Di Michela Guadagno
Era da quest’estate che non preparavo la valigia, stavo perdendo l’abitudine. “Partire è un po’ morire“, dalle mie parti si dice così, per me è il contrario, partire è rinascere, dà nuovo slancio, quando prendo un aereo mi sembra di essere in balìa del destino, per chi crede in Dio è affidarsi, sospesa in aria mi stacco letteralmente dai pensieri terreni, e comprendo che non c’è nulla che possa fare per cambiare le mie sorti. Quando si torna si è carichi di un nuovo bagaglio di esperienza, da raccontare a chi lo vuole sapere. Filosofie trascendentali a parte, sono stata al Salone del Gusto sabato 25 ottobre, insieme al gruppo organizzato da Antonio Del Franco e Maria Grazia De Luca, sperimentata capogruppo già al Vinitaly di quest’anno. Una folla indicibile, arrivo allo stand Regione Campania & Agripromos per salutare i “parenti”, Tommaso Luongo, Marco Starace e Pasquale Brillante, praticamente spinta dalla fiumana di persone. Più o meno questo l’andamento del Salone, tra un padiglione e l’altro incontro Silvia Imparato che mi invita alla degustazione di Montevetrano, tra i vincitori dei 3 bicchieri di quest’anno, ma è impossibile rispettare gli orari tra gli andirivieni degli stand, arrivo alla conclusione che in una fiera è meglio lavorarci che andarci come visitatrice, alla fine della giornata ti ci vorrebbero un paio di piedi nuovi comunque! Che cosa ho visto e che cosa ho assaggiato di particolare? Fagioli a formella, cicerchie dei Campi Flegrei e torzelle, allo stand della Regione Campania Milena Pepe mi offre un’ostrica del Regno Unito da assaggiare con il suo Greco di Tufo Docg Nestor, Emanuela Russo di Cantine Astroni un brindisi con Astro Spumante; incontro: Giancarlo Moschetti con Sandro Lonardo, il Taurasi 2004 Contrade di Taurasi ha preso i 3 bicchieri e anche loro mi invitano alla degustazione, purtroppo non riesco ad andarci; Raffaele La Mura di Poggio delle Baccanti; Marco Ricciardi sta andando ad assaggiare i cibi della cucina di strada; faccio “un salto” nel padiglione dei Presidi Slow Food per andare a salutare Liliana, Manuel ed Eulalia Lombardi con il loro Conciato romano, come promesso. Ma che, sono al Salone del Gusto per provare i prodotti campani? Mi aggiro tra le susine bianche di Monreale conservate nella carta e le pesche tardive di Leonforte, si raccolgono in autunno, e già che ci sono anche una zuppetta di fava larga di Leonforte; i chinotti di Savona sciroppati; il violino di capra della Valchiavenna, prosciutto che si taglia a mano tenendolo per l’osso, come un violino appunto; il caciofiore di Columella della campagna romana a crosta fiorita, da latte di pecora e caglio vegetale di cardo. Provo a entrare nello spazio affollato dove sono gli stand della cucina di strada, mi attira la focaccia calda con il formaggio di Recco, gli spiedini di calamari fritti della Riviera del Brenta e le bombette pugliesi di Alberobello, involtini di carne con formaggio fuso all’interno. Nei Mercati della Terra mi mostrano dei cestelli per la spesa prodotti con bottiglie di plastica riciclata; dai produttori di fibre naturali acquisto una sacca in stoffa creata con i tessuti di Ermenegildo Zegna. Giusto per ricordarmi anche i miei doveri, mi fermo a una degustazione di vini del Lazio, si tratta di Frascati, e apprendo che il Consorzio di tutela ha applicato un sistema per la rintracciabilità delle bottiglie, fai una telefonata e ricevi l’informazione in tempo reale via sms sulla produzione della Doc Frascati. Si è fatto tardi, non c’è più tempo, l’appuntamento per rientrare in albergo è alle 19. Ci prepariamo per andare a cena in un ristorante, Pautasso, nel Quadrilatero romano della Torino by night: a piedi “dovrebbe” distare poco dall’albergo, una passeggiata per le vie del centro tutte intestate a nomi sabaudi per la gioia del delegato, l’aria è tiepida e ci fa piacere camminare… solo che ci perdiamo e impieghiamo un’ora, fino a quando scopriamo che la prenotazione telefonica era stata fatta in un altro ristorante, qui dobbiamo attendere ancora mezz’ora per cenare. Tra l’ilarità e lo sconforto, c’è il tempo per un aperitivo, poco male, i “parenti” devono raggiungerci, li aspettiamo. Finalmente a tavola, menu degustazione di cucina piemontese, gradiamo le verdure crude con la bagna cauda, buoni anche i tajerin ai porcini. E’ ora di rientrare, un sigaro fuori dal ristorante, e Tommaso mi vede scendere di colpo dalla sua visuale: i miei tacchi hanno vinto….. La mattina dopo, domenica, siamo da Eataly, il primo supermercato di cibi di alta qualità, tra i corridoi con il carrello incrocio Paolo De Cristofaro, scendo a vedere le cantine di conservazione dei formaggi e dei salumi, il caveau con i vini pregiati, la birreria, la saletta ristorante presidio de “Le Terre dei Savoia” associazione di itinerari culturali enogastronomici (prendo le brochure per portarle a Pino, chissà che prima o poi si organizzi un Simposio nelle “sue” terre!), compro il libro biografico “Il mercante di utopie” su Oscar Farinetti, incredibile storia di chi ha rilevato i locali dismessi della Carpano (l’antica fabbrica produtrice di vermouth, interessante il museo al primo piano) situati difronte al Lingotto. Alle 12 ora napoletana, diciamo verso le 13, mi siedo al laboratorio di cucina dove lo chef dai berretti in multicolor Antonio Tubelli presenta una verticale sugli spaghetti, come la definisce Antonio Marchetti che introduce lo staff del pastificio Afeltra di Gragnano per scoprire i segreti della lavorazione artigianale della pasta: a Gragnano le condizioni di umidità dell’aria sono le più adatte all’essiccazione dell’impasto di semola con l’acqua della zona dei Monti Lattari che ha la giusta composizione di calcio; le trafile sono al bronzo perchè il teflon rende i formati troppo lisci e poco adatti a trattenere i sughi; il prossimo “lancio” saranno i fusilli bucati arrotolati a mano sul ferro da calza. Intanto Tubelli cucina, e per primi proviamo gli spaghetti, così al naturale, lessati in acqua senza sale per gustare tutta la bontà del grano duro. Poi spaghetti alla mangiamaccheroni, cioè cacio e pepe, in napoletano ‘o roie, da mangiare con le mani alla Totò, su cui beviamo Pallagrello bianco Campania IGT di Alois, e Marchetti mi chiama a raccontare qualche notizia sul vitigno “borbonico” riscoperto; spaghetti al pomodoro con l’origano dei Lattari, una pizzaiola fujuta su cui servono un rosato leggermente vivace, il nome è Rosa. E’ il momento di spiegare cos’è la tempura, una pastella di farina e birra, e qui Antonio usa birra Baladin per la tempura di spaghetti fritti, anche questa da mangiare con le mani, accompagnata dal Piedirosso di Cantine Astroni presentato da Emanuela. Infine, il dessert: spaghetti al caramello di agrumi per infilzare i mirtilli, con Gena Iodice di La Marchesella Fenesta Verde ci chiediamo se gli spaghetti sono cotti al forno, invece sono fritti e per niente unti. In chiusura follovielli di Sorrento di Iozzino con un brindisi di Pinot nero metodo classico. Il tutto servito da Gino, che scopriamo essere sommelier torinese con origini, guarda un po’, partenopee, zona via Costantinopoli per l’esattezza, indovinate cosa direbbe Monica Piscitelli in questo caso? Rientro al Lingotto per salutare, si torna a casa.
Foto: Fabio Ingrosso Vino24.tv
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