Di Luca Massimo Bolondi

Come una visita possa svelare momenti di alta formazione…

Ospiti presso Casa D’Ambra, la storica casa vinicola ischitana. Organizzano, per i corsisti del Primo Livello,  AIS Napoli insieme ad AIS Ischia rappresentata dal competente e disponibile Marco Starace. Conduce la visita Andrea D’Ambra, figlio di Salvatore e nipote di Mario, i fratelli fondatori della Casa. Vocazione di vignaiolo moderno e comunicatore, amante della sua isola e alfiere del rilancio dei valori storici del territorio facendo impresa, Andrea traduce tutto questo in esempi concreti: una raggiera di rapporti di produzione selezionata e guidata con al centro la Casa, la sfida di riportare la produzione in pianura sviluppando la Tenuta Calitto, la scommessa del vigneto di montagna giocata nel recupero della storica Tenuta Frassitelli.

La Casa. Come fare un’azienda vinicola in un’isola il cui territorio è enologicamente vocato ma la proprietà terriera è estremamente frazionata e il suolo si vende quasi a centimetro quadro? I D’Ambra hanno raccolto la sfida, intessendo una fitta rete di rapporti personali con oltre 120 miniproduttori, spesso famiglie, che accettano volentieri di essere guidati nelle scelte di cultivar e di conduzione dei fondi in cambio della sicurezza di avere un mercato sicuro per la produzione viticola. Questo consente, inoltre, di disporre in cantina di “mosti di mare” e “mosti di monte”, secondo la provenienza, che possono essere tagliati a misura di annata. Quindi scommessa vinta grazie al radicamento sul territorio. Seconda questione. Come fare un’azienda vinicola in un isola priva di infrastrutture tecniche per le cantine? Risposta insieme semplice e complicata: dotandosi in proprio dei macchinari e gestendo direttamente l’innovazione tecnologica, al prezzo di investire somme da capogiro. E diventare un quasi-ingegnere-quasi-enologo-quasi-agronomo, magari senza dimenticare che è il piacere a guidarci, in pratica un imprenditore maturo. Risultato finale? Una cantina dotata in proprio di pigiatrici soft anni ’70 in perfetta efficienza (come il vino, le macchine devono maturare nelle mani del cantiniere), un impianto su misura per la produzione di refrigerante e gas tecnici per la vinificazione, una linea completa di imbottigliamento “per la quale ho alle dipendenze un tecnico meccanico ed elettrico dedicato” spiega Andrea per il quale deve esistere piena continuità tra qualità del prodotto e qualità del lavoro. Altro che autarchia, il far da se su un’isola diviene un imperativo per non soggiacere a costi esternalizzati da oligopolio, nel settore vinicolo.

Tenuta Calitto. 7 ettari di giovane vigna di piana realizzata facendosi largo tra i rovi. Acquisita nel 1998, splendido esempio di fondo nobiliare borbonico ancora in fase di restauro, ha richiesto un impegnativo lavoro di recupero dei terreni con il riporto degli strati di humus tufaceo per omogeneizzare il suolo di partenza per la vigna. La scelta del portainnesto, l’orditura d’impianto e la messa a dimora dei virgulti, la manutenzione dei filari rivelano un mix di grande rispetto per la viticoltura tradizionale e di impiego di tecnologie avanzate (i portainnesti sono stati selezionati sulla base delle analisi chimiche dei terreni; l’impianto è stato effettuato affittando una macchina piantatrice a controllo numerico e satellitare via GPS per ottenerne la massima regolarità; il ciclo di manutenzione vede un limitato impiego delle motozappe, preferendo il tradizionale erpice trainato da minitrattore in quanto capace di garantire un dissodamento del terreno in profondità evitando pericolosi ristagni di acque piovane; l’irrorazione impiega solo rame e zolfo, niente pesticidi né agenti di sintesi). Quando si dice il Progetto di vigna per il progetto di Vino.

Tenuta Frassitelli. Una vigna-puzzle di microterrazzamenti ospitanti da due a otto-dieci filari di viti d’epoca. Bassa produttività, altissima qualità. Sostiene infatti Andrea “il vignaiolo di montagna è il giardiniere del territorio e la vigna di pendice è uno strumento di tutela ambientale, prima ancora che una risorsa agricola”. Al prezzo di una fatica improba, fatta di lavorazioni manuali e vendemmie arrampicate. Un sostanziale aiuto proviene dalla originale monorotaia svizzera a cremagliera voluta proprio da Andrea, con il binario lungo il sentiero che collega le tessere della vigna-puzzle e agevola non poco il conferimento in cantina. Ciononostante questa produzione richiede tuttora oltre 1.600 ore di lavoro annue per ettaro, contro la media delle 400 ore necessarie in pianura. La vigna eroica, destino dell’isola. Negli anni ’60, in epoca pre-Rizzoli e pre-lancio turistico, Ischia vigneto contava oltre 4.500 ettari per la maggior parte sulla costa, contro gli attuali 500 ettari quasi esclusivamente in pendice, spesso in montagna; mentre Ischia vinicola produceva vino di qualità mediocre spesso finalizzato all’autoconsumo, oggi produce vini di eccellenza finalizzati alle migliori enoteche. Coraggiosa scelta premiata infatti da una collocazione del prodotto sul mercato degna di un case study di marketing avanzato. Il Biancolella Frassitelli è più atteso allo scaffale del Beaujolais noveau e rende più dei futures sul Brunello…

Il Vino. E scusate se per ultimo: dulcis in fundo. Viene naturale parlare di vino e non di vini poiché Biancolella Frassitelli, vero Re Bottiglia, troneggia sulle produzioni di Casa D’Ambra. La vocazione dell’isola è per i bianchi e principalmente per loro è strutturata la cantina della Casa. Qui Andrea tiene una lezione sulle sue tecniche di vinificazione in ambiente refrigerato, spiegando senza reticenze le scelte e i motivi delle stesse: la raccolta a mano delle uve, il controllo dei tempi di conferimento, pigiatura e refrigerazione; il moderato impiego dei solfiti (60 mg/lt), reso possibile dal freddo e comunque solo in prefermentazione; l’uso di lieviti criofili e la fermentazione in tino d’acciaio raffreddato ad acqua. Qui si rivela la capacità creativa, ovvero come trasformare una mancanza, quella di un impianto di refrigerazione integrato ai tini, in una unicità spettacolare: le acque piovane sono raccolte dal tetto della cantina in cisterne sotterranee, conservate e al momento giusto pompate sui tini. In pratica si vinifica sotto una fresca pioggia artificiale. La bassa temperatura governa anche il periodo di batonnage per il ricircolo dei sedimenti nobili, nonché a primavera la stabilizzazione e la precipitazione dopo la chiarifica con bentonite.

Solo all’imbottigliamento la temperatura salirà fino a 18 °C ad evitare densità e brine superficiali indesiderate, soprattutto per l’etichettatura.

Il “prodotto finito”? Chi lo ha già degustato può solo invitare alla prova, senza temere l’acquisto di bottiglie anche di annate non recenti. Come ogni buon re anche Biancolella regge il tempo.