Tracce di polline di una vigna di età romana sono state rinvenute, dopo analisi svolte presso l’Università di Padova, all’interno di un vigneto fossile individuato lungo uno dei fianchi del Monte Massico (Caserta). Ad annunciarlo è stato oggi l’archeologo Luigi Crimaco, durante il seminario “dal Falernum al Falerno” svoltosi al museo civico “Biagio Greco” di Mondragone. E non mancano i progetti per tutelare il “vinum falernum”, come hanno evidenziato il presidente di Agrisviluppo, Giuseppe Falco – con tre importanti progetti – e l’assessore regionale all’Agricoltura, Gianfranco Nappi – che ha annunciato la realizzazione di un’enoteca regionale. “Da uno dei terrazzamenti antichi, ubicato alle pendici del Massico, proviene una delle più interessanti scoperte archeologiche – spiega Crimaco – che ha restituito le tracce fossili di un vigneto risalente all’età imperiale romana. La scoperta, fatta negli ultimi anni del secolo scorso, dopo i lavori di sbancamento per la costruzione della strada Panoramica del piccolo borgo di Falciano del Massico, ha permesso di individuare una serie di sulci (filari), in cui dovevano essere sistemate le viti per la produzione del vino. All’interno dei solchi, al momento della scoperta, furono rinvenuti esclusivamente frammenti di ceramica fine di produzione africana, tipica del mondo imperiale romano. Si tratta di 15 solchi paralleli, disposti a una distanza di circa 2,70 metri l’uno dall’altro e ricavati nel paleosuolo composto di ignimbrite campana. Poi negli ultimi tempi le analisi polliniche sul fossile hanno fornito risposte adeguate e possiamo affermare che apparteneva ad un vigneto di falerno il fossile rinvenuto nell’area del Massico”. Il presidente di Agrisviluppo, Giuseppe Falco, ha annunciato importanti iniziative. “L’idea è quella di realizzare una Fondazione sul vino falerno tra Camera di Commercio, Comuni interessati e produttori di vino. Poi avvieremo la pratica necessaria per chiedere all’Unesco la tutela del ‘vinum falernum’ e abbiamo intenzione di ricostruire tre vigneti sul modello di quelli degli antichi romani in tre diverse zone quali il Teatro Romano di Sessa Aurunca, la Villa di San Limato a Cellole e gli Scavi del Castello di Mondragone”.Sono intervenuti al seminario – che ha avuto come finalità quella di mettere un punto fermo sugli studi e la divulgazione di una delle aree più importanti nella diffusione della vite nel Mediterraneo, l’Ager Falernus – oltre all’assessore Gianfranco Nappi, il professore Luigi Moio, l’agronomo Nicola Trabucco, il sindaco di Mondragone Achille Cennami, il sub commissario della Provincia di Caserta Michele Petruzzelli, e il deputato Mario Landolfi. Ha moderato il dibattito il giornalista Luciano Pignataro.In particolare il sindaco Cennami ha espresso all’assessore Nappi la necessità di essere sostenuti dalla Regione per la creazione, a Mondragone, di una cantina per la tutela del vino Falerno.L’assessore Nappi, invece, ha sottolineato che il rilancio del territorio, avviene solo aprendo un tavolo di confronto tra tutti i produttori e le Istituzioni che attivamente possono collaborare tra loro.In risposta al sindaco di Mondragone, l’assessore regionale all’Agricoltura, ha annunciato la realizzazione di un’enoteca nazionale, per la quale sono stati già stanziati 4.5 milioni di euro.L’agronomo Trabucco, si è soffermato sulla composizione del suolo della ricca terra del falerno analizzando le singole aree di produzione.A tracciare un percorso dell’origine del falerno, a spiegare i metodi di vinificazione nell’epoca romana e le caratteristiche sensoriali del vino come riportato dagli autori classici, è stato il professor Luigi Moio, ordinario di enologia all’Università degli Studi di Napoli Federico II.Il deputato Mario Landolfi, a conclusione del seminario, ha parlato della tutela delle tipicità locali, in questo caso della valorizzazione del vino falerno. “Per lo sviluppo delle produzioni del territorio, bisogna rendere le singole zone competitive e rispettare sempre i disciplinari, così come avviene per altre ricchezze come la grappa o il parmigiano reggiano. Come ha sottolineato il professor Moio, questo territorio ha caratteristiche e microclima unici ed inesportabili”.
Il seminario è stato organizzato nell’ambito del Programma Speciale di Marketing Territoriale “Costiera dei Fiori”, ideato e promosso dall’Assessorato all’Agricoltura della Regione Campania e realizzato da una partenariato locale costituito dalla Camera di Commercio di Caserta, Stapa Cepica ed Amministrazione Provinciale di cui Agrisviluppo è soggetto attuatore.
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Considerata l’importanza storica del Falerno e la valenza suggestiva che questo sostantivo ancora ha nella mente e nel cuore di quanti, anche in modo casuale, si sono avvicinati agli studi classici, appare chiaro del perché da anni si assiste ad un tentativo di allargare a dismisura la reale area falerna che le fonti ci dicono corrispondere grosso modo agli attuali comuni di Falciano del Massico, Carinola e, in piccolissima parte, Mondragone.
Questo marchio, frutto della tradizione classica, impresso in modo indelebile nel sapere comune, è sembrato, a ragione, essere un’occasione da sfruttare commercialmente. Da qui la nascita della DOC Falerno del Massico che include, però, al suo interno anche il territorio di comuni non propriamente riconducibili all’originario ager Falernus.
Negli atti, inerenti l’iter burocratico svolto dalla Camera di Commercio di Caserta per la istituzione della Denominazione d’Origine Controllata tra il 1986 ed il 1988 si colgono con chiarezza in più punti le perplessità per un riconoscimento che, pur attribuendo al Falerno il giusto tributo, sembrava rispondere, quanto all’ampiezza del territorio di produzione, ad interessi imprenditoriali di aziende collocate in aree limitrofe e al di fuori di quelle storiche, come innanzi definite.
La necessità di contemperare le varie esigenze ha dato vita, purtroppo, ad un disciplinare unico nella storia dei vini a Denominazione di Origine Controllata e cioè la facoltà di produrre il Falerno non con un solo vitigno ma addirittura ben tre, anche in proporzione tra loro.
Tali logiche ed interessi commerciali fanno si che nei convegni sul tema (questo ad esempio è quanto accaduto nel recente seminario «dal Falernum al Falerno» -25 settembre 2009– Mondragone) si tenti sistematicamente di tirare per la giacca la regione storicamente originaria del Falerno al fine di ampliarla e ciò a scapito di quel concetto di territorialità che accompagna ogni vino di grande pregio.
Per avere un quadro chiaro sull’area di produzione del vino Falerno in epoca romana rimando al mio recente articolo apparso su Civiltà Aurunca n. 75-76 dal titolo “I vini d’età romana in Campania settentrionale” ma anche ai numerosi contributi del prof. Giuseppe Guadagno dell’università di Salerno.
Isp. On. Min. BB. CC.
dott. Ugo Zannini