INCONTRO n.2: Kurni, Oasi degli Angeli.
Di Mauro Erro
Pare che la moda imperante del momento sia la richiesta da parte dei consumatori di vini naturali, biologici o biodinamici. (leggi il post) La stortura, ovviamente, che fa la differenza fra termini quali “moda” e “cultura”, è che oramai molti vini, e il numero cresce vertiginosamente, si fregino della dicitura: “uve provenienti da agricoltura biologica”. Attestati conferiti da enti o aziende di dubbia affidabilità (questo è un cortese eufemismo). Pare che tale moda sia accompagnata da un’altra altrettanto imperante: “No barrique”!!! E chi opera nel settore del vino si sarà sicuramente accorto che buona parte dei produttori, gli stessi che un giorno ci tenevano con ardore a farci sapere che i loro vini erano affinati in barrique di rovere francese e/o americano di varia natura e tostatura, oggi nelle schede tecniche che accompagnano i loro prodotti si limitino sotto la voce affinamento ad un generico: “affinato in legno di rovere”.
Non ci poteva essere, quindi, degustazione più divertente in questo momento come quella del Montepulciano marchigiano Kurni di Oasi degli Angeli.Ci troviamo innanzi a vigne molto vecchie, alcune superano i quaranta anni d’età, allevate a gobelet con sesti d’impianto superiori ai diecimila (dico diecimila!!!) ceppi per ettaro ed una resa per pianta inferiore ai duecentocinquanta grammi (dico duecentocinquanta grammi!!!). Filosofia biodinamica, macerazione e fermentazione in acciaio per quaranta giorni (dico quaranta giorni!!!) per questo vino che affina in barrique nuove di rovere francese per nove mesi e per ben due volte. Si non avete capito male, due set di barrique nuove (l’affinamento in legno varia a seconda dell’annata; non meno solitamente di 14/16 mesi).
Kurni 1998: Ciò che colpisce di questo vino è sicuramente il residuo di carbonica che via via scomparirà con il tempo una volta versato nel calice. Al primo sorso pungente, sarà proprio la carbonica a rendere la bevuta piacevole ed il vino godibilissimo nonostante il tenore alcolico viaggi sui 14 gradi. Frutti rossi, effluvi balsamici, ma soprattutto sentori animali e spezie dolci si propongono al naso (dinamico) e li ritroviamo al palato accompagnati da una buona spinta acida e discreta sapidità. Il suo punto di forza, sembrerà strano, ma è proprio la bevibilità.
Kurni 1999: Al naso fatica ad esprimersi, rimane rintanato e non si concederà se non a fine serata aprendosi sui toni di frutta rossa (marasca) ben evidenti. Al palato è femmineo, irretisce per la sua estrema eleganza setosa dai tannini vellutati che rapiscono. Ecco il tutto integrarsi in una finezza composta e squisita: frutti rossi ed effluvi balsamici che rinfrescano e invogliano ad un nuovo sorso. Se ne avete una bottiglia, quando deciderete di aprirla, fatelo con largo anticipo: ne godrà anche il vostro naso.
Kurni 2000: Paga l’annata e forse il fatto di essere il più giovane tra i tre. Al naso è quello che maggiormente colpisce appena versati i vini; rimarrà purtroppo immobile, forse schiacciato dal suo stesso spessore. Al palato è denso, il tannino non ancora fuso con la massa imponente che manca di slanci. Alcool che viaggia sui 15 gradi: non rimane che attendere e sperare in un maggior equilibrio che forse il tempo gli regalerà.
La chiosa: Vino didattico. È in grado di smentire tutti i filosofi che pieni di pregiudizi giudicano il vino prima ancora di berlo. Non è vino che rientra tra i miei gusti, ma gli riconosco la stoffa e la classe da grande vino. Il legno si integra alla perfezione, non s’avverte se non per gli effluvi balsamici che arricchiscono il quadro delle sensazioni. Da considerarsi vino da meditazione, non è un azzardo l’abbinamento con formaggi stagionati e salumi piccanti. Come ha detto giustamente uno dei presenti: “immensa potenza in guanto di velluto”. Applausi.
Hanno amabilmente colloquiato tra loro: Antonella Bevilacqua, Pasquale Brillante, Adele Chiagano, Fabio Cimmino, Aldo Della Corte, Mauro Erro, Roberto Erro, Michela Guadagno, Roberto Iodice, Guglielmo Landolfi, Tommaso Luongo, Giovanna Sangiuolo, Antonio Valentino.
<p>E’ stato una dei vini piu’ interessanti ed intriganti che ho assaggiato fino ad oggi.<br />
E’ sicuramente uno dei vini cosidetti da “Meditazione” anche perche’ di difficile abbinamento…neanche il salame calabrese c’e’ l’ha fatta!.</p>
<p>Delle verticale io ho preferito il 98 perchè a parte l’inizio dove si avvertiva la sensazione carbonica ancora presente nel tempo ha mostrato l’eleganza che in un vino di questa potenza è raro trovare.<br />
Mi ha anche colpito la variegata e piacevole dinamicità al naso<br />
che si avvertiva non appena il vino si muoveva nel bicchiere.<br />
Vino da meditazione.. ma anche da piacevole conversazione come ho avuto il piacere di scoprire con gli amici della serata.</p>
<p>P.B.</p>
Attualmente, il mio vino preferito. Concordo sulla difficoltà di abbinamento, la miglior bottiglia bevuta è stato un 2004 in compagnia di un amico, davanti ad un salame marchigiano e a seguire cantucci e cioccolata fondente. Non sono un esperto, ma avverto soprattutto il profumo di albicocca persistente. Il 2005 è ancora giovane, promette bene ma se lo trovate bevete un 2004 o un 2003.