Su segnalazione dell’enologo Fortunato Sebastiano pubblichiamo un articolo del Dott.Stefano Pescarmona, ricercatore dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo-Colorno, agronomo e viticoltore…Buona lettura!(T.L.)
Fonte: Agriobiocampania
L’agricoltura biodinamica è un metodo di produzione agricola di tipo ecologico, che affonda le sue radici in una particolare concezione della produzione agricola (una vera e propria scienza per i seguaci, una pseudoscienza per i detrattori) basata sugli insegnamenti che l’austriaco Rudolf Steiner(nella foto a sx) diede in campo agricolo ma anche medico, sociale, artistico e pedagogico verso l’inizio del 1900. La sua visione del mondo viene definita antroposofia e sviluppa una concezione sistemica della terra e del cosmo, descrivendo un sistema complesso di influssi energetici in cui anche pianeti e costellazioni giocano un ruolo importante e dove l’uomo riveste il ruolo di più grande responsabile dell’ambiente, in quanto essere più evoluto della natura vivente, unico esemplare del regno animale dotato di libero arbitrio e di capacità creativa/distruttiva. Solo verso la fine della sua prolifica carriera di ricercatore, scrittore e conferenziere Steiner si dedicò all’agricoltura, tenendo un ciclo di incontri in Germania, rivolto esclusivamente agli agricoltori. L’insegnamento steineriano include non soltanto la valenza nutrizionale del cibo, ma anche quella ecologica dell’agricoltura che ne presiede la produzione, fino alle implicazioni sociali ivi connesse. Non è possibile qui approfondire l’impianto teorico dell’antroposofia di Rudolf Steiner (chi fosse interessato può consultare la bibliografia relativa alla fine dell’articolo): una cosa interessante risiede nel fatto che una visione così mistica dell’uomo, della natura e del cosmo non si sia limitata ad una semplice disquisizione filosofica ma abbia sviluppato vere e proprie metodologie e strumenti nei più svariati campi dell’operare umano: la pedagogia Waldorf, la medicina antroposofica, l’euritmia e l’agricoltura biodinamica, che, poco conosciute in Italia, rappresentano discipline diffuse e molto apprezzate nella vicina Germania.
I preparati biodinamici
Questo metodo è disciplinato e certificato su scala mondiale dal marchio collettivo di qualità biodinamica “Demeter”, gestito dall’associazione omonima. Nonostante la sua storia e la diffusione su scala mondiale, questo metodo suscita ancora molti dubbi sia presso la comunità scientifica, sia in molti agricoltori: le ragioni vanno ricercate da un lato nel meccanicismo che impregna il sapere scientifico moderno e dall’altro forse nell’eccessivo “misticismo” con cui, a volte, viene presentato il metodo. Per comprendere meglio il metodo, almeno nella sua componente pratica e applicativa, è utile analizzare il disciplinare di produzione. Da un lato esso presuppone necessariamente l’adozione del metodo biologico (in effetti le aziende che vogliono ottenere il marchio Demeter devono essere prima certificate biologiche), differenziandosi da esso per alcune restrizioni nei prodotti utilizzabili per la difesa (ad esempio non è possibile usare il rotenone e alcuni formulati a base di piretro ammessi dal Reg.Cee 2092/91) e in alcuni destinati alla fertilizzazione come i carnicci e i concimi contenenti sangue animale. Dall’altro contempla l’introduzione di alcuni strumenti specifici del metodo come i preparati biodinamici, il cui utilizzo è obbligatorio ai fini della certificazione: queste curiose preparazioni, che caratterizzano il metodo, ne giustificano il nome in quanto agiscono nel campo delle forze sottili (bios=vita e dinamos=forza). Il processo di dinamizzazione che caratterizza il metodo biodinamico, ovvero una sorta di attivazione nell’acqua dei preparati attraverso la formazione di vortici contrari e ritmici, è analogo a quello utilizzato nella farmacopea omeopatica, i cui medicinali subiscono un analogo processo di diluizione e dinamizzazione. I preparati biodinamici (i più impiegati in viticoltura sono il corno-letame o preparato 500 e la polvere di quarzo o preparato 501) sono elaborati a partire da elementi minerali e organi vegetali e animali fatti fermentare in opportune condizioni ambientali e temporali. Possono essere suddivisi in due principali gruppi, quelli da spruzzo e quelli da cumulo: mentre i primi vengono spruzzati sul terreno e sulle piante, per stimolare l’attività microbiologica del suolo e la fotosintesi (in simbolica analogia con l’essere umano nella sua capacità digestiva e respiratoria), i secondi vengono inseriti nei cumuli di letame ai fini di ottimizzare il processo di compostaggio. Il cumulo è un’altra fondamentale prerogativa del metodo biodinamico, ovvero il compostaggio controllato dello stallatico (innestato con i preparati da cumulo) al fine di ottenere un particolare tipo di humus, a sua volta elemento centrale per la salubrità di un suolo e una corretta nutrizione vegetale. Fino qui tutto abbastanza facile e in effetti queste sono le sole rilevanti differenze tecniche che caratterizzano questo metodo rispetto al biologico nell’attuale realtà dei fatti. Un terzo strumento utilizzato (non sempre perché non obbligatorio) dagli agricoltori biodinamici, è il calendario lunare di Maria Thun, dove viene preso in considerazione il ciclo siderale lunare per favorire trapianti, potature, travasi, trattamenti, etc. Esiste infine un’altra tecnica sviluppata dalla scuola biodinamica ma, che per diverse ragioni, non trova grande riscontro nelle aziende: trattasi del cosiddetto metodo delle ceneri, utile nella lotta ai parassiti e alle erbe infestanti, la più alchemica delle procedure che caratterizzano il metodo. In ogni caso non trova al momento effettiva applicazione se non in pochissime realtà.
L’azienda a ciclo chiuso
In effetti il metodo biodinamico non comprende soltanto mezzi tecnici come i preparati biodinamici o il calendario lunare ma promuove un’idea di fondo che indica nell’azienda a ciclo chiuso il miglior modo per raggiungere una qualità alimentare globale fatta di valori nutrizionali e sostenibilità produttiva. Essendo un compito assai difficile per la maggior parte delle aziende agricole attuali, che tendono alla specializzazione, viene incentivata la creazione di distretti produttivi dove le aziende di un determinato territorio possano cooperare nello scambio di prodotti (soprattutto letame e foraggi) in modo da rendersi complessivamente il più autonome possibile.
La ricerca scientifica
Fino a poco tempo fa esistevano diversi studi ufficiali ma poco importanti e comunque trascurati. Nel 2002 però sono stati pubblicati sulla rivista Science i risultati della sperimentazione DOK del Fibl (Istituto governativo di ricerca agraria svizzero): si tratta della più importante, completa e affidabile ricerca in agricoltura nella storia delle scienze agrarie. Per ben 28 anni sono state confrontate le tre agricolture moderne di cui esiste una procedura disciplinata: l’integrata, la biologica e la biodinamica. In termini di sostenibilità ambientale, analizzando i parametri di efficienza energetica del processo e quelli relativi alla fertilità del suolo, quest’ultima ha ottenuto risultati eccellenti, che confermano la validità e l’efficacia del compostaggio e dei preparati biodinamici in questo senso. Inoltre i risultati mettono in evidenza come i suoli trattati biodinamicamente siano microbiologicamente molto più attivi, il che porta a dedurre che siano migliori anche le condizioni di nutrizione della pianta sapendo che l’attività microbica e la disponibilità degli elementi nutritivi sono direttamente correlati. Inoltre è plausibile ipotizzare che se migliora la nutrizione delle piante migliora anche il loro stato fitosanitario. Riguardo questo aspetto esiste anche un interessante studio di Claude Bourguignon, agronomo e pedologo francese esperto di terroir viticoli, che conferma la maggior attività microbica, soprattutto in profondità, nelle vigne biodinamiche rispetto a quelle biologiche e convenzionali: questo dato riflette la possibilità di una radice di esplorare e assorbire con maggior facilità la componente minerale del suolo, estremamente importante per migliorare e tipicizzare la qualità di un vino di terroir.
Al punto di rottura
L’impatto del nostro modello di sviluppo e di agricoltura sulla salute dell’ambiente ha raggiunto una criticità notevole. Esiste un rapporto dettagliato sullo stato di salute degli ecosistemi redatto da 1360 scienziati di tutto il mondo, il Millenium Ecosystem Assessment, un lavoro durato quattro anni: le conclusioni sono molto preoccupanti e la causa principale è individuata proprio nell’organizzazione e funzionamento del sistema alimentare, dove l’agricoltura convenzionale gioca il ruolo più importante. (Maggiori info su http://www.millenniumassessment.org/en/index.aspx ).
Il sistema di conoscenze agronomiche tramandato attraverso le generazioni in passato, e rinnovato quotidianamente attraverso la puntuale osservazione della pianta, è stato pressoché spazzato via da una grossolana semplificazione dei rapporti causa/effetto, ovvero problema/cura: se la produzione cala fertilizziamo con azoto, se c’è una malattia questa nuova molecola la cura e così via. La biodinamica attraverso una visione più ampia del rapporto clima-terreno-pianta-universo cerca di superare questa semplificazione che porta ad alti costi energetici ed ambientali e spesso non risolve i problemi. E’ consigliabile a mio avviso avvicinarsi ad essa senza perdersi troppo nelle teorie antroposofiche che esplorano il cosmo ma limitandosi ad applicare il metodo e cercando di osservare e di apprendere da questa osservazione. Utilizzare i preparati ha un costo irrisorio nella produzione della bottiglia finale, la cosa difficile e cambiare mentalità e modo di operare. Questo può implicare senz’altro dei costi ma soprattutto comporta uno sforzo più intellettuale che economico.
Marketing?
In questi ultimi anni molti hanno pensato di approfittare della novità, che novità non è, per trarne profitto in modo improprio. Ci si è spinti talmente in là da parlare di “vino biodinamico”, termine ingiustificato in assenza di un disciplinare di vinificazione biodinamica, che tra l’altro non avrebbe ragioni coerenti per definirsi tale in quanto non esistono esperienze o tecniche rilevanti in enologia così definibili: l’unico aspetto che potrebbe essere considerato biodinamico durante la vinificazione sarebbe il rispetto dei calendari astronomici per alcuni lavori come i travasi e l’imbottigliamento in quanto gli effetti della luna e delle stelle sono esempi di forze sottili. Tale supposto disciplinare quindi non dovrebbe limitarsi a eliminare molte delle sostanze e dei processi che snaturano l’essenza del mosto, altrimenti sarebbe più giusto definirlo biologico, per una corretta analogia dei termini che si utilizzano in agricoltura, ma introdurre l’obbligatorietà di pratiche enologiche che abbiano almeno una coerenza con il termine “dinamico”. Quindi rimane corretta l’attuale dicitura di vino proveniente da uve da agricoltura biodinamica, anche se forse non ha molto senso che poi una materia prima venga prodotta con una certa filosofia e poi trasformata con la mentalità opposta. La questione rimane aperta, l’importante è non confondere la verità. La scelta biodinamica dovrebbe comunque essere ispirata da motivi e vantaggi economici, ecologici e di prodotto e non da “furbizia” commerciale. Alcuni produttori sono certificati ma non hanno mai utilizzato questo come strumento di marketing.
Sostenibilità e viticoltura biodinamica
E’ stato calcolato che per produrre una caloria (in termini di energia) di fragole su una tavola di New York sono necessarie 465 calorie (per la produzione e distribuzione). Si tratta chiaramente di un processo “insostenibile” sul piano del bilancio energetico e del consumo di risorse. Sostenibilità in agricoltura significa soddisfare i fabbisogni economici e il benessere sociale delle comunità rurali preservando le risorse naturali non rinnovabili come l’acqua, l’humus, le conoscenze locali, la biodiversità dell’ambiente e del germoplasma coltivato, il petrolio. Perché il petrolio? Le trattrici, i concimi chimici, i diserbanti e i pesticidi sono fabbricati e distribuiti con l’ausilio di energia proveniente da questa risorsa destinata a finire: limitarne l’utilizzo vuol dire senz’altro rendere più efficiente la produzione dal punto di vista energetico e svincolarla dalla dipendenza di un fattore di produzione non rinnovabile responsabile del surriscaldamento del pianeta. Un ulteriore esempio può chiarire meglio questo concetto. L’isola di Cuba aveva un’agricoltura moderna e specializzata di tipo industriale come la nostra fino al 1989. Dopo il crollo del blocco sovietico e a causa dell’embargo internazionale rimase senza petrolio. Come conseguenza una grande crisi alimentare e la conversione di ogni angolo di terreno dell’isola caraibica alla coltivazione biologica: l’agricoltura cubana adesso rappresenta un modello di straordinaria modernità per l’agroecologia mondiale: in soli dieci anni gli scienziati hanno messo a punto decine di formulati biologici (insetti, funghi e batteri antagonisti) molto efficaci nella lotta alle fitopatologie. L’attenzione alla fertilità del suolo e alla biodiversità degli ecosistemi, fondamento essenziale per lo sviluppo di un’agricoltura sostenibile, si attua attraverso lavorazioni e fertilizzazioni adeguate, l’utilizzo ridotto di antiparassitari di origine organica o minerale, una particolare attenzione alla variabilità genetica delle piante coltivate e alla salvaguardia di fattori ambientali importanti come i boschi o le siepi, importanti elementi di biodiversità ambientale, per interrompere la frequente monocoltura dei territori vitivinicoli. Tutto ciò rappresenta la buona viticoltura biologica di oggi e il sapere contadino dei tempi lontani. La scienza agroecologica, quella branca dell’agronomia che ha studiato e applicato le leggi dell’ecologia ai sistemi agrari, ha dimostrato ormai da alcuni decenni la validità di alcuni saperi antichi e individuato le migliori tecniche per preservare l’ambiente, la qualità delle produzioni e la sostenibilità economica e sociale del processo produttivo. Inoltre, almeno per le aziende viticole, migliorare la gestione del suolo, la qualità dell’uva e dell’ambiente può essere meno costoso dell’attuale metodo di produzione. Ma richiede sicuramente più costanza, impegno, tempo, voglia di capire e quindi di osservare. Per concludere quindi riscoprire le leggi della natura e i principi della buona agricoltura è il passo preliminare. Abbracciare la biodinamica senza partire da queste premesse sarebbe come iniziare dalla fine.
BIBLIOGRAFIA
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Bourguignon, C. & Gabucci, L. Comparisons of chemical analysis and biological
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