Di Pino Savoia

Un’evento nell’evento quello tenutosi a Roma sabato e domenica scorsi. Per la prima volta , superando vecchie “beghe di partito” ed annose posizioni contrastanti, si sono trovati assieme riuniti nella stessa manifestazione produttori di vini biodinamici e naturali appartenenti ad associazioni e “sigle” diverse. Sarà pure grazie alle indomiti capacità della Tiziana Gallo di Porthos o ad una ritrovata stagione di concertazione enoica , ma il risultato per me è veramente interessante. Da operatore del settore che deve farsi un’idea sui vini, assaggiarli e selezionarli, beh non essere costretto a barcamenarmi tra tre o quattro eventi in luoghi geografici e dell’anima diversi è una piccola soddisfazione ed una grande comodità. Se a questo poi aggiungiamo che eventi di tal fatta vengono organizzati solo al Nord ( unica eccezione l’Elogio dell’Imperfezione organizzato dall’ AIS Napoli qualche tempo fa…) il cerchio si chiude. Col proposito ( che è già più di un’idea…) di cambiare almeno un po’ le cose e di riaprire il cerchio verso il Sud inizio il mio racconto – ormai non si può più partecipare ad un qualsiasi evento enogastronomico che il buon Tommaso non ti chieda un report- dei vini che più mi hanno favorevolmente impressionato. Doveroso incipit campano con ben tre aziende irpine a tenere banco: Cantina Giardino, Picariello, Il Tufiello.
Splendida performance dei vini di Antonio e Daniela Di Gruttola caratterizzati da forte personalità e grande riconducibilità al vitigno. Sopra tutti il Greco Adam 2006 che è un’esplosione di aromi di frutta cotta e secca ( fichi, datteri), spezie del lontano Oriente, finissime note fumè e sensazioni minerali che solo nei più grandi Riesling alsaziani è possibile ritrovare. A patto di saper corteggiare il vino senza ansie di “prestazione”… E che dire poi dell’Aglianico Nude 2004? Austero, elegante , incisivo, si dona al naso con un ampio e variegato corredo aromatico ( frutti rossi, spezie fini, torrefazione, humus, radice di liquirizia, argilla) che ritrovi in un’invidiabile corrispondenza naso-bocca. Chapeau!
Non senza emozione assaggio il Fiano di Avellino di Picariello che riscosse enorme successo tra gli enofili con l’annata 2004. Un vino che ancor oggi stupisce per la meravigliosa verve evolutiva. La versione 2006 che invece è in degustazione appare nella sua veste luminosa di giallo paglierino carico, dove a farla da padrona sono nuance fruttate e dolci a discapito un po’ di quelle floreali e minerali che ci saremmo aspettati conoscendo il Fiano di Ciro che rimane pur sempre uno dei migliori in Campania. Come dire Historia magistrae vitae…
In degustazione ora il Fiano Don Chisciotte di Guido Zampaglione. Due ettari di vigneto dell’azienda agricola di famiglia coltivati in maniera naturale regalano nel bicchiere un vino carismatico, elegantemente floreale ed equilibrato. Erbe aromatiche, crosta di pane e nocciola i profumi che si rincorrono ad ogni successiva olfazione e che predispongono ad un assaggio piacevolissimo. Fresco e sapido il Don Chisciotte seduce per la sua complessità e persistenza senza con ciò essere volgarmente opulento. Il Piemonte si “inchina” di fronte a sua grazia il Fiano…

Foto di Mario Carrabs

Dalla Campania alla Sicilia il passo è presto compiuto grazie a Salvo Foti ed alla sua incantevole azienda di Randazzo ( CT) I Vigneri, nome degli uomini “autoctoni etnei” specializzati nella viticoltura ad alberello. La filosofia dell’azienda è la stessa del bisnonno di Salvo che già ai suoi tempi ammoniva:“riurdativillo sempri u vinu si fa ca racina” (ricordatevelo sempre: il vino si fa con l’uva). Banalità ? Beh , non direi affatto se si comprende l’importanza di una coltivazione fatta a mano o col mulo ( in Francia il cavallo, in Italia il mulo…), una vinificazione senza frigo, lieviti e filtrazione, etc. Ma il discorso sarebbe troppo lungo da sviscerare ora e quindi preferisco raccontare le sensazioni uniche che ho potuto apprezzare nel bicchiere che sono poi alla fine quelle che fanno pendere l’ago della bilancia del gusto. In primis il Vinudilice 2006 , un rosato prodotto con uve Alicante, Grecanico e Minnella a 1300 m s.l.m. di grande appeal fin dal colore rosa antico . Freschezza del frutto polposo , audacia dell’elegante ardesia e complicità nel finale aromatico della nepitella, queste le note distintive di un vino già in viaggio per casa mia. Un altro campione di autenticità è stato il Vinupetra 2005 .Quest’ Etna rosso , figlio delle magnifiche uve Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio, Alicante e Francisi rotea nel bicchiere lentamente sprigionando aromi fruttati ( coulis di piccoli frutti di bosco, arance rosse) e floreali ( ligustro, rosa tea) che inebriano e suggeriscono un assaggio più che meditato.
In successione veloce l’ Etna rosso 2001 dell’azienda Il Cantante di Sant’Alfio (CT) sempre seguita dal siculo Salvo. L’altitudine straordinaria, i vigneti ultracentenari , il paesaggio dipinto dall’Etna unitamente all’esperienza di “veri” vigneron offrono un risultato davvero encomiabile. Il naso si accosta sapientemente alle molteplici scene che compongono la sua “filmografia”: fragranze invitanti di frutta rossa matura ( amarena, susina), note di spezie – legate all’evoluzione del Nerello Mascalese- dolci, soavi e leggermente amare che evocano cioccolato e frutta secca, cui si uniscono armoniosi effluvi vegetali ( foglia di tabacco). Un gusto fresco ,sapido e teso che promette un futuro tutto da bere…
Ancora un giro in Sicilia e scovo il Pithos 2007 dell’ Azienda Agricola Cos. Un Cerasuolo di Vittoria fermentato ed affinato in anfore di terracotta che intriga per l’energia di un fruttato traboccante, una stoffa finemente minerale e soprattutto una magistrale bevibilità. Buona anche la versione fermentata in vasche di cemento ed affinata in botti grandi con cangianti spezie a solleticare il palato.
Si sale e si approda in Basilicata con l’azienda agricola Camerlengo di Rapolla. Qui ritrovo quelle che senza esitazioni di sorta mi sento di definire due delle più autentiche e straordinarie espressioni dell’Aglianico del Vulture: l’Antelio ( maturazione in botti da 40 HL di rovere di Slavonia) e il Camerlengo ( maturazione in barrique) . Entrambi ampi e seducenti nei profumi riconducibilissimi al vitigno e rigorosi e persistenti al gusto.
L’excursus prosegue con i vini del La Biancara di Angiolino Maule semplicemente esemplari per finezza, pulizia , energia e personalità. Da annotare per non dimenticare il Sassaia ( prodotto da 80% di Garganega e 20% di Trebbiano) ricco di frutta gialla ( nettarine, bergamotto) e nuances minerali; il Rosso Masieri ( Cabernet Franc, Merlot, Lagrein) cupo e nutrito di gelsonero, radice di liquirizia e sottobosco; ed il Recioto ( Garganega) di Gambellara fresco prima che dolce , in un tripudio di fragranze che vanno dallo zenzero alla marasca, dal fico di Corinto alle scorze di agrumi essiccati per non finire mai…
E giù di lì a seguire con il Ruchè di Rinaldi, fruttato e delicato, il Pignolo 2004 di Moschioni generoso nel carattere anche se soffre un po’ per l’annata calda ( anche su da loro…!), l’autarchia della Barbera D’Alba piena , ricca ed elegante di Cappellano , il cerebrale Barbaresco 2004 di Punset, l’esperienza da “almeno una volta nella vita” dei vini di Pino Ratto, la calma strenua ed eccessivamente confortante dei vini de La Castellada ( che ricordavo meno bonaccioni), i fuoriclasse, made Castello dei Rampolla,  Sammarco 2004 e 2005, e D’Alceo 2005 ( infanticidi commessi per ragione di Stato), il granitico Barbaresco di Teobaldo Rivella, le audaci ed estreme versioni del nielluciu ( simile al nostro Sangiovese) del corso Antoine Arena, l’affascinante Sancerre 2006 di Sebastian Riffault, il nobile Gamay in purezza “portato a cavallo” da Christian Ducroox, e tanti altri ancora che conservo gelosamente nel cuore con la speranza di condividerli presto dal vivo con gli amici che hanno avuto la follia di leggere per intero questo post.