Di Luca Massimo Bolondi
I vini ai voti. Quando una materia di pertinenza filosofica come l’estetica incontra materie di pertinenza politica come la partecipazione e di pertinenza economica come il mercato, può nascere alternativamente una riflessione per un approccio fecondo oppure una palude di polemiche e prese di posizione.
Come entrare nel gioco senza pregiudizi? E come uscirne senza figuracce?
Ecco chiamate all’appello le doti critiche dell’uomo (colto? sensibile? e, magari, in buona fede…). Come realizzare l’incontro delle tre materie in qualcosa di utile? Immaginiamo gli incontri possibili dal punto di partenza di una verso le altre.
1. L’estetica incontra la partecipazione e il mercato.
Il vino è un esempio di vita, nella sua rappresentazione.
Scorre, profumato nel suo colore, e ci inebria di una metafora che può essere sublime.
Il vino è oggetto di godimento e la misura del godimento è una valutazione.
Se siamo soli a valutarlo per il nostro personalissimo metro di giudizio, il godimento si compie in sé e in noi. Finita lì.
Se invece vogliamo comunicare il nostro (grado di) godimento, il nostro gradimento, eccoci nella necessità di ricorrere a un sistema condiviso di misure, segni e simboli. Ovvero, un linguaggio.
Se gusto un bicchiere di vino, percepisco la cosa per ciò che è ai miei sensi.
Se parlo del vino che ho gustato (e più ne bevo e più mi viene da parlarne…), traduco la cosa in simboli.
Se ascolto del vino, percepisco la cosa per ciò di cui è simbolo.
La cosa e la sua rappresentazione si incontrano in noi bevitori, degustatori (cioè bevitori più esteti), alcuni sommelier (cioè bevitori più esteti più comunicatori) che sobri o ebbri, comunque gaudenti, come tutti passiamo la vita a rincorrere delle immagini, persuasi che le immagini siano la realtà.
L’estetica ha quindi incontrato la partecipazione e insieme si recano al mercato. E qui son guai perché appena giunti al mercato cominciano a parlare due lingue diverse. La partecipazione non capisce più dove vuole andare a parare l’estetica quindi le da ragione (come agli stupidi o ai presuntuosi) e la lascia in disparte, non prima però di averle sottratto il dizionario. Insieme al mercato comunque non si trova a suo agio: il mercato le parla un po’ in gergo un po’ in inglese e la partecipazione che ha incontrato l’estetica ma ne ha conservato solo il dizionario non capisce molto e rimane confusa. Il mercato, che è svelto e furbo, ne approfitta. Finirebbe a schifio. Ci vorrebbe un Virgilio che accompagna il Dante attraverso l’inferno senza bruciarsi…
2. La partecipazione incontra il mercato e l’estetica.
Il consumatore sceglie il vino in base primo al nome, secondo al prezzo, terzo alla esperienza o alla conoscenza (se e quando ci sono). Notiamo che il bevitore ancora non ha incontrato l’oggetto ambito è già diventato consumatore, in onore all’occhio dell’economia che guarda la scena. Egli è quindi pervaso di aromi personali, molti di questi frutto di lunghi periodi di affinamento in società dopo il lievitante effetto della pubblicità che gli ha permesso la fermentazione culturale. Non sa di somigliare al vino che desidera ed è convinto che la Guida ai Vini dell’anno in corso possa illuminarlo.
La partecipazione ha quindi incontrato il mercato e appena vista l’estetica cominciano a litigare: “Il vino si produce con amore e si vende con profitto!”… “Se è per questo è vero anche il contrario: si può produrre con profitto e vendere con amore!”…”Ma che avete capito, il vignaiolo e il cantiniere sono rimasti con un palmo di naso quando hanno parlato il flying winemaker e il flying winemarketer!!”. A cercare di metterli d’accordo, dopo una partenza promettente e un esito inconcludente, arriva un sommelier che chiama da parte il consumatore, con parole schiette ma fascinose fa un incantesimo lo ritrasforma in bevitore e come per magia capovolge i suoi criteri di scelta. Primo la conoscenza, secondo attento al prezzo, terzo il nome con la Guida come bussola ma la Tua testa come nocchiero. Ma che fatica!
3. Mercato, estetica e partecipazione si incontrano e vanno al bar.
Mercato è un tipo svelto e non ama i preamboli, così quando incontra estetica e partecipazione dice “estetica, tu che sei capace di apprezzare, vieni a farti un goccetto!” e all’altra “partecipazione, tu che ami stare in compagnia, unisciti a noi per un goccetto!”
Mercato, estetica e partecipazione sono al bar a bere, ma di questi tempi è il mercato che paga il conto e si sente in diritto, per questo, di chiedere agli altri di seguirlo nelle sue idee e nei suoi sogni.
Calderòn de la Barca sosteneva che la vita è sogno. Un sogno che, allietato dal frutto di Bacco, potrebbe scorrere dionisiacamente facendo danzare insieme contadini matematici cantinieri giudici scellerati saggisti casalinghe giornalisti e tutte le categorie ivi non menzionate ma bendisposte. Il problema è che troppo spesso sono sobri e si prendono così sul serio da illudersi che il potere sia uno strumento del Bene, così tutto il vino va in aceto.
Riecco l’opportunità di una figura di mediazione, magari pronta a mescere da una buona bottiglia e stavolta lasciamoci anche in questo consigliare da lui…
Alla fine qualcosa forse ne abbiamo ricavato, anche se siamo costretti a dare risposte, sempre, come Lazzaro a Gesù.
“Lazzaro, alzati e cammina!” e Lazzaro: “Signore, ma manco da morti si può riposare in pace?”.
Foto:Pollice Verso (Thumbs Down) by Jean-Léon Gérôme
“Calderòn de la Barca sosteneva che la vita è sogno…”
…ma non era Marzullo!??!?