Di Pino Savoia
Non v’è nulla di meglio che iniziare una serata di relax sorseggiando un buon aperitivo. E se è vero che la “felicità è trovare due olive nel tuo Martini quando sei affamato”( Johnny Carson), allora per me si aprono le porte dei Campi Elisi sorseggiando un Martini Dry preparato a regola d’arte come pochissimi altri sanno fare. Da chi? Dalla brava e sorridente Alessandra De Masi, bar lady ( nonché sommelier AIS) preparatissima del famoso Blustoone di Via Chiaia a Napoli. Alessandra ci delizia con una versione del Dry Martini , ingentilita dal tocco di classe del lemon twist, che solo all’Harry’s Bar di Venezia puoi trovare! Ad accompagnare il nostro cocktail ci sono una carrellata di appetizer di ottima fattura che la cucina allegramente sforna in questa propizia ora del pre-dinner. E già , non dobbiamo dimenticare che la nostra serata è ancora lunga e che prevede una tappa gastronomica in uno dei templi della ristorazione cittadina della nuova generazione, il ristorante Radici . Quindi armati di appetitose intenzioni ci rechiamo alla Riviera di Chiaia , l’antica strada che deriva il suo nome dallo spagnolo “Playa” ovvero spiaggia e che costeggia il lato interno della Villa Comunale. Qui lungo la strada , per chi resta affascinato dalla storia e dall’arte napoletana, suggerisco di non perdere il Museo Principe Diego Aragona Pignatelli Cortes. Ebbene, a questo punto si dia il là alle “danze” ed entriamo pure nel piccolo ma accogliente locale di Agostino Cacace. Uno stile sobriamente minimalista con pareti bianche, arredi in teak, lampade illuminate a led, piante esotiche, il tutto a fare da cornice alla mediterranea cucina di Carlo Spina ispirata dal suo maestro Gennaro Esposito. Ed ecco che a rallegrare subito le nostre papille gustative ci pensa l’entrée di benvenuto , un raviolo di ricotta e gamberi in pasta kataifi ( pasta filiforme della tradizione greca senza grassi e dal gusto neutro) ed emulsione di zucca e menta. Incipit delicato che viene accompagnato dai fragranti pani , tra cui a stonare c’è solo il grissino bruciacchiato. Peccato veniale che lo chef si fa perdonare grazie ad una interessante variazione di baccalà: cappuccio, confit, pastella scura . Il primo , a parte la denominazione oramai super inflazionata , è una mousse di baccalà , patate, e grattugiata di bottarga di tonno a dare il giusto sprint sapido. Piatto buono anche se già visto e rivisto, non ultimo quello di Adriano Baldassarre del Tordo Matto “edito” già da qualche anno. A seguire nel piatto , da sinistra a destra, c’è poi uno squisito boccone di mussillo adagiato su una piacevole scarola amarognola. Ed infine una zeppola di baccalà al nero di seppia cromaticamente d’effetto anche se un po’ moscia …Colpa dell’olio non a temperatura? Divagazioni sul tema a parte, ci portano in tavola uno dei piatti più intriganti della serata: la vellutata di patate con uovo in camicia e tartufo umbro. Piatto tecnicamente perfetto in quanto a cottura, gioco di consistenze e sapori in equilibrio. Il bello della sperimentazione è appunto quando non è fine a se stessa!
Su queste pietanze intanto stiamo bevendo Le Chiarle 2006 di Maurigi. Un Viognier 100% siciliano dal colore dorato, con note di frutta esotica, vaniglia , ma corredato anche di una fine ed elegante mineralità. La buona sapidità, la giusta freschezza ed il finale ammandorlato lo decretano compagno ideale anche dei primi piatti che abbiamo scelto. Il primo è un riso giallo al salto( basmati allo zafferano), sautè di frutti di mare e crostacei ( aggiunti a crudo e poi saltati insieme agli altri ingredienti), verdurine di stagione. Si tratta di una preparazione fresca, direi estiva, dove però percepibile è stata la mancanza della giusta carnosità dei crostacei. Dall’estate all’inverno il passo è presto fatto con i malfatti di pasta fresca agli spinaci, salsiccia, funghi e crema di zucca. Un piatto quasi da baita di montagna che non convince per l’eccessiva pesantezza dovuta ad un condimento poco in linea con i regimi nutrizionali contemporanei, e poi per la zucca gustativamente assente e per i funghi non in “forma”. Intanto ci siamo dati ad una lettura più attenta della carta dei vini che appare essere in parte sorretta da scelte indovinate con ricarichi nella media, anche se ricca purtroppo di correzioni apportate a penna – pessimo costume che speriamo possa abbandonare presto i nostri ristoratori – , e numerosi refusi ( Demezzano invece di Denazzano, etc.). Leggendo leggendo ci siamo fatti servire un bianco altoatesino di raro appeal , il Beyound the Clouds 2005 di Elena Walch. Oltre le nuvole è la traduzione letterale e seduttiva di questo nettare cremoso e complesso che ci viene correttamente presentato e servito dall’unico collaboratore di Agostino, che non ci ha fatto di certo mancare attenzione e cordialità. Capitolo secondi piatti. Tra le pagine di un menu stilisticamente in armonia col contesto di luci e colori che ci circonda, “peschiamo “ una millefoglie di spigola ( un po’ spenta nella fragranza) con carciofi e le immancabili verdurine. Mentre il piatto del giorno , consigliato da Agostino , si materializza davanti a noi sotto forma di trancio di ricciola in foglia di banano cotta in cartoccio. Discreto, ma senza una salsa che crei un contrasto appare troppo asciutto e monocorde. Anche se in carta sono presenti allettanti formaggi campani e nazionali, viriamo però a questo punto della cena sui dolci, piacevoli ma non emozionanti. In ordine di gradimento : bavarese alla castagna con salsa di cachi, semifreddo all’anice con praline di mandorle e salsa al cioccolato amaro, croccanti cannoli di ricotta profumata al limone. Chiudiamo la cena con un intenso e varietale Calvados di Christian Drouin e con una quasi certezza. Siamo stati a cena – considerando i parametri adottati in Campania dalla guida Michelin quest’anno- nel prossimo ristorante stellato a Napoli.
Ristorante Radici
Via Riviera di Chiaia, 268 Napoli
Tel. 0812481100
Sito: www.ristoranteradici.it
Chiusura: Domenica. Aperto solo a cena
Prezzo medio: € 62,00 ( vini esclusi)
Carta dei vini | ||||
Sommellerie | ||||
Servizio | ||||
Cucina | ||||
Hotellerie | ||||
Cordialità | ||||
Ambiente/Confort | ||||
Toilette | ||||
Parcheggio | ||||
Qualità – Prezzo |
Insufficiente | |||||
sufficiente | |||||
Discreto | |||||
Buono | |||||
Eccellente |
nel leggere l’articolo ho pensato magari una sera ci passo per una cena con gli amici!però mi sarei aspettata una valutazione diversa sulla carta dei vini e sulla sommelleri!un pò più critico!!!
Ben vengano le stelle a Napoli!
per adesso c’è la bella novità “stellata” di Palazzo Petrucci con lo chef Lino Scarallo…
@sofia
il problema delle valutazioni rimane sempre lo stesso sia che si parla di vino che di ristoranti.
quando bisogna alla fine ridurre tutto ad un simbolo (tastevin, grappoli, bicchieri, chiocciole,etc.etc.) – che, in realtà, poi, traducono dei punteggi – ci si accorge di tutti i limiti che questo tipo di valutazioni comportano.
io mi accorgo spesso (e qualche volta me lo fanno giustamente notare) quando scrivo le schede su lavinium che la valutazione finale espressa in chiocciole sembra stonare con il contenuto delle note, talvolta in positivo, talvolta in negativo.
mi vengono sempre in mente le parole di mio padre che dice che il “dono” della sintesi non solo non l’ha mai avuto ma non aspira tantomeno averlo.
la descrizione di un vino o di un ristorante ha sempre quel quid in più, quel “dettaglio” che difficilmente può essere sintetizzata e che meglio esprime anche il suo vero valore e significato.
Raccontiamo una bevuta, una serata… dentro non c’è solo il contenuto di una bottiglia o di un piatto ma c’è il nostro umore, la compagnia, la solitudine, l’empatia, la naturale predisposizione, il nostro vissuto… mi fermo qui.
@fabio: bellissima la citazione di tuo padre, ed io, in quanto matematico, sono sempre a saltellare tra la sintesi e l’analisi (che è quella che più ci appartiene). In ogni caso, le recensioni sono di solito apposta divise in due parti, una prima “analitica” ed una seconda “sintetica” proprio per fornire una doppia chiave di lettura, d’altra parte, caro Fabio, un critico dovrebbe proprio avere la capacità di raccontare la “bevuta” o la “mangiata” prescindendo dai parametri che tu indichi e, nei limiti del possibile, da tutte le altre valutazioni personali che non siano nella esclusiva direzione di ciò che è chiamato a giudicare… o sbaglio?
é sicuramente vero che la traduzione in punteggi , o meglio in simboli, presenta non poche difficoltà per i motivi che Fabio ha giustamente sottolineato. Ma per quanto riguardo poi, nello specifico, il punteggio della carta dei vini e della sommellerie c’è da dire che
1) si tratta di una wine- list di circa 300 etichette ( non saranno tantissime, ma nemmeno poche, no ? ) scelte in mamiera non proprio approssimativa con ricarichi giusti come si legge nella recensione…
2) il cameriere ai vini ( non il sommelier perchè pur avendo frequentato il corso non ha ancora superato l’esame) ha effettuato un
onesto e discreto servizio dei vini e dei distillati. Le temperature di servizio erano corrette, i vini presentati e serviti nella giusta maniera.
Quindi direi niente male…No?
In ogni caso vi ringrazio tutti per i vostri appunti e suggerimenti, che sono per me di grande stimolo e gratificazione. Mi dispiace di non aver risposto prima a Sofia , ma ero in “missione” fuori regione: Osteria Francescana a Modena!!!!!!!!!!!!! Ogni tanto avverto la necessità di inebriare i miei sensi con una VERA cucina gourmet…
Ciao
Pino
Il sistema di valutazione perfetto, non esiste a mio parere, in nessun settore ,per quanto si tenti di correggere il tiro in qualche modo quando si deve dare un giudizio con un numero , o un giudizio con dei parametri è impossibile essere esaustivi e omnicomprensivi.
A mio parere, la doppia scheda descrittiva, magari più sintetica ,con la parte numerica ,tastevin o stelline, è un buon indizio per chi si accinge a scegliere dove andare a cena o a pranzo.
Teniano presente che esiste sempre una certa soggettività nel giudizio che può e deve rimanere, in quanto ognuno ha comunque i suoi gusti e le sue preferenze.
Aggiungerei anche un giudizio descrittivo specifico sulla cordialità e l’accoglienza in generale ,che in alcune circostanze vale anche più di un buon pasto e può essere un altro ulteriore elemento.
A volte tutto è fin troppo perfetto : mangiare ,bere servizio,ambiente, mà manca un quid!
Comunque grazie per la segnalazione di Pino.
Teniamo aperta la scheda ed aggiorniamola magari con i nostri appunti o giudizi.
PB.