L’amica Maria Cristina Ciaffi, nonchè delegato Ais Civitavecchia e Presidente della Strada del Vino delle Terre Etrusche Romane ci racconta di un incontro romano tra due genii “compresi” del nostro tempo…(T.L.)
Le Jardin de Russie, Roma, 17 marzo 2009 Mentre percorro Via del Babuino incontro Fulvio Pierangelini. Tanti capelli, una fisicità importante e due occhi neri mi guardano con intensità. Sto per abbozzare un saluto ma subito vengo sostituita dal telefonino con il quale sta trafficando.Sono arrivata all’Hotel de Russie, dove si terrà questo evento, sul quale ho fantasticato nei giorni scorsi. E’ ancora un po’ presto e per le scale mi viene incontro Fabio Turchetti. Decidiamo di indugiare allo Stravinskij Bar, mentre cresce l’aspettativa. Finalmente è l’ora. Ci accomodiamo e mi accorgo che c’è un’attesa carica di silenzio: due personaggi importanti e particolari che si incontrano e che siamo certi ci regaleranno tante emozioni.
Il vino è già nei calici: Breg e Ribolla entrambi 2004. Prendo posto in prima fila, non voglio perdere neanche una sfumatura. Ho quasi un timore reverenziale rispetto a quel liquido, tanto che non mi decido a prendere in mano quei bicchieri che invece mi invitano. Rimando, rimando ancora… e poi lo faccio. Mi fermo sui colori, prima uno poi l’altro. Il Breg ambrato più scuro rispetto alla Ribolla dovuto al pinot grigio che dà colore, tutte e due con riflessi rosa quasi ramati. Lenti nella roteazione mostrano una notevole consistenza. Finalmente mi avvicino ai profumi, sempre prima l’uno e poi l’altro a scoprirne le immediate differenze. Mi fermo qui. Aspetterò prima di procedere oltre. Voglio prima sentir parlare i due protagonisti.
Comincia Fulvio Pierangelini. Ha già, od ha ancora, il grembiule e si agita sulla sedia in contrasto con l’immobilità di Josko Gravner. Nella preistoria del vino, quando si proponevano solo alcune etichette, le più conosciute, erano rarissimi i ristoratori che nel giorno di riposo andavano di azienda in azienda per conoscere altri vini. Cita Veronelli e si allarga in un sorriso, che dura solo un attimo. Il rapporto con Gravner è basato sui silenzi. Loro si capiscono così e si stimano anche per questo. Tocca ora al Produttore. Le parole escono lente, con un italiano stentato ma la platea è silenziosa e attenta molto di più che in una funzione religiosa. Ripete a fatica gli insegnamenti paterni, gli sforzi e i propri errori. Riesce però a farci capire benissimo la propria filosofia produttiva e di vita. Rispecchia totalmente i vini. E’ pronto a rispondere alle nostre domande e ne chiede di cattive. Solo Antonio Paolini, dopo aver espresso una considerazione sul concetto di confine non solo geografico, che unisce e allo stesso tempo separa, ne fa una.Gravner in realtà ha parlato parecchio. Penso che non voglio più parole, voglio sentire i vini.
Ci siamo. La degustazione è libera e così cerco di estraniarmi dal contesto e mi concentro. Il Breg presenta profumi intensi ed immensi. Erbe aromatiche, anice stellato, note di agrumi canditi, albicocca secca…un susseguirsi continuo. In bocca è cremoso e rispecchia in pieno la ricchezza aromatica… lunghissimo. Gravner lo paragona ad una persona con le spalle larghe, ma dal cuore tenero.
La Ribolla si presenta più minerale. Con accenni floreali e dolci. Frutta tropicale, cipria, nocciole tostate, erbe aromatiche e fieno. L’assaggio è pieno di sapore e con una lunghissima persistenza. Anche in questo caso un’ immagine comparata: una persona più esile ma di grande generosità.
Foto di Alessandro Palmieri
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