Rappresentare il vino come quintessenza di un territorio può apparire, ai non addetti ai lavori,un po’ audace, tuttavia il suolo è senza dubbio determinante sulla produzione enologica, più di quanto si possa immaginare a priori, quando si muovono cioè i primi passi verso la cultura eno-gastronomica. Nell’avvicinarsi a questo mondo cambia nettamente il modo di porsi dinanzi al cibo, si diventa attenti, selettivi, talvolta un po’ “severi”, si persegue continuamente la qualità, la genuinità, e non solo nelle occasioni importanti ma sempre, dalla prima colazione alla cena, fino alle più elementari esigenze quotidiane come bere un bicchier d’acqua. In aggiunta a questo e conoscendo alcune piccole regole sul rapporto “suolo-vino” può cambiare addirittura il proprio modo di viaggiare, guardando infatti semplicemente un panorama dal finestrino e cercando di intuire le principali caratteristiche geologiche di una particolare zona ci si può fare un’idea del vino che queste terre possono offrire e, di conseguenza, di come sia potuta evolvere la gastronomia, sarà poi un piacere per il palato verificare se le ipotesi costruite sono giuste oppure errate. Per un primo approccio a questo nuovo punto di vista è sufficiente sapere che qualsiasi terreno, considerandone una sezione verticale, è costituito fondamentalmente da tre zone: più in fondo la roccia madre (di natura magmatica, sedimentaria o mista), poi i terreni sciolti ed infine, sotto i nostri piedi, il suolo (che è un miscuglio di terreni sciolti con l’humus, materiaorganica derivante da decomposizione di vegetali o animali). I terreni sciolti possono costituirestrati di alcuni metri, come nel caso della pianura, o di pochi centimetri se ci troviamo nelle zone collinari o montane. Questo spessore è fondamentale per la viticoltura, la vite infatti può avere radici anche molto lunghe e laddove riesce a toccare la roccia negli strati più in profondità allora ne assorbe le sostanze minerarie le quali conferiscono robustezza e finezza ai vini. Quando invece i terreni sciolti, vuoi per la loro composizione, vuoi per lo spessore, consentono lo sviluppo delle radici solo negli strati superficiali dei terreni allora dovremo distinguere i vari casi in base alla granulometria delle parti più elementari, parleremo infatti prevalentemente di ghiaia, limo, sabbie ed argilla. Ecco che ci ritroviamo i terreni sabbiosi, limosi, argillosi, gessosi, calcarei, vulcanici, granitici e così di seguito, ognuno con precise caratteristiche fisiche, ognuno con diverso grado di permeabilità dell’acqua, diversa capacità di conservare il calore diurno, ognuno con prevalenza di determinate sostanze chimiche le quali hanno talvolta un’azione diretta sulla vite, come nel caso del fosforo che agisce sul processo di fioritura, o del potassio che potenzia il meccanismo di formazione degli zuccheri, e questo solo per fare alcuni esempi … Si capisce insomma, senza addentrarci ulteriormente in questo discorso che varrebbe la pena approfondire ma che meriterebbe uno spazio maggiore, che il vino è principalmente frutto del territorio e questo a prescindere dal modo in cui esso viene lavorato, e può essere considerato il suo elemento di sintesi, la sua quintessenza appunto. Non è infatti esagerato sostenere che sin da tempi remoti la gastronomia, dove c’è una maggiore possibilità di manipolazione delle materie prime, si è evoluta in conseguenza allo straordinario prodotto che la terra offriva alle comunità rurali e non il viceversa. Non è sicuramente un caso che nella pianeggiante Emilia Romagna, dove i vini sono ricchi di colore, abbastanza alcolici ma anche meno fini e strutturati, si sia sviluppata di più la cultura dei primi piatti, mentre nelle marnose langhe, dove i vini sono più austeri, complessi e con un corpo maggiore, si sia affermata maggiormente la cucina dei secondi di carne e di altri piatti comunque notevolmente robusti, o ancora in Sicilia, terra di passiti e liquorosi, esista la tradizione dolciaria che tutti noi conosciamo. E si potrebbe continuare in questo “gioco” ad immaginare quanto poi tutto questo possa aver influito sull’aspetto sociale di una determinata regione, sulla tipicità e sul carattere delle popolazioni, ma poi forse ci spingeremmo troppo lontano e finiremmo in altri ambiti più complessi da analizzare, allora ci fermiamo qui e lasciamo ad ognuno la possibilità di trarre da solo le proprie esagerazioni… noi preferiamo restare incantati ad ammirare il paesaggio dal finestrino ,ad immaginare che tipo di vino berremo alla prossima fermata, ricordandoci sempre che viaggiare è anche assaporare il suolo che si calpesta, respirare l’aria che si attraversa, diventare parte integrante del luogo che si visita.
Bravo Franco!
Mi hai emozionato, perchè sei riuscito a fotografare come oggi mi sento viaggiando circondato dal verde di colline o montagne alla ricerca di sapori, odori e colori indissolubilmente fusi con un territorio e più sinteticamente con un terreno.
Franco complimenti,è stato emozionante fare un giro nel vigneto, iniziando dalla terreno, per scoprire e capire le emozioni che un vino!
Bell’articolo,complimenti a Franco per la semplice ,ma efficace esposizione.
Mi viene da dire ,per coloro che ci credono.. La terra è la nostra essenza ,il famoso detto ‘Polvere siamo e Polvere ritorneremo’ risulta un po’ arcaico e tetro, ma in fondo vuole farci riflettere sul profondo legame che ci lega a tale elemento.
L’approccio di Franco al tema è molto bello ed interessante, proprio perchè partendo dalla terra si arrivano al vino , ma poi da li’ alla cucina alla cultura alla tradizione ecc. Bel tema!
Bello immaginare questo viaggio dal finestrino e da lì scoprire il vino e le sue derivazioni. Dalla terra al vino, dal vino al cibo, dal cibo all’uomo, che genera terra, come già ha accennato Pasquale nei commenti. Ci sarebbe davvero tanto da scrivere, come dice Franco. Apprezzo, da umanista, la sensazione umanistica che mi ha lasciato leggendo l’articolo e con cui ci si avvcina al Vino. Ne parliamo?Complimenti
L’articolo mi piace è completo, chiaro e soprattutto sintetico.
I due mondi, quello geologico e quello dell’enologia si stanno avvicinando, non ancora si sono incontrati, ora nasceranno i problemi, i soliti problemi familiari, ma specialmente quelli linguistici.
Mi spiego meglio, i sommelier non sono esperti di geologia e quindi hanno bisogno dei geologi, ma anche i geologi non sono esperti sommelier e quindi ….torre di babele?
Non si capiranno, intendo dal punto di vista scientifico.
Una soluzione potrebbe essere:convegni organizzati non solo da geologi, ma anche dai sommelier per far capire ai geologi che cosa è il vino, all’ultimo convegno ” IL CONTRIBUTO DEL GEOLOGO AL SISTEMA VIGNA” al quale ho avuto l’onore di partecipare in compagnia del delegato Ais napoli Tommaso Luongo e tua, i grandi prof. non sapevano nulla di vino, ed io che cosa sò di vino?
Ti ho gia’ accennato qualche giorno fà che dovrebbe nascere una materia che sintetizzi la cosa, si dovrebbe organizzare un corso in cui i sommelier siano gli allievi ed i gologi i prof. e viceversa.
Definire una disciplina o meglio ancora, una ” scuola di pensiero” secondo me è fondamentale. Ad oggi non ci sono libri e cosa più importante non c’è un indirizzo scientifico su cui basarci ( per i geologi).
Definendo una strategia comune potrebbe essere più semplice collaborare, altrimenti perchè il responsabile di una cantina dovrebbe chiamare il geologo, se i suoi vini vendono?…e viceversa un geologo cosa deve consigliare allo stesso responsabile?
Sintetizzando, è vero etichetta-consumatore, ma è anche vero L’ ETICHETTA TRA SOMMELIER E GEOLOGI.
Vedo anche nel tuo articolo una vena romantica.
Non fidarti troppo dei professionisti, badano a tutto, ma non alla purezza, allora facciamoci furbi regolamentiamo tutto cio’ che stiamo costruendo, anche, perchè no, con leggi e decreti, costruiamo una deontologia professionale, organizziamo un organismo che gestisca i due mondi, altrimenti ne saremo sopraffatti.
Ti dico cio’ per esperienza professionale, ho pagato tutto a caro prezzo, perchè c’è sempre il traffichino che è più furbo di te e gestisce tutto in barba ai romantici.
Ho ancora molto da dirti….ne riparliamo.
Personalmente ho una posizione più “ottimistica”:credo fortemente nella possibilità concreta di costruire un approccio interdisciplinare su queste tematiche anche se riconosco che siamo ancora lontani da un dialogo paritario…
Diciamo che è in atto un processo di avvicinamento tra differenti angoli visuali e in questo senso l’Ais ed, in particolare, la Delegazione di Napoli grazie alle sue risorse professionali proveranno ad accellerare in questa direzione. La notizia che autorevoli membri dell’Ordine dei Geologi della Campania sono dei colleghi sommelier è sicuramente un passo in avanti per costituire l’agognata figura del “geosommelier”.
Tommaso Luongo
Mi riallaccio a quanto scritto da Palmiro allargando però a quella che è la sfera umanistica del Sommelier. Ebbene, come ho già accennato per il commento all’articolo di Franco, dalla mia piccolissima esperienza di questo meraviglioso mondo, credo che la figura debba allargarsi anche nell’ambito comunicativo, e quindi umanista.
Sono laureato in lettere moderne, e quindi è chiara la mia sensibilità al tema comunicazione. Molto si è fatto e si fa nel mondo informativo, quello che gira intorno al vino. Ma credo che la sterzata debba coinvolgere anche la stessa figura del sommelier, che mi pare non vede ancora come forma mentis, o meglio dire come modus lavorandi, la responsabilità umanistica del vino.
Insomma, per non dilungarmi perchè l’argomento sarebbe da sviscerare, è l’aspirazione a specializzare sempre più la professionalità della figura, sulla strada indicatata da Tommaso Luongo, quindi a renderla sempre più interdisciplinare, direi strutturata come i grandi vini, e costruire non solo il geosommelier, ma anche il Sommelier umanista (la sintesi della parola ancora non ce l’ho!). Infondo il vino lo sappiamo, non è solo bere, no? Ma storia, cultura, passione, sociale, letteratura, arte.
Spero di essere stato chiaro, ma sarebbe bello approfondire con la vostra esperienza l’argomento.
Grazie.
Michelangelo Russo.
@ Michelangelo: Il vino è cultura, cultura legata alla nostra identità. E poi ogni sommelier deve necessariamente interrogarsi sul significato di “Gusto”, e tale sifignicato appartiene all’estetica (ramo della filosofia), interessando, quindi, la sfera umanistica. Comunicare, poi, tale cultura valorizzandola è molto semplicemente ciò che un sommelier fa.
[…] Bruno: […]
dall’integrazione dei diversi interventi esce fuori la mia considerazione di vino: il vino è natura, cultura, è essenza ed esistenza ed in quanto tale è vita.
Non so a voi, ma quando sono davanti ad un vino, sia esso degno o no di nota, si aprono a me universi emozionale e sensitivi che mi conducono sempre ad “esperienze” di vita: ricordi e scenari, presenti, passati e futuri!
Non so se ho saputo rendere bene quel che penso del vino, ma forse questa ultima mia considerazione può esemplificare il tutto: “il vino è libertà” (mi riferisco però all’approccio di degustazione e solo in parte a quello di produzione).
Divertito come sono della lettura proposta dal bravo Franco, mi riscopro curioso di saperne di piu’ su un mondo che in fondo è tanto affascinante quanto vicino, visto che giace da sempre ad un centimetro sotto i nostri piedi.