi ci esalta le proprietà organolettiche degli Armagnac Millésime 1904, Millésime 1914, Millésime 1934, Millésime 1973, Louis I (assemblaggio dei migliori millesimi del XX secolo) e Pier De Motesquiou Conte D’Artagnan (assemblaggio dei migliori millesimi dal 1865 al 1974).
Bevo tutto, non posso farne a meno, tutto.
Io e Lino a questo punto siamo in balia degli eventi, ci propongono la visita in cantina e noi: “siiiii”. La barricaia e immensa, mai vista una cosa simile, in un’altra sala altrettanto immensa ci sono le bottiglie in evoluzione e le bottiglie degli anni precedenti: “chiudete: dormiamo qui!”.
Sono le 18:00 andiamo a rinfrescarci in camera, ci si vede alle 19 per l’aperitivo e poi la cena.
Sono le 20:00 e da qualche minuto bussano alla porta: sono già tutti giù in salotto a bere l’aperitivo, stavolta Champagne!
Ci scusiamo, beviamo an flute de Champagne e poi tutti in macchina, destinazione: la macelleria di Dario Cecchini o più precisamente l’ Officina della carne.
L’Officina ha un tavolo centrale lunghissimo per quasi tutti gli avventori e un tavolo laterale. Al lato della tavolata c’e’ la brace dove l’istrionico Cecchini dagli occhi luciferini dopo averci servito un pinzimonio (sedano, finocchio e carote) cuoce in successione la Panzanese, la Costata e la Fiorentina e guai a chiamarle bistecche: ti caccia dal locale e non è un eufemismo. Poi ci spiega che utilizza carne spagnola che risulta ugualmente saporita ma più leggera della Chianina (non posso che dargli ragione). Tra una portata e l’altra fagioli all’occhiello. Del resto della serata ricordo poco: vagamente un Chianti Classico, un Nobile di Montepulciano, un Brunello di Montalcino, Cecchini che declama “To beef or not to beef”, le foto di Lino con Cecchini, un ristoratore altoatesino che mi diceva cose incomprensibili…. poi la macchina che scivolava nel buio tra le stelle e al termine una stella che si spegne contemporaneamente alla voce di Lino: “Errì buonanotte”.
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