Con questo post inauguriamo una rubrica dedicata alle recensioni dei ristoranti…con un occhio particolare alla carta dei vini ed alla sommeliere. L’ Antoine Ego dell’ Ais Napoli, il critico severissimo di Ratatouille, il capolavoro dell’animazione targato Pixar, sarà Ça va sans dire Pino Savoia…(T.L.)
Di Pino Savoia
Avvinti dall’alchimia della fascinosa storia napoletana, in una sera senza luna di questo scorcio d’estate settembrina ci avventuriamo nel cuore antico di Napoli. Qui lungo il decumano inferiore, si apre una piazza meravigliosa e celebre: Piazza San Domenico Maggiore. Uno sguardo in giro e subitanea è la sensazione di un’immersione nel passato. Il suggestivo spiazzo in cui ci troviamo è contornato da tre affascinanti palazzi d’epoca: Palazzo Corigliano, Palazzo Casacalenda e Palazzo Petrucci dove siamo appunto diretti.
Un po’ più su, fa cupamente capolino il misterioso Palazzo del Principe di Sangro di San Severo. Ma quando siamo appunto lì lì per entrare in quelle che furono le stalle di Palazzo Petrucci mi sembra di scorgere l’ombra evanescente della bella Maria D’Avalos che vaga ( come vuole la leggenda) tra l’obelisco di S. Domenico Maggiore ed il portale del palazzo di San Severo. Complici saranno i riecheggiamenti liceali dei versi del Tasso?
“Piangete o Grazie, e voi piangete Amori,
feri trofei di morte, e fere spoglie
di bella coppia cui n’invidia e toglie,
e negre pompe e tenebrosi orrori…
…la bella e irrequieta Maria. …
Mi sgravo subito di questo dubbio entrando nel ristorante che prende appunto il nome dal famoso Palazzo di cui sopra, e vestendo i panni del “critico implacabile”…
Accolti da una gentile signorina, che dopo aver preso visione della nostra prenotazione ci accompagna al tavolo, ci rendiamo presto conto di essere capitati in una delle tre salette meno amene del locale. A differenza della sala al piano terra accogliente e luminosa, e di quella adiacente la nostra, carina e che da sulla bella cucina a vista, la nostra appare essere un po’ trascurata nell’arredamento. Pareti spoglie, complementi d’arredo quasi inesistenti, ed una mise en place poco più che ordinaria. Asettico il centrotavola di fiori secchi e bacchette di cannella ( di dozzinale fattura) ; più appropriati invece la posateria sambonet , i piatti villeroy e boch, ed i bicchieri Spiegelau.
Ci viene presentato il menu dal maitre, disponibile e contento di fornirci qualsivoglia informazione sulle pietanze e così ci dedichiamo alla lettura. La carta delle vivande di cartaceo aplomb è divisa in cinque antipasti, due zuppe, sei primi piatti, sette secondi e sei dolci.
E la wine.list? Di facile consultazione, non annovera vini frutto di un’attenta scelta da parte del ristoratore, ma piuttosto denota un affidamento “cieco” nelle mani di qualche distributore o rappresentante! E la mancanza di un bravo sommelier( che segua la cantina, l’approviggionamento, l’aggiornamento della carta, etc. ) la si evince anche dalla presenza in carta di numerosi refusi , oltre che da un servizio non privo di defaillance.
Come entrée ci viene servito un delicatissimo tonno affumicato, che fa da cornice aromatica ad una candita quenelle di ricotta di bufala e salsa di prezzemolo.
Incipit davvero interessante se non fosse per l’accompagnamento enoico che ci è stato offerto e di cui avremmo fatto volentieri a meno. Aglianico Rosè 2007 di Colli di Castelfranci aperto sicuramente non di recente a giudicare dalla pochezza organolettica, e per giunta servito in flute !
A questo punto domandiamo di conoscere quali siano i vini al bicchiere disponibili, e da una selezione “raccontata a voce” piuttosto limitata scegliamo un Fiano Donnaluna 2007 di De Conciliis. Purtroppo il vino ci viene servito molto freddo e dobbiamo aspettare qualche minuto che si riscaldi un po’ prima di poter incominciare ad apprezzarne il corredo di aromi di frutta a polpa gialla di cui è ricco . Ma non ci facciamo scoraggiare ed andiamo pure avanti , anche perché ad attenderci c’è forse il piatto migliore della serata: raviolo di lingua di vitello ripieno di gamberi crudi su zuppetta di bucce di limone, sconcigli e polvere di cozze. Un piatto elegante di grande suadenza gustativa dove ogni elemento si presenta al nostro cospetto in tutta la sua autenticità. L’unica nota stonata, ahimè, sono gli sconcigli che mancano della giusta callosità e personalità. Anche se non tolgono e mettono nulla ad un piatto già così equilibrato e coraggioso negli accostamenti.
L’altro antipasto che assaggiamo è un astice gratinato al coriandolo con fettucce di zucchine crude ed una salsa agrodolce di capperi di inusitata bontà ed armonia. Decisamente una pietanza estiva e fresca , preparata in maniera semplice , dove però poco si avverte il coriandolo che forse avremmo voluto più incisivo anche per contrastare adeguatamente l’aromaticità dei capperi.
Intanto su questi piatti stiamo bevendo un’eccellente Garganega in purezza : Capitel Croce 2005 di Roberto Anselmi. Paglierino carico, ricco di sentori agrumati, cedro , glicine , sambuco e sfumature minerali.Un vino equlibrato in bocca, dotato di ottima freschezza e sapidità che grazie a queste sue caratteristiche tiene degnamente testa alle due zuppe ed ai due primi che seguono. La prima è una zuppa di patate con anguilla affumicata sormontata da un’alga croccante ( puramente decorativa e nulla più) e grattugiata di zenzero fresco. Buona l’idea del contrasto dolce- sapido, peccato però che la saporita anguilla sia presente nel piatto in quantità troppo esigue per reggere il confronto con la dolcezza “amidosa” della patata che finisce così col prevalere nettamente. A seguire una passata di lattuga con pane biscottato all’aglio ( il cui straripante aroma copre tutti gli altri sapori) e vongole veraci ( che però non sono ne vongole , ne veraci , bensì più umili lupini) .
Capitolo primi piatti. Troppe forse le paste lunghe presenti in carta, una sola pasta corta , un primo di pasta fresca , e nessun riso. Comunque noi adocchiamo due pietanze molto diverse tra di loro, ma significative per comprendere lo stile di cucina dello chef Lino Scarallo.
Fettucce con zucchetta bianca, fasolari, tartufi di mare profumate al timo. Perfetta la cottura della pasta che è ben amalgamata con la zucchetta ed arricchita dalla sapidità dei frutti di mare. Piatto gustoso anche se non emozionante. Più ricercati invece sono i ravioli ripieni di zucchine e caciocavallo con salsa di cipollotto fresco ( intenso ma non aggressivo), polvere di uovo disidratato ( che però si presenta sotto forma di chips) e puntine di acciughe di Cetara, che chiudono il quadro aromatico del piatto .
Intanto il ristorante si riempie, ma il servizio (s)corre comunque veloce anche se con più di qualche leggerezza ed imprecisione: né l’acqua , né il vino ci sono mai stati rabboccati tanto per dirne una; oppure al momento del rimpiazzo delle posate non venivano portate via quelle inutilizzate ; etc.
Ma la cosa più strana, è che a fronte di una gentilezza e di un garbo del maitre Antonio piuttosto rari a trovarsi nei ristoranti napoletani, abbiamo riscontrato invece un’apatia professionale ed emotiva negli altri componenti la brigata di sala. Sarà forse imputabile alla mancanza di una salda regia?
Sta di fatto che mai, nemmeno una volta , si sono ricordati di chiederci se i piatti ci erano piaciuti oppure no !?!
Ritornando alle vivande, ci aspettano dunque i secondi , ripartiti sul menu con quattro pietanze di pesce, una di carne, una selezione di formaggi ed un tagliere di salumi. Noi scegliamo il pescato del giorno, che è veramente di giorno, e si materializza sotto forma di variazione di ombrina: cruda stile tartare, con cerfoglio, e con pomodorini. Straordinaria nobiltà del pesce azzurro, una volta povero, giammai scarso di delizioso sapore!!! Eccellente la preparazione nella sua semplicità intelligente , dove il pesce viene manipolato lo stretto necessario senza così adulterarne la naturale fragranza . Concludiamo la parte “salata” della nostra cena dedicandoci alle costolette di maialino gratinato alle erbe, con salsa d’aglio e barba di frate. Purtroppo il piatto meno convincente, anche perché cotto in maniera non ineccepibile(crudo non rosa all’interno) ed accompagnato come contorno da fagiolini , ahimè, amari. Il vino rosso scelto è il Pinot Nero 2006 di Hofstatter Meczan, nome antico di Mazon zona particolarmente vocata alla produzione del “Principe Nero”, presente in Alto Adige da più di 160 anni. Uno splendido intreccio balsamico-vegetale , fa da sfondo elegante ad una confettura di ciliegie selvatiche e ad una raffinata trama di fiori rossi e anice stellato. Morbido e sapido , è un vino che si presta a molteplici abbinamenti sapendo opportunamente “giocare” con le temperature di servizio.
Passiamo infine ai dolci. Su consiglio del maitre la scelta ricade sulla stratificazione di pastiera napoletana che trovo senza infamia né lode, e sulla crostatina al cacao con crema al cioccolato bianco, frutti di bosco e salsa di lamponi che più che un dessert al piatto mi sembra un dolce da pasticceria da banco.Privi di goloso interesse il pre-dessert ed i petit-four che ci portano al tavolo.
Chiudiamo sorseggiando un buon caffè Illy e sbirciando nella scarna carta dei distillati per cercare qualcosa che non c’è…Un buon Brandy spagnolo per onorare la memoria del Segretario di Stato Antonio Petrucci che perse la testa in Piazza Mercato l’11 dicembre 1486, per aver congiurato contro il re Ferdinando I d’Aragona.
Palazzo Petrucci
Piazza San Domenico Maggiore ( NA)
Tel . 081/ 5524068
Email: info@palazzopetrucci.it
Sito: www.palazzopetrucci.it
Chiusura: domenica sera , e lunedì
Prezzo medio: € 50,00 ( vini esclusi)
—————————————-
Carta dei vini e distillati | ||||
Sommellerie | ||||
Servizio | ||||
Cucina | ||||
Hotellerie | ||||
Cordialità | ||||
Ambiente/Confort | ||||
Toilette | ||||
Parcheggio | ||||
Qualità – Prezzo |
LEGENDA:
Insufficiente | |||||
sufficiente | |||||
Discreto | |||||
Buono | |||||
Eccellente |
Bravo Pino! un po’ severo, all’Antoine Ego, comunque bravo, mi hai fatto veni’ ‘na fame… e grazie per le notizie storiche, la storia di Napoli lo merita
Mi piace molto l’idea di una rubrica di recensioni potrebbe essere un’ottima occasione per confrontarci su modi e visioni della ristorazione.
Conoscendo Pino ed i suoi parametri di giudizio non vedo l’ora di andare a provare la cucina di Palazzo Petrucci.
Pino come Ego? o Ego come Pino? comunque non credo che basterà una ratatouille per commuovere il Savoia.
Cattivello eh?
Per me Palazzo Petrucci rappresenta un sicuro approdo. Innanzitutto per la passione di Lino Scarallo per questo progetto, per le buone materie prime, per l’entusiasmo e la voglia di fare in un contesto difficile. Una delle ultime volte che ci sono andato dopo cena fumavo fuori il locale scambiando due chiacchiere con Lino mentre dei ragazzi un po’ “irrequieti” a due passi, sulle scalette della chiesa di San Domenico, facevano bisbocce: attrarre clienti così, non è semplicissimo. D’altronde di quale contesto sia Napoli e la Campania per la ristorazione, l’autore sa meglio di tutti noi. Non in tutti i piatti Lino ha trovato la quadratura del cerchio, ma è giovane e il tempo è dalla sua parte. Concordo con Pino anche nel giudizio sul rapporto tra qualità e prezzo in grande spolvero, soprattutto tenendo conto che in città non abbondano le alternative (?). Ahimè (ahinoi) sul vino c’è tanta, ma tanta strada da fare.
Bell’idea di recensire i migliori ristoranti di Napoli,cosi da sapere dove poter trovare ambititi piacevoli con servizi impeccabili!
Severo e critico mi piace, perchè da una ristorazione di qualità si deve preterdere il meglio!BRAVO PINO
più che severità noto una leggera asincronia tra il commento scritto ed i voti finali (quasi un recupero in extremis)…
…ma a parte questo trovo la recensione estremamente gradevole da leggere, un testo con diverse anime tutte lodevolmente cucite fra di loro… credo che una persona con la competenza in materia che ha l’autore possa essere una fucina di idee per coloro che vorranno accettarle… inoltre a parecchi di noi che non ci sono ancora stati ha messo addosso una gran curiosità che risolveremo presto. Complimenti!
Ero già stato al Palazzo Petrucci: merita attenzione per ambiente, atmosfera e prezzi pur condividendo appieno i commenti “severini” dell’autore.
Ritengo una gradevole idea quella di recensire i ristoranti al fine di poter conoscere una gamma selezionata di locali. In merito, non è il caso di esprimere urla propiziatorie come fanno gli All BlacK ma un più contenuto grido d’assalto come AVANTI SAVOIA !
Al grido d’assalto Avanti Savoia evocato da Gianmario non posso non rispondere con Brigante se more(Pino conosce bene la mia idiosincrasia per i totem sabaudi e mi scuserà la parentesi borbonica che non c’entra nulla con la recensione)
Su Palazzo Petrucci concordo con le criticità evidenziate relative alla carta dei vini e all’assenza “pesante” di un sommelier in sala…meno su quelle che riguardano la scelta minimalista degli arredi che a me piacciono proprio per la loro essenzialità. Sui piatti qualche sbavatura c’è ancora ma il giudizio complessivo sulla cucina di Lino Scarallo resta positivo(come del resto si evince anche dalla scheda riassuntiva di Pino). A mio avviso la filosofia culinaria di Lino brilla per originalità, talento e grande attenzione al rapporto qualità-prezzo. Indubbiamente deve ancora crescere ma l’incipit è incoraggiante soprattutto se pensiamo alle difficoltà oggettive del contesto cittadino. Credo che la necessità di continuare ad investire per raggiungere il livello dei ristoranti gourmet della Penisola e della Costiera sia ben chiara alla proprietà come dimostrato dai “lavori in corso” relativi ad una nuova cantina con sala degustazione e relativa dependance con possibilità di bed e breakfast.
Tommaso
Caro Pino,
prima di tutto desidero complimentarmi con te e porgerti i migliori auguri per l’ottima iniziativa, che mi auguro possa godere del vivace apporto di tutti gli amici.
Ho apprezzato molto il ritmo di cui è pervasa la recensione e, nella fattispecie, sono anche MOLTO MOLTO d’accordo nel merito.
La mia esperienza diretta è stata quella di un servizio poco efficiente (per tutto il corso di una delle due cene hanno addirittura omesso di portare in tavola il vino che avevamo scelto ed io, come Totò, dicevo:”vediamo questo stupido dove vuole arrivare” e lo stupido si è ricordato, oramai inutilmente, del vino solo quando eravamo ormai al dessert forse per poterlo inserire comunque nel conto!).
Anche l’ambiente, a mio avviso, ha la pretesa di essere minimalista ma è solamente povero e scarno che è cosa ben diversa. Ritengo che le pretese siano molto al di sopra dell’offerta.
Concordo in tutto con il commento dell’ottimo Francesco ed in particolare ho notato anch’io una certa discrasia tra il commento verbale e la sintesi grafica dove forse sei stato più clemente :-)
Al piacere di leggerti quanto prima in una nuova esperienza enogastronomica. Un sincero abbraccio
Marcello
P.S. Attenzione ci sono due Hotellerie e con votazioni diverse. Qual’è quella buona?
Pino se ti invito a casa di Mammina mia, ti va di recensire o’ schiaffon ca ricott?
A me mi piacene è schiaffon…. c’à ricott!!!
mi posso prenotare professò ????
Io porto il pinot!
Nota per il delegato e per il SAVOIA :
Palazzo Petrucci non è l’unico ad avere quelle carenze dalle
nostre parti haimè.
L’importante è che ci sia la voglia di migliorare…
e mi sembra che la volontà ci sia.
Aspettiamo l’apertura della sala degustazione e organizziamo
un serata!
Vorrei fare i complimenti a Pino per l’esauriente e dettagliata recensione, in special modo per la coerenza di tutte le note da lui segnalate e successivamente “documentate”. Cosa che i nostri pseudo “giornalisti gourmet” non hanno neanche idea…!!!
Poi ci tenevo a rispondere a chi a scritto sulle difficoltà del contesto cittadino:
chi sta per esempio a Nusco, Puglianello, Brusciano o Vallesaccarda cosa dovrebbe allora dire?
Comunque penso che queste recensioni(FATTE CON COERENZA)possano aiutare sia utenti che ristoratori.
Alla faccia delle guide…..Tie!!!
Ciao
Paky
@pasquale
chiunque vive, anche da semplice utente, la realtà quotidiana della ristorazione napoletana ben comprende cosa voglio dire quando parlo di difficoltà del contesto cittadino come ti potranno confermare i tuoi colleghi partenopei…A Nusco,Puglianello, Brusciano e Vallesaccarda sono stati fatti indubbiamente passi da gigante superando tante difficoltà oggettive anche se però di tipologia differente. Sui giornalisti gourmet e sulle guide non sparerei così nel mucchio in modo indifferenziato sai bene infatti che ci sono anche fior di professionisti e guide affidabili, basta saper scegliere… un po’ come succede per la ristorazione!
Tommaso
Caro Guido, sarà un onore per me!!! Già sto “pregustando”…il momento.
Ps.
A patto però che sia anche la partita di ritorno…
Ciao Tommaso
Volevo replicare dicendo,che sicuramente il contesto cittadino napoletano non è semplice,però penso che tu mi debba dare atto che c’è, sia una diversità di bacino di utenza e sia di “educazione” enogastronomica tra Napoli e la nostra provincia (BN), tutto ciò non è poco.
Riguardo ai giornalisti gourmet non sparerei nel mucchio, ma sparerei “il” mucchio. Scherzo!!!! (non tanto)
Al di la di tutte le chiacchere penso che tutti i ristoratori campani abbiano le ….. perchè si trovano ad operare in un contesto regionale molto più difficile rispetto ad altri.
P.s. complimenti per il blog…
Continuate così
Ciao