Nel Gamberorosso di settembre il tradizionale editoriale del direttore Daniele Cernilli ci parla di Serena Sutcliffe (nella foto), “enciclopedia vivente” dei più grandi vini del mondo: ed è un’ occasione formidabile per una riflessione profonda e ricca di spunti sul “pensiero unico” e su come la curiosità d’ispirazione socratica sia l’unica strada percorribile per non correre il rischio di incrementare, noi comuni mortali, l’affollato gruppo dei soloni della degustazione. Meditate gente,meditate…(T.L.) Di seguito, “copio ed incollo” l’articolo di Daniele Cernilli:“Serena Sutcliffe è un’elegante signora inglese, è una fra le più famose Master of Wine del Regno Unito ed è la responsabile della sezione vino per la casa d’aste Sotheby’s di Londra. Di vino ne sa come pochi altri al mondo, ha assaggiato pressoché tutte le annate dei migliori vini di Bordeaux, di Borgogna, di Porto, di Champagne, di Barolo e di Brunello di Montalcino dei più importanti produttori, e tutto questo a partire da millesimi che in qualche caso si spingevano addirittura alla metà del ’700.
Quando la si conosce, dopo qualche minuto, quando ci si comincia a intendere su vini, stili di vinificazione, annate, e via discorrendo, quello che colpisce è la sua incredibile curiosità, la voglia di assaggiare cose nuove e di essere sorpresa da vini che non avrebbe sospettato potessero essere buoni. Forse non quanto uno Chambertin di Rousseau o un Porto Nacional di Quinta do Noval, ma di sicuro piacevoli, inusuali per lei, e magari provenienti da zone non particolarmente note.
Così ha apprezzato moltissimo un Pinot Bianco 2004 di Falkenstein, o il Fiano di Avellino 2006 di Pietracupa, o il Montepulciano d’Abruzzo 2006 di Valle Reale. Quello che appariva chiaro è che, pur con un’esperienza sterminata come la sua, si può comunque essere aperti e privi di preconcetti, senza mostrare sussiegosità di alcun genere.
Non si può non pensare, così, a quante persone nel mondo (addetti ai lavori o semplici appassionati) siano invece così drastici quando si avvicinano al vino. Buoni solo i tradizionalisti, niente di valido sotto il 45° parallelo, oppure bene solo i vinoni, Californiani e Supertuscans su tutti. Come se attaccarsi a un’unica idea di vino fosse qualcosa di consolatorio, un rifugiarsi in un ambito rassicurante, oppure un modo per fermare, magari solo nella propria mente, l’inesorabile scorrere del tempo.
Eppure il vino è una delle cose che è in continuo cambiamento e la curiosità è forse l’unico atteggiamento ragionevole nei confronti di una materia così articolata e mutevole. Ma questo è un punto di arrivo per un appassionato. Nella mia personale esperienza posso dire che da giovane amavo molto i Bordeaux, poi ho iniziato a capire i vini delle Langhe, i Borgogna.
Ora bevo quasi solo vini bianchi, generalmente italiani, senza legno e da vitigni autoctoni. Un percorso che ha poco a che vedere con un’idea aprioristica del vino, di ciò che deve essere per forza buono e di ciò che, invece, deve essere cattivo o criticabile.”

Fonte: Gamberorosso.it

Foto:Worldgourmetsummit